Dopo la caduta del muro
Ci sarà una moneta per l'Europa?
In assenza di volontà, competenze e strumenti politici, la sola integrazione economica e monetaria crolla alle prime difficoltà E' il 9 novembre 1989, e una notizia sconvolgente appassiona il mondo: il muro di Berlino è stato abbattuto. Il Governo della DDR, piegato dalle manifestazioni di migliaia di persone contro il regime di Pankow (il sobborgo di Berlino Est dove ha sede e da cui prende il nome il Governo), e dalla continua fuga attraverso l'Ungheria dei suoi cittadini verso la Germania ovest, decide la liberalizzazione della concessione dei passaporti. Con questo atto si determina praticamente la caduta del muro, e si apre la strada al processo di unificazione delle due Germanie. Un vento di libertà attraversa l'Europa, e non solo: a migliaia giungono i visitatori di tutto il mondo, venuti a guardare le macerie del muro. Esso ha rappresentato la separazione virtuale e sostanziale di tutto ciò che abbiamo conosciuto in occidente, e la sua caduta sembra l'annuncio di un futuro colmo di solidarietà e di pace. Il cancelliere Helmut Kohl garantitosi l'assenso della Comunità, vola a Mosca a trattare con Mikahil Gorbaciov: nel brevissimo arco di dodici mesi il trattato di unificazione è firmato e hanno luogo le prime elezioni della Germania unificata. Il Bundestang appena eletto vota: Berlino diventa capitale della Germania. Al Parlamento europeo giungono diciotto osservatori della ex Germania dell'Est. Il loro Status si avvicina a quello di deputati, anche se non hanno diritto di voto né di parola in seduta plenaria. Soltanto alle prossime elezioni europee, quando si ratificherà l¹aumento del numero dei deputati per la Germania unificata, l'ex Germania dell'Est avrà i suoi eletti. Ma la riunificazione delle due Germanie non è ovviamente solo un problema tedesco. Le conseguenze politiche, economiche e monetarie della scelta anche elettoralistica del cancelliere Kohl di procedere a tappe accelerate all'unificazione garantendo, contro il parere della Bundesbank, la parità fra marco occidentale e marco orientale, sono molteplici e, a volte, inaspettate.
Dalla rinascita di un sentimento di timore e di diffidenza verso la potenza tedesca da parte di molti europei, alla progressiva diminuzione dell'interesse dei tedeschi al progetto di integrazione federale dell'Europa, alle conseguenze della politica della Bundesbank di tenere elevati i tassi di sconto per contenere le spinte inflazionistiche conseguenti agli altissimi costi dell'unificazione, alla nascita di spinte nazionaliste e razziste conseguenti alla recessione. Senza volere indugiare sulle responsabilità delle scelte del cancelliere Kohl, credo che il caso della riunificazione tedesca sia esemplare per comprendere come anche un avvenimento di straordinaria, positiva, portata storica e politica possa produrre effetti negativi, quando venga gestito come un problema interno di un singolo paese. La mancanza di un quadro di riferimento politico europeo nel processo di riunificazione tedesca - e in generale della situazione creatasi all¹Est - ha sicuramente contribuito ad acuire gli effetti della recessione in Germania e nel resto dell'Europa, in particolare nei 12. La crisi monetaria dell'agosto '92, che molti addebitano unicamente alla politica della Bundesbank, ha in realtà cause più complesse che derivano innanzi tutto dall'inefficacia di un sistema di integrazione in cui le decisioni continuano ad essere il frutto dei rapporti di forza fra i 12 paesi.
Alla proposta, che pure era stata fatta nell'agosto'92, di arrivare ad un aggiustamento globale della parità con il marco, si è preferito procedere a dispendiosi e fallimentari tentativi di salvataggio della speculazione (scatenata da un profitto sicuro e facilissimo) prima della sterlina e della lira - costrette poi ad abbandonare lo SME - e poi, a turno, di tutte le altre monete del paniere dell'ECU, per poi arrendersi all'evidenza del fallimento dello SME. In realtà, una volta in più è dimostrato che in assenza di volontà, competenze e strumenti politici per agire in comune, la sola integrazione economica e monetaria salta alle prime difficoltà. In effetti lo SME è uno strumento unicamente monetario, sprovvisto di meccanismi interni che garantiscano una gestione unitaria o almeno convergente delle politiche monetarie degli Stati membri. Questi, trovandosi alla prese con una fase di recessione economica, invece di farvi fronte con una politica comune e solidaristica, seguono ognuno la ricetta nazionale che pare loro più efficace. Ed è così che ci ritroviamo, al di là delle tante parole, alle soglie dell'ultima fase di realizzazione della moneta unica, senza nessuna certezza di trovare gli strumenti adeguati per realizzarla.