indice anni
Cronologia del Partito Radicale -
1974

DOCUMENTI

Vade retro referendum Marco Pannella,  L'Espresso, Gennaio 1974

Onorevole mendicità   di Marco Pannella IL MONDO, 21 febbraio 1974

L'obiettivo di Fanfani IL MONDO, 21 febbraio 1974

"Il Popolo" furioso di Marco Pannella IL MONDO, 14 marzo 1974

"Il Popolo" dei ricatti di Marco Pannella IL MONDO, 21 marzo 1974

La vera sfida di Pier Paolo Pasolini IL MONDO, 28 marzo 1974

Il "no" di una suora di Marisa Galli IL MONDO, 9 maggio 1974

Ed ora gli altri otto! LIBERAZIONE, 13 maggio 1974

Cronache del referendum IL MONDO, 16 maggio 1974

L'appello clandestino NOTIZIE RADICALI 1 giugno

VIOLENZA DELL'ANTIFASCISMO Corriere della Sera del 16 luglio 1974

PRIMO SUCCESSO CONTRO LA VIOLENZA DI STATO 20 luglio 74

PERCHÉ DIGIUNIAMO ANNABELLA, 10 agosto 1974

L’estate calda del ’74  Da I NUOVI RADICALI - Teodori, Ignazi, Panebianco - Mondadori, 77


Vade retro referendum

Marco Pannella - L'Espresso Gennaio 1974

SOMMARIO: Nel gennaio del 1974 il referendum sul divorzio - già fatto slittare di un anno con una discutibile interpretazione della legge - era ormai imminente, e di lì a poco il Presidente della Repubblica avrebbe dovuto fissarne la data. Tuttavia le forze politiche erano ancora riluttanti a questo scontro. Il Pci, soprattutto, era favorevole ad una modifica peggiorativa della legge per venire incontro ai cattolici e per evitare il "trauma" di una "divisione" del paese. Un atteggiamento che svelava una sostanziale non accettazione delle regole classiche della democrazia liberale, in cui l'esercizio del principio maggioritario è momento fisiologico e non traumatico della vita politica.
(da " Marco Pannella - Scritti e discorsi - 1959-1980", editrice Gammalibri, gennaio 1982)

Contro il regno violento della menzogna, poche minoranze di verità condannate dal regime al confino del silenzio ufficiale e della non-comunicazione sociale tentano in queste settimane un'ultima sortita. Si tratta innanzitutto di gettare almeno il fascio di luce della ragione e della conoscenza sulla ribalta dello squallido dramma civile che stiamo vivendo e subendo. Sarà difficile. Il regime non censura più la verità: l'ha corrotta, la possiede. Valori e uomini congeniali, venuti da sponde diverse o opposte, ma tutti convinti assertori della "doppia verità", presiedono ormai la miriade di istituzioni, "pubbliche" o "private" che siano, poliziesche o giornalistiche, economiche o ideologiche, dello Stato corporativo che prospera sotto l'insegna della repubblica democratica.

Chi pensa che siamo dinanzi alla possibile tragica alba di un nuovo 1921 sbaglia: ci troviamo già nel pieno degli anni Trenta. Non sono all'orizzonte le guerre, la distruzione, gli orrori che sfociarono nella nostra Liberazione. Esistono solo le contraddizioni (poderose quanto potenziali) dell'interclassismo corporativo e clericale, del monopartitismo imperfetto della nostra classe politica, che possano farci sperare nella possibilità di conquistare un domani migliore. Ma con quanto sta accadendo sul divorzio, questo domani rischia di arretrare in poche settimane di quinquenni interi. Il referendum contro la legge sul divorzio, infatti, probabilmente non si farà: affermare che "solo un miracolo" può evitarlo è come imboccare la strada più sicura, cupa e remota, per realizzare l'agguato, nel quale il referendum potrebbe essere sequestrato.

Dice L'Unità: "Bufalini ha ricordato che in qualunque momento prima del giorno per cui la consultazione è stata indetta il Parlamento può abrogare la legge per cui il referendum è stato promosso". E le fa eco Rinascita: "Bisogna continuare, con tenacia e perseveranza, e fino all'ultimo, negli sforzi tesi a evitare il referendum".
"Fino all'ultimo" significa infatti qualunque momento prima del giorno per cui la consultazione è stata indetta. Il referendum deve tenersi entro il 15 giugno, ma deve svolgersi di domenica: diciamo quindi entro il 9. L'8 giugno: ecco dunque il tempo tecnico di cui dispone il regime.
Di qui ad allora tutto è possibile, sempre che il Paese si convinca che il referendum è una jattura, una catastrofe che oramai incombe e di fronte alla quale qualsiasi compromesso e prezzo sono possibili e doverosi.

Si mente così, coscientemente, sulla legge del divorzio in vigore, che è ottima; la più severa del mondo. Anziché mostrarla, documentarla, rifiutarsi di squalificarla con il sospetto che sia urgente "migliorarla" si opera da anni una suicida operazione di disgressione. Bufalini indica come modifiche necessarie "il diritto alla mutua", "il diritto alla reversibilità pensionistica", "all'adozione", eccetera. Ma cosa c'entra la "Legge Fortuna"? Perché in tra anni non si sono votati, fra diecimila altri, questi provvedimenti? E mentre si supplica la Democrazia cristiana di accettare l'abrogazione '"con modifiche sostanziali", di questa legge, non si fa nulla invece per l'abrogazione (dopo vent'anni!) delle leggi fasciste e autoritarie, ci si oppone alla richiesta di farlo attraverso la partecipazione popolare di altri referendum. Tutto questo perché? Con quali argomenti? Vediamo.

Si dice: "Per impedire il risorgere di storici steccati". Non solo i "paesi civili", e l'ltalia stessa, ma i movimenti operai e socialisti si sono "uniti" proprio su questi "steccati": quando gli steccati caddero fummo "uniti" nella servitù e nella dittatura. Oppure: "contro il risorgere degli opposti estremismi, clericale e anticlericale" . I contenuti ideali, le ragioni storiche, diventano irrilevanti: un agnosticismo lassista, cinico, si afferma come cultura aggressiva e sicura di sé, ed è il segno inconfondibile d'una vittoria profonda del regime. Civiltà laica e intolleranza clericale vengono liquidati come identici fattori di divisione e di fanatismo. Gli ideali vengono reietti nel limbo dell'utopia, fuori del perimetro della contesa politica e civile.

