WB01337_.gif (904 bytes)
Cronologia del Partito Radicale - 1960

MARZO

Italia: Roma (Eliseo) Convegno del Mondo "Le baronie elettriche"
MARZO/LUGLIO
Italia Caduto il governo Segni e fallito il tentativo di creare un centrosinistra, segue un governo monocolore DC guidato da Tambroni e appoggiato dalle destre MSI e monarchici. Proteste di massa a Genova, Roma, Reggio Emilia (con 5 dimostranti uccisi dalla polizia), porteranno alla caduta del governo.

LUGLIO

Italia Manifestazioni
LUGLIO
Francia Un gruppo di intellettuali firma il "Manifesto dei 121" che proclama il diritto di insubordinazione per i militari precettati per la guerra di Algeria. Creazione delle "reti Jeanson" di sostegno e collegamento al Fronte di liberazione algerino: effettuano campagne contro la tortura, sostengono l'insoumission (insubordinazione) ed i disertori
LUGLIO
Italia Nuovo governo guidato dal DC Fanfani, con l’astensione del PSI. E’ di fatto il primo centrosinistra (governo delle – convergenze parallele).

NOVEMBRE

Italia Elezioni amministrative

NOVEMBRE

Italia: Roma Consiglio nazionale PR

NOVEMBRE

Italia: Roma Consiglio nazionale PR, Mozioni della Sinistra
NOVEMBRE
Usa Elezione di Kennedy
DOCUMENTI

Progetto di risoluzione sulla politica del Partito Radicale
di Marco Pannella e Giuliano Rendi - Consiglio nazionale PR del 19.11.60

La Sinistra radicale e l’eredità del movimento goliardico.

LEGENDA TITOLI

rosso = transnazionale - blu = specifico nazionale -  verde = congressi o riunioni del PR


12/13 Marzo – Italia: Roma (Eliseo) – Convegno del Mondo "Le baronie elettriche"

Relatori: Rossi, Scalfari, Piccardi, sir Josiah Eccles del British Electricity Council. Il convegno sostiene la nazionalizzazione dell’industria elettrica contro il monopolio dell’Associazione delle aziende elettriche e presenta un progetto di legge.  


Leopoldo Piccardi ed Eugenio Scalfari

LUGLIO – Italia – Manifestazioni

I radicali partecipano nelle principali città alla costituzione dei Comitati unitari per la resistenza, contro il governo di Tambroni e delle destre. Così come partecipano alle manifestazioni popolari ed agli scontri a Genova e a Porta S.Paolo, a Roma.

6 NOVEMBRE – Italia – Elezioni amministrative

"Pur con oscillazioni tra la paura dell’incontro dei socialisti con i cattolici che avrebbe potuto esaltare le caratteristiche illiberali delle due forze, e la speranza di una – politica liberale di riforme – imposta dalle forze laiche in un nuovo equilibrio politico, i radicali aderirono all’ipotesi politica che andava maturando. E in particolare una parte del Pr, facente capo a Leopoldo Piccardi ed Eugenio Scalfari, puntava decisamente ad un’alleanza organica con i socialisti …"
Così il PR arrivò a presentare suoi candidati nelle liste socialiste, ottenendo un significativo successo: quattro candidati radicali, (Scalfari, Bordero, Turone, Elio Vittorini) furono eletti a Milano; tre a Roma (Cederna, Piccardi, Vittorio Foa); Villabruna a Torino, complessivamente circa cinquanta consiglieri comunali e provinciali.
"
Si cominciava a delineare il disegno di una parte del gruppo dirigente di allora (in particolare di Piccardi e Scalfari) di dissolvere il Partito Radicale nel Partito Socialista."

9 NOVEMBRE – Italia: Roma – Consiglio nazionale PR

Un ordine del giorno del Consiglio radicale, commentando i risultati elettorali, dichiara il fallimento della politica delle – convergenze parallele – ed invita repubblicani e socialdemocratici a togliere la fiducia al governo Fanfani.

