UN TRENO PER VIENNA

di Maria Teresa Di Lascia, 7 Lug 1993

SOMMARIO: Con il treno per Vienna giungono dall'Italia i militanti abolizionisti, venuti per consegnare a Ibrahima Fall, segretario della Conferenza sui diritti umani, oltre 60.000 firme raccolte in sessantasei Paesi (CAMPAGNA PARLAMENTARE MONDIALE PER L'ABOLIZIONE DELLA PENA DI MORTE ENTRO IL 2000 - Partito Radicale/Lega Internazionale per l'abolizione della pena di morte entro il 2000)

Il 10 giugno, alle ore 19.45, un gruppetto di persone è partito dalla stazione di Roma per un viaggio lungo tutta la notte. Ad esso si sarebbero aggiunti altri gruppi alle fermate di Firenze, Bologna e Ferrara, ma per chi fosse venuto da Milano, la fermata più vicina era Mestre. In questo modo spicciolo, sono partite dall'Italia oltre 50 persone, donne, bambini e vecchi militanti inossidabili; hanno viaggiato in maleodoranti cuccette di seconda classe, come avevamo fatto noi quattro giorni prima, e hanno portato con sé le ultime cose dimenticate a Roma. Qualche ora prima, noi che eravamo già a Vienna nel grande palazzo dell'Austria Center, li avevamo inseguiti con le nostre richieste: non lasciate le bandierine con il simbolo del Partito radicale; e lo striscione, per carità, qualcuno si ricordi di portarlo! Per non parlare del recupero rocambolesco di alcuni pezzi della mostra abolizionista: si erano perduti in chissà quale angolo nascosto dell'aeroporto di Roma... Alle nove di mattina, i nostri eroi sono arrivati alla stazione SudBanhof di Vienna. Ad aspettarli sono andati gli amici di Bologna -Daniela Mennichelli e Mauro Rossi-, ma anche il fotografo napoletano Vittorio Guida (questa volta ci portiamo dietro un professionista, avevamo detto prima di partire!) e il romano Emilio Targia, redattore di Radio radicale e militante della Lega per l'abolizione della pena di morte. Come erano all'arrivo? -abbiamo chiesto, ricordando quanto fossimo stanchi noi dopo una notte di treno.
Silenziosi, ci è stato risposto. Si sono ripresi, i cinquanta coraggiosi, dopo un veloce passaggio nei bar di Vienna: dei dolci non ci si può lamentare, del caffè sì, decisamente! Cosa c'è da fare? -cominciano a chiedere. E prima ancora che si possa rispondere, sono già tutti in giro a distribuire volantini per la conferenza stampa delle 12. Anzi, dell'"information meeting", come ci hanno supplicato di chiamarlo gli organizzatori, pena l'impossibilità di tenerla nella sede nelle Nazioni Unite. Il "meeting" si svolge in una stanzetta di un metro per due, dove si ammucchiano una decina di giornalisti, mescolati alla delegazione del Partito radicale e della Lega per l'abolizione della pena di morte entro il 2000. Essa è così composta: Nikolaj Arzhannikov, vice presidente della Commissione dei diritti umani del Parlamento russo; Igor Bezrukov, vice presidente della Commissione legislativa del Parlamento russo; Emma Bonino, Segretario del Partito radicale transnazionale, membro della presidenza della Camera dei deputati; Adelaide Aglietta, relatrice sulla pena di morte al Parlamento europeo e presidente del Gruppo verde; Hans Janitschek, già presidente dell'Internazionale socialista; Zvonimir Separovic, presidente della Società di Vittimologia della Croazia; Enrico Modigliani e Alfonso Pecoraro Scanio, deputati italiani; Antonio Stango, del Consiglio generale del Pr e segretario del Comitato italiano Helsinki, Sergio D'Elia, Mariateresa Di Lascia, Olivia Ratti, Lucio Berté e Irina Podlesova, della Lega internazionale per l'abolizione della pena di morte entro il 2000. Prende la parola per prima Emma Bonino, che parla inglese e francese con la stessa velocità con cui eloquia in italiano; presenta gli altri membri della delegazione e le ragioni della nostra presenza alla Conferenza di Vienna: oltre 60.000 firme da 66 paesi del mondo su due appelli rivolti alle Nazioni Unite. I giornalisti scrivono rapidi, fanno molte domande: chissà se è come in Italia, dove scrivono anche, ma raramente pubblicano una notizia di politica internazionale... Il giorno dopo, invece, il Der Standard -il maggiore giornale austriaco- scrive di noi in terza pagina: "Il partito transnazionale radicale conta mondialmente più di 50.000 membri. L'impegno principale è l'abolizione della pena di morte e l'istituzione di un Tribunale internazionale contro i crimini di guerra". Intanto, fuori dall'Austria Center fervono i preparativi della manifestazione per l'abolizione della pena di morte. Per un caso sfortunato -ci hanno negato la sede della mostra per la mattina- abbiamo deciso di portarci dietro tutte le opere, e ora la sedia elettrica in grandezza naturale di Emilio Leofreddi, campeggia lugubre insieme alla colonna di Massimo Liberti e alle opere di Enrico Manera e dell'infaticabile Franco Di Carlo. Nel giro di pochi minuti tutto è pronto. Arriva la delegazione e compaiono centinaia di bandierine, mentre viene srotolato lo striscione delle Lega. Contemporaneamente compaiono decine e decine di manifesti con la scritta Hands off Cain, tutte intorno alla sedia elettrica, e l'effetto è strepitoso. I fotografi si accalcano per riprendere le immagini di tutti quelli che, vincendo l'orrore, si siedono sulla sedia.
Nei giorni seguenti, le foto della manifestazione compaiono su molti giornali: L'Oberdesterreichische nachrichten (Notizie dall'Austria); Terra Viva, quotidiano indipendente della Conferenza mondiale sui diritti umani; Autrement Vivre, anch'esso giornale della Conferenza, e -per finire, inatteso e gratificante- Newsweek, in edicola nella settimana fino al 28 giugno! Il titolo del servizio: Do the right thing (Fai la cosa giusta). E sotto il nome del giornalista: Abolisci la pena di morte di morte entro il 2000!