Care amiche, cari amici,

al termine del mio mandato di parlamentare europeo ho sentito la necessità di raccontare alcune delle cose che ho fatto in questi cinque anni, e di dare, attraverso la mia personale esperienza, un contributo di conoscenza della realtà del Parlamento, dei suoi limiti e delle sue potenzialità. Il mio non è un riflesso di protagonismo, (in tanti anni di attività al Parlamento italiano non l'ho mai fatto) ma solo la necessità di uscire dalla "clandestinità" a cui è inesorabilmente condannato l¹eletto europeo quando faccia veramente il parlamentare nelle sedi di Bruxelles e Strasburgo. E credo che questa sia una prima considerazione: il parlamentare europeo, anche se presidente di gruppo - e per tanto coinvolto interamente nella direzione e nelle scelte politiche e istituzionali del parlamento - non esiste. Questo accade perché, in Italia in particolare (negli altri paesi d'Europa esiste un giornalismo più preparato e meno provinciale) i mass-media non sono interessati agli accadimenti europei, tranne in poche circostanze. Secondo un costume molto italiano, esse sono: la partecipazione del Presidente del Consiglio ai vertici dei capi di Stato, qualche Consiglio specializzato o le visite del Presidente della Repubblica. Tutte occasioni nelle quali il palcoscenico è occupato dal "potere politico nazionale". Stando così le cose, è difficile spiegarsi - o forse è perfettamente conseguente? - perché il cittadino italiano, che è il meno informato sull"Europa, sia il più europeista di tutti.

E' indubbio che il Parlamento è la cenerentola delle istituzioni europee: dotato di pochi poteri reali e confrontato con il Consiglio e la Commissione, che gestiscono in modo non trasparente il potere legislativo ed esecutivo. Inoltre, in assenza di un vero governo della Comunità, il Parlamento è condannato a non giocare il gioco della democrazia, cioè dello scontro fra maggioranza e opposizione: e questo toglie interesse alle sue decisioni. Eppure, io credo che se tutti i parlamentari, liberati dal vincolo della maggioranza-opposizione, fossero un pò meno "nazionali"; un pò meno succubi dei propri governi, quando i loro partiti ne facciano parte; un pò più conseguenti con le promesse elettorali, e un pò più diligenti, la strada della integrazione politica europea, che trova il suo più convinto sostenitore nel Parlamento europeo, sarebbe meno accidentata. Avendo avuto il privilegio e la responsabilità di essere presidente del quarto gruppo del Parlamento, il Gruppo verde, per parte della legislatura, sono convinta di avere potuto incidere sulle scelte della assise europea. Esse, seppure nei limiti che ho già detto, sempre di più hanno un riflesso sulle scelte delle altre istituzioni. In questo resoconto, mi sono limitata a dare qualche riferimento dell'attività che ho svolto, ma mi è parso importante mettere in evidenza che il Parlamento europeo può essere un'occasione di conoscenza straordinaria, di riflessione, e anche di azione significativa in una realtà internazionale in cui la nostra vita quotidiana fa i conti con la dimensione sovranazionale delle scelte politiche.

Certo, non si corre il rischio di essere accecati dai riflettori, ma se si ha l'umiltà del lavoro quotidiano sconosciuto, i risultati ci sono, e, per quanto riguarda il mio gruppo e la priorità ambientale, i risultati ci sono stati. Ma questo lo vedrete nelle poche pagine che seguono e che vogliono solo essere il racconto di chi, eletta al Parlamento europeo, ha ritenuto innanzitutto di svolgere con il massimo impegno possibile il mandato che aveva ricevuto: essere un parlamentare europeo, impegnato nella realizzazione del sogno europeo, che sempre più diventa una risposta necessaria, adeguata, e urgente alle sfide degli anni duemila.