19/20 Novembre - Italia: Roma - Consiglio Nazionale PR, Mozioni della Sinistra

Il "Progetto di risoluzione sulla politica del partito radicale" presentati al Consiglio a firma di Marco Pannella e Giuliano Rendi, possono essere a giusto titolo considerate come l'atto costitutivo della "sinistra radicale", cioè come l'atto di fondazione della politica di alternativa laica, libertaria, socialista e internazionalista che ha caratterizzato il Partito Radicale negli anni sessanta e settanta.
Le tesi della sinistra determinarono una spaccatura entro l’area dei giovani radicali: da una parte la "sinistra radicale" (oltre ai firmatari Gianfranco Spadaccia, Sergio Stanzani, Franco Roccella, Mauro Mellini, Angiolo Bandinelli, Giuseppe Ramadori, Giuseppe Picca, Andrea Torelli, Giuseppe Loteta, Massimo Teodori - INR42- solo alcuni dei quali erano nel Consiglio Nazionale), dall'altra la "destra" (Giovanni Ferrara, Stefano Rodotà, Gerardo Mombelli, Claudio Simonelli, Piero Craveri, Lino Jannuzzi ) i cui componenti negli anni successivi ebbero diversi itinerari a volte anche convergenti con quelli del nuovo partito.
La vecchia classe dirigente del PR si presentò apparentemente unita nel respingerle. Ma era una unità che nascondeva il dissolvimento drammatico dei mesi successivi, mentre già allora si stringeva il rapporto, la vicinanza ideale, politica, della "sinistra radicale" con Ernesto Rossi.

Marco Pannella

 

Spadaccia, Stanzani, Roccella
Mellini , Bandinelli e Teodori


Ernesto Rossi

 


Progetto di risoluzione sulla politica del Partito Radicale

di Marco Pannella e Giuliano Rendi

Consiglio nazionale PR del 19.11.60

 

Le quattro sezioni del documento affrontano:

- I rapporti con il mondo cattolico e l’abolizione dell'articolo 7 della Costituzione italiana (sul Concordato tra Chiesa e Stato). Si respinge la formula del centrosinistra, mentre si propone un’iniziativa a tutta la sinistra anche comunista per l’abolizione dell’art.7.

- I rapporti con il PSI ove i radicali dovevano essere considerati non rappresentanza di ceti intellettuali e borghesi, bensì espressione di una politica unitaria delle forze delle sinistra popolare.

- Ricordo dell’insurrezione magiara del 56. Esprime il commosso ricordo di tutti i radicali per il quarto anniversario dell'insurrezione ungherese, prospettando inoltre un nuovo rapporto con le sinistre democratiche anche comuniste.

- Nello "Schema di dichiarazione sulla politica estera, sul disarmo atomico e convenzionale, sulla politica per la pace" si pongono quali obbiettivi:

  • la difesa intransigente dell’ONU ed il suo potenziamento progressivo;
  • la costituzione di una federazione europea da perseguirsi immediatamente attraverso elezioni dirette;
  • il disarmo atomico e convenzionale dell'intera area continentale europea con la conseguente abolizione degli eserciti nei paesi di questa area;
  • la pace separata e congiunta con le due Germanie, la conseguente denuncia del patto militare NATO (il non rinvio alla scadenza istituzionale del 1961) e dell'UEO;
  • la proclamazione del diritto all'insubordinazione e alla disubbidienza civile di tutti i cittadini che non accettino la politica di riarmo, di guerra, di divisione e di concorrenza di Stati nazionali …"

Fino a proporre la "la federazione o comunque la comune organizzazione di tutti i movimenti socialisti, popolari e rivoluzionari che combattono per l'instaurazione di un regime di democrazia e di libertà nell'Europa occidentale."


Progetto di risoluzione sulla politica del PR

presentato dai Consiglieri Nazionali
Marco Pannella e Giuliano Rendi

19/20 novembre 1960 - Roma

Schema di dichiarazione sui rapporti con il mondo cattolico e per l'abolizione dell'art. 7.