E ancora: "Per impedire l'abbraccio mefitico di Almirante alla DC" . Il ricorso al referendum è stato voluto dal papa, dalla CEI, dalla DC. Fu un segretario della DC a controfirmare la richiesta. Il milione e mezzo di firme vennero raccolte nelle parrocchie. L'abbraccio col MSI ci fu per cinque anni, in pieno Parlamento, e in pieno "centro-sinistra". Il primo voto contro la proponibilità della "Legge Fortuna" avvenne alla Camera su una eccezione presentata dai parlamentari dei MSI: e tutta la DC, unanime, la votò. La Costituzione è tradita, le leggi fasciste sono in vigore; i corpi separati dello Stato sono impestati di uomini di estrema destra: tutto questo è opera democratica. "L'abbraccio mefitico" c'è: ma è la DC a volerlo.

Dietro questi argomenti antidemocratici e pretestuosi la realtà è ben altra. E quella indicata dai sondaggi sul referendum, che danno per certa la catastrofica sconfitta clerico-fascista. Per questo, per "sequestrare" il referendum , si sono sequestrate da oltre un anno le inchieste demoscopiche e alla fine se ne sono ordinate altre, prefabbricate e mistificanti, che saranno utilizzate nelle prossime settimane.

Vaticano e DC non vogliono questo scontro; ma sono costretti, per averlo richiesto, a contare solo sull'iniziativa comunista e laica. Possono contarci. Cosa accadrebbe, infatti, se il referendum mostrasse che, su temi fondamentali di civiltà, l'alternativa democratica alla DC può contare su una solida maggioranza di milioni di voti, e che solo un parte minoritaria del "mondo cattolico" è dietro le strutture chiesastiche e di regime? L'ipotesi del 5l per cento, di un'alternativa "francese" o quanto meno "tedesca", diverrebbe pressoché obbligata, e anche nei partiti tradizionali le politiche e i gruppi dirigenti che da venticinque anni edificano ogni loro scelta sulla ipotesi della collaborazione privilegiata con la DC e la Chiesa verrebbero finalmente colpiti e spazzati via. Gli otto referendum che i radicali chiedono, il dibattito sull'aborto, si imporrebbero nella loro necessità democratica e nella loro concreta fattibilità.

La drammatizzazione in atto, le mobilitazioni di quadri da una parte e dall'altra dell'estremismo opportunistico, non sono per ora che elementi necessari per giungere a un accordo contro il divorzio e contro il referendum. E' come un incontro di "catch", con tutte le sue regole: gli avversari si fanno smorfie orrende, si minacciano, urlano. Ma solo per la platea. Sono per ora d'accordo solo di non farsi male e per un "match" nullo (il più forte pensa ad altre compensazioni). Lo spazio per una "mediazione" o per altre violenze costituzionali e civili esige questo clima di "Annibale è alle porte". Senza di che sanno che non potrebbero neppure tentar questo allucinante compromesso.

E' dunque necessario altro che semplici "posizioni" laiche e divorziste. E' necessario, urgente, usare una "forza organizzata" per difendere fino all'8 giugno il referendum, e, con esso, il divorzio. Sono necessarie lotte politiche, dal basso, subito. Anche i compagni delle sinistre socialiste, democratiche, liberali e comuniste, devono uscire dal loro atteggiamento nei confronti dei diritti civili: anche il Manifesto e Lotta Continua, che finora hanno usufruito in questo campo di una sorta di "rendita di posizione". Domenica prossima, 20 gennaio, alla manifestazione che il Partito radicale ha indetto al teatro Adriano di Roma in difesa del divorzio e per il lancio di otto referendum abrogativi di leggi fasciste o democristiane, gli impegni potranno concretarsi. Se siamo ancora in tempo.

Onorevole mendicità

di Marco Pannella IL MONDO, 21 febbraio 1974

Cari amici di "Il Mondo", un quarto di secolo fa, nella prima sede del giornale, in via Campo Marzio, meno che ventenne, discutevo una sera con l'Averroè di allora, Panfilo Gentile. Ero, al solito, entusiasta di quel che aveva scritto e della proposizione finale, ch'era questa: "Altrimenti continueremo nella onorevole nostra mendicità di chierici". Solo che quel "chierici" non m'andava giù. "Laici", ribattevo con la testardaggine che avevo già allora e che Averroè metteva nel conto del mio essere (come lui) abruzzese. Così quella sera finì male, troppo animata: come spesso per altri tredici anni, con Mario Pannunzio e, poi, anche con Ernesto Rossi, in via Colonna Antonina, dove al primo piano era "Il Mondo", ed era al terzo il Partito Radicale, dal 1956. Fino ai tristi anni dei veri litigi, delle separazioni, il 1962 e 1963, già qui ricordati da Arrigo Benedetti.

Eravamo stati tutti uniti, a lungo, in una analisi pessimista del regime democristiano (e di "regime", di nuovo, fu "Il Mondo" il primo a parlarne). Ci separammo, quando la prospettiva del centro-sinistra sembrò consentire a molti speranze di una radicale inversione di tendenza con la prospettiva di una rottura dell'unità politica dei "cattolici", e non della sinistra. E' andata com'è andata.

Abbiamo da allora fatto quel che abbiamo potuto. Dieci anni fa la classe politica guardò con ironia e commiserazione i nostri primi tentativi di promozione di diritti civili fondamentali, dal divorzio all'obiezione di coscienza. Senza danaro, senza potere, senza stampa, eravamo i loro sanculotti, "va-nus-pieds" anacronistici, patetici e isolati; per di più, nonviolenti come siamo, incapaci perfino di lanciare un sasso al gendarme o all'esattore. Ma è andata, anche questa, per fortuna com'è andata.

