Su Adelaide Aglietta

Ricordo di Valter Vecellio

Di Adelaide Aglietta molti di noi, che con lei siamo stati radicali, e abbiamo condiviso sogni, speranze, lotte, vittorie esaltanti, hanno bei ricordi; ci accompagneranno sempre. Momenti di gioia e di felicità anche, che ricorderemo con malinconia e mestizia. Nella mia memoria c'è un'immagine di Adelaide: lei che si avvia sorridente nell'aula del tribunale dove si svolgeva il processo ai capi storici delle Brigate Rosse. Processo che i terroristi fortissimamente volevano non fosse celebrato; e i giurati venivano per questo minacciati. Non scherzavano: il presidente dell'ordine degli avvocati Croce era stato ucciso; e uno dopo l'altro,quei giurati, spaventati, producevano certificati sanitari e si ritiravano. Adelaide venne estratta nella rosa dei giurati. Accettò. Grazie al quel suo sì, anche gli altri estratti si fecero e trovarono coraggio, e la giuria venne alla fine formata; e il processo celebrato. Un'esperienza raccontata in un bel libro: il "Diario di una giurata popolare al processo delle Brigate Rosse". "Una delle poche, pochissime testimonianze dirette, nate da un'esperienza diretta che siano state pubblicate in Italia sull'amministrazione della giustizia. Ne ricordo soltanto un altro, anzi: "Il diario di un giudice" di Dante Troisi", scrisse Leonardo Sciascia. Adelaide è stata la prima donna segretaria di un partito;è stata la prima donna capogruppo a Montecitorio. Piccole cose, ma a ben vedere, non tanto piccole. Ed è stata, e ha fatto, tante altre cose ancora. C'è poi un'altra immagine che mi piace ricordare: Adelaide in maglietta bianca, jeans e un cartello al collo, un'estate di quasi vent'anni fa.Seduta sul marciapiede, davanti al ministero di Giustizia, a confabulare con Emma Bonino, l'eterna sigaretta tra le dita. Con altri, era impegnata in un digiuno e in una quantità di manifestazioni: in difesa dei diritti dei detenuti e degli agenti di custodia, costretti entrambi a vivere e a patire un inferno carcerario che oggi forse è un po' più lieve di allora grazie anche a quelle lotte, a quel suo impegno. In queste ore di grande malinconia, consola un poco il fatto di aver potuto fare con lei e con molti altri alcuni anche loro non più con noi, alcuni ancora irriducibili, come allora qualcosa che era giusto fare, e che sono orgoglioso di aver fatto.