Il Consiglio Nazionale del Partito Radicale, avendo considerato le manifestazioni popolari dell'estate scorsa ed i risultati della recente prova elettorale, analizzando le cause di questi avvenimenti e rispondendo alla richiesta sempre più pressante e chiara delle grandi masse operaie e partiti di sinistra e ai movimenti antifascisti perché evitino il pericolo di costituire in qualsiasi momento un argine e un freno alle volontà rinnovatrici dei cittadini anziché organizzarle e potenziarle; afferma coerentemente con la battaglia che gli è stata particolare sin dalla sua costituzione, che le forze del progresso e della libertà devono coraggiosamente prendere atto che la Chiesa, con le strutture e le manifestazioni politiche che ne derivano, rappresenta storicamente in Italia l'elemento catalizzatore e promotore di ogni politica reazionaria, autoritaria, fascista, clericale, anticostituzionale in atto o virtuale, come di quelle passate. Considera che ogni tentativo, ogni velleitaria illusione, di dare una interpretazione diversa contribuisce ad accreditare il mito della assoluta necessità che in Italia siano le forze cattoliche a dover dirigere, comunque, qualsiasi processo di radicale mutamento della situazione, sia in senso fascista che in senso democratico e avalla l'argomento clericale secondo cui non si può più, oggi, all'inverso di quanto è stato possibile con il Risorgimento, costruire la nuova società italiana ed europea senza la partecipazione, il consenso, il patrocinio della Chiesa. Ha in definitiva origine in una pericolosa tendenza rinunciataria, pessimista che si maschera di realismo politico e che è sostanzialmente disfattista verso le energie popolari e rivoluzionarie.
Il Partito Radicale riconosce che la polemica politica ha a volte portato ad analisi semplicistiche del voto politico che i comunisti hanno espresso in sede di Costituente sui rapporti fra Stato e Chiesa. Certo il voto comunista sull'articolo 7 non fu dovuto solo a calcolo tattico ma anche ad una illusione sul carattere rinnovatore del partito cattolico.
Se nel 1946 era forse possibile pensare a un accordo, o anche ad un incontro tattico di qualche importanza, fra le forze popolari socialiste laiche e comuniste con quelle cattoliche, e su questa ipotesi regolare in modo clamorosamente eccezionale il comportamento di un gruppo popolare, oggi, nel 1960, la tesi dell'incontro fra le masse cattoliche e quelle progressiste e moderne non può essere più ritenuta sufficiente, adeguata e rispondente agli interessi obiettivi del nostro paese, nè conseguente con l'esperienza e gli avvenimenti degli ultimi anni. La lotta politica e le masse italiane hanno tutto da guadagnare da una maggiore chiarezza di prospettive e da diagnosi più coraggiose. Ripeter loro che i cittadini, intellettuali, operai o contadini legati alla politica clericale rappresentano un'altra forza con cui l'obiettivo è di arrivare comunque a collaborare, è dannoso e inutile; è inoltre, falso e mostra una inaccettabile tendenza a sminuire il carattere irriducibile di diverse opzioni ideali.