Da qualche mese, con l'uscita del quotidiano "Liberazione", lo schieramento sorprendente e convergente di personalità democratiche e liberali, di sindacati, di tutte le forze extraparlamentari, delle sinistre repubblicane, socialiste e liberali, sul progetto di difesa del divorzio e di lancio di altri otto referendum abrogativi delle leggi corporative, clericali, fasciste è suonato il campanello d'allarme. Teatri e piazze tornano nuovamente a riempirsi, da Trieste a Catania, da Roma a La Spezia. Ancora una volta senza soldi, senza organizzazione, senza potere. Il segno è conosciuto, premonitore.

Dobbiamo quindi scomparire. Da destra, ma anche da "sinistra" l'operazione incalza. Voi amici de "Il Mondo" siete i primi, e per ora i soli, a mostrare di sentire che la vostra libertà è in causa, davvero, con la nostra, come con qualsiasi altra; di amici o di avversari che sia. Non essere d'accordo, ma difendere ad ogni costo il diritto altrui di esprimere le proprie idee è l'antico precetto su cui si fonda la tolleranza volterriana, senza la quale non si è laici. Rifiutare di vivere corporativamente la propria libertà se scade a privilegio di fronte a coloro cui vien tolta, è virtù civile e necessaria perché vi sia democrazia, e vi siano democratici. Vi ringraziamo soprattutto perché avrete così mostrato ai potenti che esiste qualche rischio in questa operazione, che non viene loro solo da noi; ed a altri che, per essere "compagni", non valgono le proclamazioni ideologiche ma le azioni politiche. Vi ringraziamo perché ci aiutate così a far vivere speranze, e non le disperazioni distruttrici, di cui questo regime ha bisogno e che deliberatamente provoca e nutre.

Chiediamo all'opinione pubblica, ai vostri lettori, ai militanti divorzisti e alici, ai compagni e amici radicali di non sottovalutare l'alto valore civile, ma nemmeno la portata politica concreta di questa solidarietà che ci viene offerta, l'occasione di potenziamento della comune lotta che rappresenta. Ci auguriamo, anche, che costituiate un esempio per i troppi che, potendolo e professandosi nostri amici, sono restati inerti.

E voi, consentitemi anche il grazie personale (ma non troppo) di chi, senza pretendere a nessuna eredità, fedeltà o merito, è felice di poter continuare nella mai smessa sua "onorevole mendicità" tornando a salire ancora le vostre scale come quand'era ragazzo a raccogliere anche rimbrotti e litigi e dissensi. Mi sembra di buon auspicio. La presidenza della LID si esprimerà qui, la prossima settimana, collettivamente ed adeguatamente. Intanto, buon lavoro anche a voi, amici del "Il Mondo".

 

L'obiettivo di Fanfani

IL MONDO, 21 febbraio 1974

SOMMARIO: Nella pagina che "IL MONDO" offre settimanalmente alla Lega Italiana per l'Istituzione del Divorzio (LID), si commenta la decisione del segretario della DC Amintore Fanfani di sostenere completamente il referendum per l'abrogazione del divorzio promosso da gruppi clericali con l'appoggio determinante della Chiesa cattolica. Amintore Fanfani sta perseguendo due obiettivi: "drammatizzazione della situazione sociale ed economica del paese per creare un clima di 'unità nazionale' che consenta o di evitare il referendum o - al peggio - di trasformarlo in una crociata contro il caos, 'il comunismo', il disordine e la miseria".

"Il Mondo apre una pagina, durante tutta la campagna del referendum, alla Lega Italiana per il Divorzio, intendendo così evitare per quanto possibile che si impedisca alla LID di continuare la sua battaglia. Siamo lieti di farlo, anche se le opinioni e i giudizi della LID non sempre coincidono con quelli de Il Mondo".

In Vaticano, come a Palazzo Sturzo durante la riunione della Direzione DC, tutti sembrano ora sereni dinanzi alla prospettiva del referendum. Vi sono forse nuovi sondaggi demoscopici, una volta di più segreti, che rovesciano le previsioni d'una catastrofe clericale e antidivorzista? Un nuovo 18 aprile è dunque alle porte, dal quale ogni corrente del partito di regime potrà trarre maggior profitto e potere? Papa Paolo non crede più che la legge sul divorzio assassini la famiglia?

"Non resterà che da pagare missini e liberali; per il resto il gioco è fatto", affermava nei giorni scorsi con elegante cinismo di moda fra i giovani minutanti benelliani uno degli addetti ai contatti con la segreteria DC nelle burrascose settimane di gennaio.
"Pagare" perché, in quale prospettiva?

La strategia clericale, di regime sul referendum è ormai decisa, precisata, e già nella fase di attuazione. Si muove su due direttrici: accentuazione del "disimpegno" vaticano e della CEI, drammatizzazione della situazione sociale ed economica del paese per creare un clima di "unità nazionale" che consenta o di evitare il referendum o - al peggio - di trasformarlo in una crociata contro il caos, "il comunismo", il disordine e la miseria, nel tentativo di inchiodare al voto contro il divorzio almeno quel 47% di elettori che due anni fa votarono per la DC ed il MSI, e di far aumentare nello schieramento avverso al tentazione della scheda bianca o dell'astensione. Il Papa aveva sperato, in autunno, che fosse la DC a sacrificarsi sull'altare del potere della Chiesa, accollandosi la responsabilità di "tradire" i sacri principi, accettando un compromesso vantaggioso contro la legge Fortuna per evitare il referendum. Ma il nuovo segretario della DC si rivelò invece irremovibile, arrivando anche ad una rottura con monsignor Benelli, con cui da quindici anno aveva formato un tandem indissolubile. Il referendum era stato imposto dalla CEI (ed a questo, se ve ne fosse stato bisogno, dal Papa) che aveva proclamato il diritto-dovere dei cittadini cattolici di fare il referendum, rispose Fanfani. Accettare di "trattare" in queste condizioni significava regalare milioni di voti al movimento sociale o ad un secondo partito cattolico, a destra, e un'arma terribile, nella DC, ad Andreotti; costringendo lui, oltre tutto, ad una operazione ipotecata nel suo significato dal PCI e del tutto omogenea alla strategia degli altri suoi avversari interni, le sinistre morotea e forzanovista. Ma il Pontefice sembrava non tollerare nemmeno l'ipotesi di intervenire direttamente sulla CEI per farle accettare un compromesso che evitasse il referendum: era straziato davvero, ma non se la sentiva di imporre un diktat ai vescovi che egli aveva spronato alla crociata fra il 1965 ed il 1970. Anche il Presidente del Consiglio Rumor, cui si cercò di far assumere una iniziativa di mediazione, fu tassativo del diniego, e con una motivazione fondata: già il 9 luglio del 1970 egli si era dimesso all'improvviso dal governo che presiedeva, per impedire l'approvazione definitiva, nei giorni successivi, della legge divorzista. Era stato, insomma, l'unico dc, finora, che contro il divorzio avesse sacrificato qualcosa.