Del pari l'altra posizione che sembra tenda ad ancorarsi all'ambito delle forze di sinistra nel nostro Paese è quella che, partendo dal congresso di Torino e da alcune enunciazioni di Morandi, è oggi in modo più peculiare difesa da Nenni. La tesi secondo la quale dall'interno del mondo cattolico al potere possa prevalere e sorgere una classe dirigente capace di attuare una seria e sufficiente svolta a sinistra, sia pure sotto la pressione delle forze popolari, è ingiustificata e ottimistica; ignora il contesto del mondo cattolico, i suoi interessi irrinunciabili nell'attuale momento storico italiano della Chiesa e della classe capitalista e reazionaria che attorno ad essa e con la quale ha confuso i propri interessi.
Una continua altalena di speranze e di disillusioni, di inviti e di ripulse, di trasformismo e di reazione si stabilisce nel momento in cui si accreditano i gruppi fanfaniani o petrolieri della sinistra di base, ai loro stessi occhi e a quelli del Paese.
Se realmente esiste la possibilità prossima e seria che la Democrazia Cristiana faccia una svolta sostanziale a sinistra, che non sia unicamente mossa parlamentare e di vertice, ma che tocchi le strutture stesse del Paese, non si vede perché tanta parte, e magari una ancora maggiore, dell'elettorato italiano non abbia ragione a continuare a votare per la DC.
Non diversamente errata ci appare la condotta di Saragat e dei repubblicani i quali sperano di mutare il corso della politica italiana con coloro che hanno interesse a non mutarlo.
Il Partito Radicale ritiene che le masse popolari, con le manifestazioni spontanee e dure dell'estate scorsa, con il loro voto del 6 novembre chiedono loro innanzitutto una opzione ideale. Che, senza questa, i cittadini continueranno a nutrire una battaglia politica povera e senza vere ragioni.
Il Partito Radicale riafferma che si debba chiedere ai cittadini del nostro paese la possibilità prossima di affrancare lo Stato e la società dalla più pesante schiavitù che gravi su di essi: la legalizzazione, attraverso l'art. 7 della Costituzione, della sopraffazione clericale e classista; e la vergognosa inserzione in una Costituzione nata dalla Resistenza di un patto iniquo con chi ha in questi anni dimostrato di avere ancora una volta scelto, come sempre, di essere contro la civiltà moderna e le aspirazioni di giustizia e di libertà dei democratici in Italia e in Europa.
Il Consiglio Nazionale del PR da mandato alla Direzione Nazionale di prendere gli opportuni contatti con tutti i partiti che combattono contro la manomissione clericale e monopolista dello Stato, per illustrare la posizione del Partito sui rapporti fra Stato e Chiesa e studiare la possibilità di superare le differenze esistenti, molto spesso per cause ormai remote o tattiche, che ostacolano ancora un'azione unitaria. Invita la Direzione nazionale ad adoperarsi per la costituzione di un Comitato nazionale di difesa dello Stato e per l'abolizione dell'art. 7 della Costituzione.
Il Consiglio Nazionale da ugualmente mandato al Comitato Nazionale di studi, di elaborare un progetto di legge proponente la confisca dei beni ecclesiastici e norme atte a potenziare la possibilità di colpire le vessazioni e i delitti contro la Costituzione del clero italiano. Il Consiglio Nazionale considera infatti che l'enorme potenza finanziaria del Vaticano, la soffocante rete di interessi e di vergognose speculazioni che ne è la conseguenza non sia compatibile con lo sviluppo democratico e liberale delle nostre istituzioni.

Schema di dichiarazione sul significato dell'alleanza del PR con il PSI e della volontà di proseguire in una politica di sinistra democratica

Il Consiglio Nazionale del Partito radicale, prendendo atto dell'importanza delle reazioni seguite all'alleanza elettorale del PSI, e dei radicali, riafferma l'alto valore democratico e il carattere di indicazione per l'intera sinistra di una iniziativa unitaria infine realizzata, di un metodo di mutuo rispetto e di attiva fraternità, che ancora una volta sono stati combattuti, purtroppo, anche da altre forze popolari.
Dinanzi a interpretazioni arbitrarie o superficiali che sono state date anche in ambienti amici, in modo particolare quella secondo la quale l'accordo radical-socialista sancirebbe l'incontro dei ceti intellettuali e borghesi con le forze popolari e democratiche, il Consiglio Nazionale afferma vigorosamente che il PR fa parte integrante di queste ultime; ne condivide la sorte, la volontà, i problemi; ne interpreta gli ideali e, autonomamente, ne elabora gli obiettivi politici in termini di religione della libertà, di rispetto del dialogo, di aspirazione democratica, di volontà rivoluzionaria.
Il Partito Radicale proclama di non volere e non potere avallare quei ceti di cui sarebbe menzogna affermare, oggi, in Italia, la concreta volontà di progresso, la fede e la pratica della libertà, la scelta della giustizia, la coscienza dei problemi grandiosi che incombono sull'umanità e sulla civiltà contemporanee. Solo con false nozioni stoltamente evoluzionistiche si può affermare, infatti, che i ceti che strapparono il potere, in Europa, alle monarchie assolute e alla chiesa, con la Rivoluzione francese e le rivoluzioni nazionali, hanno oggi sviluppato in senso democratico le volontà liberali che un tempo proclamarono di voler far proprie.
L'incontro con le forze popolari e democratiche dei ceti borghesi e degli intellettuali è ipotesi cara ed antica, e mantiene in Italia e in Europa tutto il suo valore di grande meta politica. Ma, appunto, è di una meta che si tratta; non valgono dannose preoccupazioni pubblicitarie, anche se fatte con le migliori intenzioni a farne un «fatto» realizzato.
Quest'incontro è auspicato dal PR come dalla totalità delle forze popolari; il prossimo Congresso del Partito Radicale ha come compito anche quello di approfondire il senso e la concretezza storica di quest'auspicio.
Ma, sin d'ora, il Consiglio Nazionale del Partito Radicale afferma che questo incontro non potrà mai realizzarsi attraverso accordi politici fra partiti. Nessuna organizzazione partitica può infatti pretendere di realizzare una rappresentanza corporativa degli intellettuali o della cosiddetta «borghesia liberale». Il giorno in cui le Università, gli istituti scientifici, gli insegnanti delle scuole e le scuole stesse, i tecnici che ormai hanno la direzione dei processi produttivi della società industriale e le loro organizzazioni, prenderanno coscienza di vivere e di avere delle concrete responsabilità nella storia del loro tempo, il giorno in cui questi istituti o questi ceti sceglieranno, in quanto tali, la compagnia e l'alleanza con le forze popolari e rivoluzionarie della democrazia, del socialismo e della libertà solo allora sarà veritiero affermare che un grande avvenimento si iscrive nelle pagine del nostro tempo.
Il successo che ha coronato l'impegno radicale nelle liste socialiste, dimostra che gli elettori più consapevoli dello schieramento popolare comprendono la necessità di una politica unitaria delle forze di sinistra e riconoscono nel Partito Radicale una forza particolarmente qualificata a affermarla.
I cittadini di Milano e di Roma, di Torino e di Genova, dell'Aquila e di Udine e di tante altre città italiane, dando la loro fiducia a dei candidati radicali, non hanno inteso «premiare» degli intellettuali un tempo salottieri ed infine coraggiosi, ma hanno eletto dei rappresentanti popolari ritenuti particolarmente qualificati per combattere con intransigenza e efficacia la manomissione classista dello Stato, e la politica dei monopoli e del Vaticano, reazionaria e clericale.
Il Consiglio Nazionale interpreta in questo modo il favorevole verdetto dell'elettorato e sottolinea che è l'unico organo qualificato a farlo a nome del Partito Radicale.
Respinge definitivamente ogni interpretazione presuntuosa e errata, tendente a fare dei radicali gli attori di una impossibile operazione paternalistica e borghese nei confronti delle necessità rivoluzionarie e socialiste della lotta politica del nostro paese.