Fanfani, ormai, è candidato a divenire anche ufficialmente il secondo "uomo della provvidenza", dopo Mussolini. Lo ha forse sempre sperato, ma ora comprende che è possibile volerlo. Se riesce, in qualsiasi modo, a salvare dalla catastrofe "questa" Chiesa, che tre anni fa era certa di avere nel referendum il consenso di oltre i due terzi del paese, il gioco è fatto. Accettando la sua linea, il Vaticano non può non garantirgli anche la neutralizzazione di Andreotti. Checché faccia, ormai, egli non sarà più un traditore dei principi ma un salvatore della Chiesa e della DC. Egli ha ben chiare due cose: che solo la massima drammatizzazione, il ricatto più temerario e irresponsabile rispetto alle sorti del paese, potrà di nuovo indurre o costringere il partito comunista a riproporre o accettare una nuova soluzione "Carettoni" o il suo equivalente; che se si riesce a trasformare il referendum da uno scontro sul divorzio e sulla laicità ad uno fra il caos, la sovversione, "il comunismo", la miseria, la fine di ogni tradizionale equilibrio di regime e l'"ordine", la situazione può ancora rovesciarsi.

Al Teatro Adriano, il 20 gennaio, fu affermato che, se necessario, il potere avrebbe di nuovo fatto ricorso alle bombe e alle stragi, di persone e di istituzioni, per impedire il referendum. Dopo pochi giorni, solo per un miracolo non esplosero bombe su un treno gremito, nei dintorni di Pescara. E' poi subito cominciata la sequela degli allarmi, del "golpe" domenicale, contro l'unità sindacale e lo sciopero generale, contro i pericoli "fascisti". Esplodono (e si lasciano esplodere finalmente) a decine, gli scandali. Dal petrolio alla giustizia, dalle "piste nere", in attesa, di nuovo, di quelle "rosse".

Insomma, il piano c'è. Per far passare, all'ultimo momento, in Parlamento, non fosse che a 24 ore dalla consultazione (la legge lo consente), una riforma-bidone della legge Fortuna, impedire il referendum, confermare il concordato, varare un mini-compromesso storico, una nuova "conciliazione". A questo punto basterebbero, pochi miliardi per i gruppi parlamentari missini e liberale, per evitare veri ostruzionismi. Pensiamo che questo sia eccessivo perfino per la maggioranza dei paleo-fascisti della destra nazionale. Ma in questo calcolo si dà soprattutto per venduta la pelle delle masse democratiche e popolari e dei loro partiti, e per assassinati leghe e movimenti per i diritti civili, radicali o extraparlamentari. Forse è ancora un po' presto.

"Il Popolo" furioso

di Marco Pannella - IL MONDO, 14 marzo 1974

"Il Mondo" apre una pagina, durante tutta la campagna del referendum, alla Lega Italiana per il Divorzio, intendendo così evitare per quanto possibile che si impedisca alla LID di continuare la sua battaglia. Siamo lieti di farlo, anche se le opinioni e i giudizi della LID non sempre coincidono con quelli de "Il Mondo".

"Il Popolo", gazzetta ufficiale dei fasti e dei peculati di regime, è furibondo. Strepita, ci insulta a ritmo pressoché quotidiano; ma fa il sordo, continua a non rispondere. Vorremmo capire almeno se si dolga d'altro che della verità di quel che andiamo denunciando e affermando.

Avevamo affermato che solo i fascisti, in questo secolo, hanno tentato di abrogare il divorzio nelle moderne legislazioni civili: la Falange di Franco, in Spagna, dopo il massacro della repubblica e dei repubblicani, benedetto dalla Chiesa; il maresciallo Pétain, in Francia, nei due anni di alleanza con i nazisti; i salazariani portoghesi. E, ora, la DC, la Cei e la Chiesa. E' falso?

Abbiamo affermato il carattere emblematico ed eloquente della vicenda pubblica, dell'itinerario politico del Segretario del Partito, Amintore Fanfani: le teorie corporative e fasciste da lui elaborate e insegnate, secondo convinzioni politiche e scientifiche che aveva ed ha il pieno diritto di avere e di professare, sin dalla fine degli anni trenta, s'incarnano storicamente nell'Italia del 1974, grazie alla DC (già PNF). Lo Stato Corporativo, prefigurato in libri e dispense d'allora, si afferma adesso anche lì dove non fu possibile farlo ai Bottai, ai Federzoni, ai Rossoni, ai Gentile. E' falso? Dobbiamo, dalla prossima settimana, riprendere e citare affermazioni e scritti accompagnati da notizie e informazioni pubbliche e ufficiali, tratte dalla cronaca politica di oggi? Non ci sembra che sia altro da fare, se questa polemica continua. Anche perché, accusato dal bollettino e foglio d'ordini del Segretario del Partito di essere "drogato" al LSD ed altro, "dissociato psichico", "annebbiato", "macchietta della LID", "ascaro dello squadrismo anticlericale", autore di "una infame rivalutazione storica del fascismo", "feriale visionario" (cito da uno solo dei "servizi" dedicatici) sono alla fine colto da qualche dubbio. Ricordo male? Vedremo.