Schema di dichiarazione sull'insurrezione magiara dell'ottobre-novembre 1965

Il Consiglio Nazionale del Partito Radicale, riunito in Roma il 19 e 20 novembre 1960, mentre si compie il quarto anniversario della drammatica insurrezione del popolo ungherese, esprime il commosso ricordo di tutti i radicali per quel glorioso e tremendo gesto di libertà.
Ma al di là di ogni intento di celebrazione, questo episodio va ricordato perché appartiene in modo irrinunciabile alla coscienza ed alla storia dei democratici di tutto il mondo. L'intima incapacità degli eroici attori di quei giorni a trovare un obiettivo ed una ipotesi valida di vittoria, sì che «disperato» fu realmente il loro coraggio, corrisponde alla analoga drammatica impotenza interiore e pratica nella quale ci trovammo, tutti, senza eccezione, anche se in condizioni diverse, liberali, radicali, democratici, socialisti e comunisti, dinanzi a quei fatti e quegli uomini.
Perché tanto coraggio intellettuale, tanta passione popolare per la libertà, tanto eroismo, mai più si trovino dinanzi alla prospettiva congiunta e inseparabile di un necessario fallimento e del prevalere fatale di una reazione brutale, incombe ai democratici di ogni paese e di ogni dottrina il compito di cercare ed imporre quelle soluzioni ai problemi del nostro tempo, che si mostrino capaci di risolvere in concrete conquiste liberali e rivoluzionarie le aspirazioni ed i gesti di libertà degli individui e dei popoli.
Il Partito Radicale auspica che tutti i democratici comprendano che è partire dagli ordinamenti statuali esistenti, siano essi quelli di paesi di antica civiltà liberali o quelli costituiti dalle moderne rivoluzioni, al di là del deterioramento degli uni e contro le sclerosi e le deviazioni degli altri, che gli obiettivi di ricerca, di invenzione e di conquista della libertà debbono essere posti.
Poiché nella tragedia di cui fu attore il popolo ungherese non è tanto la riaffermazione del diritto all'indipendenza nazionale, quanto la rivendicazione di uno sviluppo nella società e per la libertà della rivoluzione, a costituire il principale elemento di grandezza ed il valore di esempio dato a tutto il mondo, a Budapest e nelle altre città ungheresi, nel novembre del 1956, da quegli operai, da quei contadini, da quegli intellettuali, da quel popolo in armi dinanzi al quale si inchinano ancora i radicali italiani.

Schema di dichiarazione sulla politica estera, sul disarmo atomico e convenzionale, sulla politica per la pace