Ed è forse falso, artificioso, infine, affermare che non è certo che il MSI ad aver avuto la forza e la possibilità, in un trentennio, di sabotare con successo e continuamente la Costituzione, di difendere leggi e norme fasciste, di corrompere istituzioni e classe dirigente, di secondare la logica reazionaria di "corpi separati" e di affermare il potere politico ed economico preminente della grandi corporazioni, di opporsi ad ogni richiesta di rispetto di diritti civili fondamentali, di aver agito come braccio mondano e potere subalterno del neotemporalismo clericale?
Questi sono i termini del dibattito, non altri.

Vorremmo intanto ribadire una affermazione già fatta e che non è, per quanto ci riguarda, capzioso espediente polemico. Se gli obiettivi interclassisti, clerico-populisti, corporativi del PNF e quelli della DC ci appaiono legati da una continuità rigorosa ed esclusiva, abbiamo il dovere di illustrare e di documentare questa nostra convinzione, perché la si giudichi, contesti, corregga; superi, se del caso.

Da laici, quali siamo, rispettiamo idee e comportamenti conseguenti, quali che essi siano. Ci impegniamo solamente a disarmarli quando diventano concreta violenza contro la dignità e la libertà delle persone e di una società. Ma non per questo accettiamo di recuperare una visione della lotta civile nella quale l'avversario sia "il demonio" o il "perverso". Se è leale ed onesto nei confronti della propria coscienza è un "diverso", nulla di più, nulla di meno, cui dobbiamo stima, mentre, per le idee diverse che abbiamo, gli neghiamo fiducia.

Non diamo giudizi morali. Se i clerico-fascisti del PNF, ieri, e quelli della DC, oggi, credono a quel che dicono e fanno, sul piano della individuale moralità, per noi, non sono inferiori ai nostri Calogero, o Capitini, ai nostri maestri e padri elettivi. Ciascuno è libero di credere all'autorità o alla libertà, d'essere convinti che il mondo è del maligno e che l'uomo ne è lo schiavo, che c'è il peccato originale, che si comprano le indulgenze, si acquistano le nullità matrimoniali e via dicendo.

Anche se, alla fine, fare qualche differenza ci sembra giustificato, fra chi regolarmente paga duramente la fedeltà alle proprie idee e chi altrettanto regolarmente si trova a ricavarne potere e successo.
La Dc, come il PNF; "Il Popolo", come "Il Popolo d'Italia" sono per una civiltà che comporta e favorisce il divorzio, l'aborto, l'"ordine" di classe, reazionario e clericale, corporativo e violento.

In questo regime, ed in questi giorni, le contraddizioni che esplodono mostrano a che punto la violenza della classe dirigente contro le stesse leggi che pure ci hanno imposto, e quella più classica, paleofascista, delle "piste nere" protette e nutrite dal potere democristiano si vadano affermando, si siano sostituite alla legalità repubblicana proclamata dalla Costituzione.

"Il Popolo" non trova di meglio, per testimoniare a favore del regime che serve, della vera o presunta libertà di cui personalmente godiamo, e del fatto che gli amici de "Il Mondo" possano ospitare le nostre opinioni in queste colonne. Il fatto che siano stati esclusi dall'esercizio di ogni altro nostro diritto costituzionale in tema di informazione e di espressione delle nostre idee, è per "Il Popolo" naturale: splendido esempio, ci pare, di buona coscienza a buon mercato. Ma anche queste tenui difese, temiamo, non reggeranno a lungo, se non batteremo, una volta per tutte, la DC. Se non vi sarà il referendum che ci ha imposto, e dal quale sarebbe travolta.
Vedremo abbastanza presto, allora, quanto il regime impiegherà a convertirmi, da delinquente politico che ci si vanta di non sbattere in galera o in manicomio a detenuto comune.

 

"Il Popolo" dei ricatti

di Marco Pannella IL MONDO, 21 marzo 1974

"Il Mondo" apre una pagina, durante tutta la campagna del referendum, alla Lega Italiana per il Divorzio, intendendo così evitare per quanto possibile che si impedisca alla LID di continuare la sua battaglia. Siamo lieti di farlo, anche se le opinioni e i giudizi della LID non sempre coincidono con quelli de "Il Mondo".

Dopo la campagna di ingiurie e di intimidazioni, si passa ora ai ricatti. L'organo della DC e di Amintore Fanfani non tollera che la LID, il Partito radicale, le minoranze di credenti possano esporre le loro tesi, partecipare alla lotta per la difesa del divorzio, del laicismo e della libertà, su un giornale come "Il Mondo". Già contro "Il Messaggero" una delle accuse più roventi e una delle richieste più pressanti furono relative alla onesta informazione che anche nei nostri confronti il quotidiano democratico romano andava fornendo e fornisce da qualche anno.

Siamo esclusi, pochi o tanti quanti siamo, ad personam e come organizzazioni, da qualsiasi possibilità di accesso alla Rai-Tv, da oltre dieci anni. Dopo la sospensione di "Liberazione", cui si è vietato perfino l'accesso alla informazione parlamentare, non un solo giornale esprime le posizioni, fa eco diretta e responsabile alle numerose battaglie per essenziali diritti civili, dal divorzio all'obiezione di coscienza, alle libertà soffocate dal Concordato, all'abolizione dei codici militari, alla lotta contro l'aborto di classe, clandestino e di massa, che il Partito Radicale, la Lega degli Obiettori, il Movimento di Liberazione della Donna, la Lega per il Divorzio, associazioni come l'Aied e l'Alri, conducono nel paese. Il regime è riuscito, insomma, ad impedire direttamente i propri obiettivi, le proprie idee, attraverso l'informazione scritta o parlata. Con noi, sono ridotti al silenzio ufficiale le minoranze liberali, repubblicane, socialiste, religiose, sindacali che condividono il progetto politico degli otto referendum popolari abrogativi delle leggi fasciste, autoritarie, democristiane che contraddicono i diritti costituzionali e la legalità repubblicana.

Certo, voci libere possono ancora esprimersi. Ma nella misura in cui, nella loro libertà e coscienza, esprimono posizioni che considerate, a torto o a ragione, dalle forze del regime, dalla DC e da Amintore Fanfani, concretamente e pericolosamente alternative; e nella misura in cui non possono venire ricondotte ad una matrice o ad una organizzazione "radicale".

Ma una falla si è aperta. "Il Mondo" ci ha offerto la opportunità di esprimerci, attraverso una sua pagina, per circa quindici settimane e per vanificare, almeno in parte, una operazione di regime palesemente illiberale e antidemocratica. Meno di venti pagine, dunque, nell'arco di oltre tre mesi: è tutto quello di cui disponiamo per esprimerci attraverso la stampa, scritta o parlata, per una battaglia di immenso rilievo civile. Ma è già troppo, per il segretario del partito e per il suo "Popolo" d'Italia.

Le quattro pagine di "Il Mondo" che abbiamo finora scritte sono bastate per scatenare una violenta campagna. Di quale finalità fosse, ne ho fornito qui un esempio la settimana scorsa. Ad argomenti, informazioni, fatti e domande, si è risposto finora solo con ingiurie e intimidazioni, evitando qualsiasi smentita o anche rettifica.

Poiché non hanno sortito l'effetto desiderato, "Il Popolo", con una serie di anonimi servizi e interventi, passa ora dalla polemica politica, di stampo clericale e fascista, ma pur sempre politica, alla più comune violenza del ricatto. Attacca minacciosamente "Il Mondo" e gli "Eredi Rizzoli". Senza veli e prudenze. Pensa di poter, ora, estorcere ad editori, direttore e redattori quel silenzio che noi non abbiamo accettato, al quale non rassegneremo mai. E' un'operazione ignobile, questa, nemmeno, più di marca bottaiana o del Mussolini degli anni "pacati" e "perbene".

Se questi sono la gente ed i metodi necessari ad Amintore Fanfani per affrontare con qualche speranza il "civile confronto" del referendum, il segretario della DC non merita nemmeno quella stima e quel rispetto del quale scrivemmo la settimana scorsa.

D'ora in poi, rifiutiamo ogni polemica diretta con i sicari, zelanti ricattatori. Ci occuperemo, con sempre maggiore attenzione, dei mandanti e dei padroni.

 

La vera sfida

i Pier Paolo Pasolini - IL MONDO, 28 marzo 1974

"Il Mondo" apre una pagina, durante tutta la campagna del referendum, alla Lega Italiana per il Divorzio, intendendo così evitare per quanto possibile che si impedisca alla LID di continuare la sua battaglia. Siamo lieti di farlo, anche se le opinioni e i giudizi della LID non sempre coincidono con quelli de "Il Mondo".

Il Fascismo è durato al potere vent'anni. Sono trent'anni che è caduto. Dovrebbe dunque essere già dimenticato, o almeno sbiadito, passato di moda, impopolare. In sostanza è così. Un Fascismo come quello 1922-1944 non potrebbe più andare al potere in Italia: a meno che la sua illogica ideologia non si limitasse a puntare sull'"Ordine", come concetto del tutto autonomo, o addirittura tecnico: un "Ordine", cioè, non più al servizio di "Dio", della "Patria" e della "Famiglia", cose in cui nessuno crede più, soprattutto perché sono indissolubilmente legate all'idea di "povertà" (non dico "ingiustizia").

L'"edonismo" del potere della società consumistica ha disabituato di colpo, in neanche un decennio, gli italiani alla rassegnazione, all'idea del sacrificio ecc.: gli italiani non sono più disposti - e radicalmente - ad abbandonare quel tanto di comodità e di benessere (sia pur miserabile) che hanno in qualche modo raggiunto. Ciò che potrebbe promettere un nuovo Fascismo, dovrebbero essere appunto, dunque, "comodità e benessere": che è una contraddizione in termini.

In realtà tuttavia c'è stato, e c'è, in Italia un nuovo Fascismo che fonda il suo potere proprio sulla promessa della "comodità e del benessere": ed è appunto quello che Marco Pannella chiama il nuovo Regime, un po' immaginosamente, ma giustamente. Benché dunque tale Regime abbia fondato il suo potere su principi sostanzialmente opposti a quelli del Fascismo classico (rinunciando in questi ultimi anni addirittura al contributo della Chiesa, ridotta allo spettro di se stessa) esso può ancora lecitamente essere chiamato fascista. Perché? Prima di tutto perché l'organizzazione dello Stato, ossia il sotto-Stato è rimasto praticamente lo stesso: anzi, attraverso, per esempio, l'intervento della Mafia, la gravità delle forme di sottogoverno è molto aumentata. Questo fardello arcaico - che il nuovo Regime, così moderno, così spregiudicato, così cinico, così agile - si trascina dietro, impotente a liberarsene, rende perfettamente logica e storica la presenza di uomini al potere come Fanfani, ad esempio. In lui il vecchio (legalitarismo, clericalismo e intrallazzo) può convivere pacificamente col nuovo (produzione del superfluo, edonismo, sviluppo cinico e indiscriminato): perché tale convivenza è un dato oggettivo della nazione italiana.

La continuità tra il ventennio fascista e il trentennio democristiano trova il suo fondamento sul caos morale e economico, sul qualunquismo come immaturità politica e sull'emarginazione dell'Italia dei luoghi per dove passa la storia. Ciò che ha differenziato, formalmente, gli antichi padroni fascisti dai nuovi padroni democristiani (che di cristiano non hanno ormai propri più nulla: hanno cinicamente gettato la maschera) è l'esercizio del potere: il ventennio fascista è stato una dittatura, il trentennio democristiano è stato un regime poliziesco parlamentare. Il parlamentarismo è un lusso che è stato consentito ai nuovi padroni (antifascisti!) dalla presenza della Chiesa. La grandiosa maggioranza che la DC ha sempre ottenuto alle votazioni del trentennio, grazie alle masse elettrici cattoliche asservite ai preti, le ha permesso una parvenza di democrazia, che viene disonestamente usata come prova di dissociazione col fascismo. In questi trent'anni la Dc nelle elezioni ha subìto qualche flessione, e qualche piccolo smacco: mai una sconfitta.