Dinanzi ai problemi di pace che oggi rappresentano la legittimazione stessa della politica «estera» nel mondo, il Consiglio Nazionale del Partito radicale afferma che gli obiettivi propri e gli interessi delle masse popolari esigono il perseguimento di una politica che abbia al suo centro la difesa intransigente dell'Onu ed il suo potenziamento progressivo; la costituzione di una federazione europea da perseguirsi immediatamente attraverso elezioni dirette; il disarmo atomico e convenzionale dell'intera area continentale europea con la conseguente abolizione degli eserciti nei paesi di questa area; la pace separata e congiunta con le due Germanie, la conseguente denuncia del patto militare NATO (il non rinvio alla scadenza
istituzionale del 1961) e dell'UEO; la proclamazione del diritto all'insubordinazione e alla disubbidienza civile di tutti i cittadini che non accettino la politica di riarmo, di guerra, di divisione e di concorrenza di Stati nazionali che appartengono ai loro nemici di classe e che perseguono fini necessariamente contrastanti con l'unità internazionale delle classi lavoratrici e democratiche; la federazione o comunque la comune organizzazione di tutti i movimenti socialisti, popolari e rivoluzionari che combattono per l'instaurazione di un regime di democrazia e di libertà nell'Europa occidentale.
Il Partito Radicale ritiene che la conquista del potere da parte delle forze popolari e democratiche, la realizzazione di una società libera e moderna, è oggi messa in causa ed in grave pericolo da una generale situazione di crisi cui non si sottraggono i partiti operai tradizionali. Da una parte nel mondo occidentale riprendono piede movimenti e classi dirigenti, idee e partiti che hanno una profonda vocazione per soluzioni autoritarie belliciste; coloro che hanno rappresentato per decenni l'idea e la volontà liberali sembrano colpiti da una disperata logica rinunciataria e di abbandono; il mondo occidentale, in una errata preoccupazione di efficacia nella competizione che lo confronta al mondo orientale e afro-asiatico, sempre più cerca di difendersi attraverso una politica di potenza che si esprime con il colpevole sostegno a regimi e classi dirigenti fascisti, clericali e reazionarie. Noi non intendiamo assumere la corresponsabilità di questo processo, ma al contrario ridare alla civiltà, della quale indubbiamente facciamo parte integrante, il coraggio delle idee e delle migliori sue aspirazioni: su questo i cittadini dell'Europa occidentale sono tenuti a edificare il proprio avvenire ed a partecipare alla creazione di una migliore pace nel mondo.
I partiti comunisti, che rappresentano un elemento storicamente determinante delle forze popolari, sembrano sclerotizzati in una concezione della vita internazionale che risale al periodo stalinista o della guerra fredda, che implica spesso un vero e colpevole disfattismo verso le classi lavoratrici europee. Ma se siamo certi e decisi in questa constatazione, proclamiamo che vi è da parte nostra molto più rispetto e fiducia nei comunisti dai quali siamo divisi soprattutto da questo errore che vorremmo superato e contribuire a superare, che verso coloro che mascherano dietro la violenza dell'accusa ai comunisti per le loro attuali posizioni, l'assoluta inconsistenza delle loro.
Il Partito Radicale è sorto e opera nella vita politica italiana con premesse ben precise e con precedenti altrettanto chiari.
Una lunga battaglia storica lo situa nella vita del nostro Paese. Nelle loro differenze, sono i radicali lombardi degli ultimi decenni del XIX secolo, i radicali romani che si espressero attraverso l'opera di Ernesto Nathan, il pensiero e l'azione di Gaetano Salvemini, il Croce della religione della libertà e della polemica contro Luigi Einaudi e della «Critica» antifascista, l'Omodeo, il Gobetti, i Rosselli, Giustizia e libertà, il Partito d'azione e la sinistra liberale di Mario Ferrara e di tanti altri amici oggi presenti nelle nostre file; questi e numerosi altri punti di riferimento costituiscono l'elemento di legittimità della presenza del nostro Partito, della sua opera che deve essere sempre più conseguente nella lotta politica italiana quale espressione delle forze popolari e democratiche, delle masse operaie e intellettuali. Non solo ogni diversa dislocazione sarebbe inutile e priva di prospettive, ma arbitraria e innaturale.
E' quindi a partire da questi dati culturali e storici e sociali, nella continuità con le tradizioni pacifiste e democratiche delle forze popolari e socialiste europee, che il Partito Radicale fonda le sue scelte di politica internazionale.


La Sinistra radicale e l’eredità del movimento goliardico.

Uno dei momenti formativi della Sinistra radicale, come per vari esponenti della futura classe politica  fu la militanza di molti dei suoi membri nelle organizzazioni universitarie, in particolare nell’UGI - Unione Goliardica Italiana e nell’UNURI - Unione nazionale universitari italiani. Da queste provenivano Marco Pannella (pres. Unuri), Giuliano Rendi, Gianfranco Spadaccia (pres. UG Roma e Orur), Sergio Stanzani (pres. Unuri), Franco Roccella (pres. UGI), e ancora Giuseppe Ramadori, Giuseppe Picca, Andrea Torelli, Giuseppe Loteta, Massimo Teodori.

"Per un decennio la politica universitaria aveva rappresentato una sfera fortemente autonoma rispetto agli equilibri politici del paese; e in particolare la forza laica dell’UGI non era per nulla stata la trasposizione meccanica dei partiti laici minori (Pli, Pri, Psdi)…" In polemica con gli altri gruppi universitari che subivano passivamente le influenze dei partiti a cui facevano riferimento, l’Ugi affermava - non unità delle forze laiche ma unità laica delle forze come fondamento della democrazia -. Un metodo che porto ad una collaborazione diretta sia con i cattolici di base (FUCI) sia con comunisti e socialisti, al punto che, nel 57, il gruppo universitario di Pci e Psi (CUDI) si sciolse invitando i soci a confluire nell’UGI.