Oggi, per la prima volta, si delinea per la DC la possibilità di una sconfitta: le masse di consumatori che le sono sfuggite di mano, formandosi una nuova mentalità "moderna", il crollo dell'organizzazione ecclesiastica e del suo prestigio, espongono la DC a quella sconfitta che la costringerà a gettare la maschera della democrazia, e la porrà di fronte a un'unica alternativa: quella di ricorrere agli stessi strumenti di potere del fascismo classico. Cosa però - io credo - ormai storicamente irrealizzabile. La minaccia per l'Italia è se mai un colpo di Stato simile a quello etiopico (o portoghese?): in cui l'esercito si porrebbe al di fuori - credo - dal vecchio universo ideologico fascista. Esso potrebbe infatti fondarsi unicamente sullo "slogan" dell'"ordine": ma un "ordine" mantenuto a protezione non più di uno stato di miseria e di ingiustizia (come il fascismo e la DC degli Anni Cinquanta), ma a protezione dello "sviluppo", così come lo vogliono gli industriali.

Per tutte queste considerazioni, io sono per un confronto diretto, che porti la DC alla prima sconfitta. Quindi non solo non temo il "referendum", ma sono per la grande sfida lanciata dai radicali degli "otto referendum". A parte, naturalmente, altre due considerazioni che sarebbero sufficienti da sole per spingermi a prendere una simile posizione: 1) Le abrogazioni chieste dagli "otto referendum" sono sacrosante, sono il minimo che si possa fare per una scelta "reale" democratizzazione della vita pubblica (io, personalmente, ho qualche dubbio solo a proposito dell'aborto); 2) non bisogna mai, in nessun caso, temere l'immaturità degli elettori: ciò è brutalmente paternalistico: è lo stesso ragionamento che fanno i censori o i magistrati quando considerano il pubblico "immaturo" per vedere certe opere.

 

Il "no" di una suora

di Marisa Galli - IL MONDO, 9 maggio 1974

So di non dire nulla di nuovo. Il nuovo sta nel fatto che è una suora che scrive, che ha maturato nella sua coscienza certe problematiche, che non può più tacere nella ridda dei pro e dei contro il divorzio. Basterebbe forse, in un dibattito culturale, comunicare che la dichiarazione fatte da Erich Fromm, riportate dal Corriere della Sera del 23 aprile, sono totalmente congeniali alla mia esperienza di pedagogista. Non avrei altro da aggiungere. Ma è come religiosa che mi è dato spazio su questa pagina e da questa visuale qualcosa d'altro può esserci da mettere in rilievo. Come religiosa che, così, forse unica fra le migliaia, esprimerà una libera opinione in contrasto con la decisione che, anche per lei e le sue consorelle, hanno preso le istituzioni protettrici e le autorità al vertice. Lo farà perché non sono d'accordo che la massa si imponga al singolo e lo sacrifichi anche se il singolo, liberamente, può sacrificarsi per la massa (le ideologie totalitarie e Cristo insegnano).

Che c'entra mai la voce di una suora con un referendum sul divorzio? Che ne sa lei di queste cose? - dirà il teologo: mai si sono viste, in Italia, suore teologhe, anche se ora qualcuna timidamente comincia a farsi il dottorato purché sia ben assicurato nei binari dell'"ortodossia" perché la sua capacità critica non ha ancora avuto l'"imprimatur". Esprimerò dunque un punto di vista legale, o filosofico o morale? Gli integristi, non importa di quale segno, mi riconoscerebbero probabilmente il diritto e la capacità di esprimere "il" punto di vista religioso, cristiano.

No, carissimi. Rifiuto ogni integrismo, non posso né voglio dare un giudizio univoco della realtà come criterio di unità nostra di cristiani.
E' dunque a partire dalla persona, dai suoi valori di essere libero che ha la libertà naturale di farsi le sue scelte, di gestirsi la sua vita, il suo corpo, che posso assumermi la responsabilità di questo intervento.

Chi ha scelto liberamente e responsabilmente di contrarre e di vivere il matrimonio cattolico saprà pure che per quella sua fede il matrimoni è indissolubile. Ma se questa indissolubilità divenisse ad un certo punto puramente farisaica, volta solamente a salvare il perbenismo del contesto clericale, cosa sarebbe altro, nel suo contenuto, che prostituzione legalizzata?

La sostanza del matrimonio cristiano è una comunione di grazia e di amore che dovrebbe crescere giorno per giorno, frutto della ricchezza interiore dei coniugi, non certo prodotto d'una imposizione esterna. Ma che diritto ha il cattolico di imporre la sua morale, la sua indissolubilità a chi non vive la sua stessa fede?

Dov'è il rispetto per le minoranze religiose sancito dalla costituzione, per i diritti inalienabili della coscienza? Ma che libertà religiosa è mai questa se io che, per ipotesi, seguo il Corano, mi trovo poi lo Stato italiano che mi obbliga, per i patti lateranensi o per altra sua legge, a seguire una morale cattolica? E quei cattolici, tali solo per imposizione e per acritica passività, che vivono la religione a livello di rito e non di esperienza di fede, saremo noi a costringerli ad essere a tal punto farisaici?

Io mi ribello e non per questo stimerò meno una donna, un uomo che mi dicano che non riuscendo più a fare del loro matrimonio un continuo atto d'amore - per i motivi più vari e accettabili - dopo cinque anni di separazione legale chiedono il divorzio. E' un loro diritto, un diritto civile ed è per questo che faccio sentire la mia voce di donna e di religiosa.
Non mi si dica che la legge del divorzio "sfascerà" la famiglia.

Saremmo a tal punto tutti nevrotici, meglio così farisaici, da coprirci dietro il sacramento di indissolubilità per far credere e raccontare magari a noi stessi che la famiglia italiana è stata finora unita e che solo domani, con il divorzio si sfascerà?

Qui, qui davanti a me, tutte le migliaia di ragazzi che sono negli istituti assistenziali da decine di anni - compresi i miei cento - venite qui! Ditemi: dov'è vostro padre, dov'è vostra madre? A chi siete stati affidati? Dov'è un giudice tutelare che abbia saputo e potuto tener conto, davvero, di voi, delle vostre esigenze, nella separazione legale dei vostri genitori, nell'annullamento rotale di uno di loro, durante il lungo regno dell'indissolubilità civile del matrimonio? E con quale diritto noi cattolici dovremmo condannare vostro padre, vostra madre, ancora giovani o giovanissimi, ad una definitiva solitudine? E con quale diritto importi, figlio, un "istituto", solo perché una parte dei cittadini italiani non tollerano uno strumento efficace per regolarizzare la posizione dei tuoi genitori, che hanno tentato di rifarsi una vita?

Evvia, siamo onesti; diciamocelo chiaro: ancora una volta nascondiamo la nostra ignavia - la nostra irresponsabilità - nei confronti del gruppo addossando tutte le colpe al fantasma di una istituzione, di una legge sul divorzio: la sicurezza di fedeltà, di stabilità può davvero essere affidata alla sanzione di una legge esteriore? O non dobbiamo invece dirci che la unità della famiglia si genera e si sviluppa all'interno dell'uomo e che si regge pure su alcune strutture sociali adeguate cui il cittadino dovrebbe aver diritto: la casa, il lavoro, la scuola, i servizi sanitari, la sicurezza sociale, insomma?

Prevenire le cause della crisi familiare, del divorzio; questo dovrebbe esser fatto. Ma per ora, e proprio qui, negli stessi istituti di assistenza ai ragazzi, di fatto, già si preparano e s'impongono i divorzi di domani, a causa di un preteso servizio sociale che si rivela in genere come una vera mistificazione. Dobbiamo chiedere ed esigere dallo stato un impegno, una serietà, un rispetto per il cittadino che per ora riscontriamo insufficiente qualitativamente e quantitativamente. Dobbiamo ancora chiedere alla società nelle sue componenti e strutture e quindi a ciascuno di noi di essere una società tutta educante alla autentica democrazia non quella mistificante d'oggi, tendente ad una egemonia assolutistica, per partitica che sia, che sta per trascinarci di cinquant'anni indietro, ai "nostalgici" anni della marcia su Roma (e anche qui, si consiglia lo studio delle opere di Erich Fromm).

 

Ed ora gli altri otto!

LIBERAZIONE, 13 maggio 1974

SOMMARIO: Pannella analizza la situazione venutasi a creare dopo la vittoria nel referendum sul divorzio:"Ora abbiamo vinto - scrive - cioè non abbiamo perso il divorzio". E questo è successo perché "lo schieramento democratico di classe passa per tutti i partiti...". Ma, egli soggiunge, "il regime non ha ancora perso", e cercherà di utilizzare ogni mezzo per rafforzarsi. Le "lotte democratiche di classe" possono vincere solo se cercheranno di conquistare "almeno" le libertà "borghesi". Purtroppo, le organizzazioni della nuova sinistra, come le minoranze repubblicane e liberali, che avevano aderito al progetto degli otto referendum sembrano volersi disimpegnare, senza peraltro proporre al loro posto "qualcosa di più valido, di più unitario, di più sicuro e concretamente alternativo".

Ora abbiamo vinto. Cioè non abbiamo perso il divorzio. Abbiamo vinto perché nel paese, per le lotte per i diritti civili e di libertà, v'è una maggioranza sicura e decisa. Perché lo schieramento democratico di classe passa per tutti i partiti, tutti, nessuno escluso. Perché le contraddizioni della borghesia sono esplosive; cioè fra idealità borghesi e gestione e sfruttamento delle esigenze del potere capitalistico il rapporto è insanabile. Perché la politica dei diritti civili è politica di classe vincente.

Non abbiamo perso il divorzio. Ma il regime non ha ancora perso. Finché non perderà, e se non perderà, in breve tempo, altre battaglie come queste, si rafforzerà, diventerà definitivo per più d'una generazione. Malgrado la vittoria, in questi mesi gli spazi politici istituzionali si sono ristretti, e quelli anti-istituzionali pure. Lo Stato Corporativo, con il finanziamento pubblico dei partiti; con la "normalizzazione" nella Chiesa, che è la più potente delle corporazioni dello Stato fanfaniano; con l'estendersi dell'operazione di imbavagliamento e di corruzione della stampa, che nelle prossime settimane rischia di avere ancora nuove e clamorose conferme; con la crisi economica e politica, che verrà gonfiata e usata a fini d'"ordine" proprio dai suoi responsabili e autori, lo Stato Corporativo, dunque, in pochi mesi è cresciuto, s'è rafforzato.

Ogni dissenso verrà ora settorizzato e - all'interno d'ogni settore - ogni sforzo verrà fatto per smorzarne la potenzialità, e ogni carattere politico. Nella chiesa non meno che nella fabbrica.

Nelle "strutture" non mancherà uno sforzo di compromesso: un ceto operaio privilegiato è il prezzo che il sistema sa di dover pagare per la sua stabilità. Che non lo possa, pur volendolo, in base a presunte impossibilità economiche, è un vecchio assunto che sempre viene riproposto, e non è detto che anche in questo momento storico non venga smentito.

Le uniche, immancabili lotte veramente generalizzate e frontali, oggi immaginabili e sicure, sono quelle sui diritti civili, su quelli costituzionali, su quelli corrispondenti ad esigenze umane e politiche che appartengono anche alle tradizionali idealità borghesi, cioè alla cultura ed alla civiltà prevalenti.

Lo scontro sul divorzio ne è stata - ma non da tre mesi, da otto anni almeno - una dimostrazione.

Le grandi lotte democratiche di classe, oggi, possono essere vincenti solo se mostrano di costituire, come costituiscono, anche l'unico veicolo possibile per giungere ad avere "almeno" le libertà "borghesi". L'interclassismo democristiano e liberale, cioè il classismo capitalistico, cioè il supporto del disordine e della disuguaglianza e dello sfruttamento, sono stati sconfitti per la prima volta, in modo democratico e pacifico, il 13 maggio.

Sin dall'inizio, da tre anni almeno, il PR ha preparato e voluto il progetto unitario degli otto referendum alternativi in base a queste valutazioni e presupposti, così come aveva per questo contribuito a "inchiodare" la classe politica al confronto sul divorzio. A livello istituzionale non v'è, oggi, a breve scadenza, altro progetto politico d'opposizione e alternativo. Se non si convocano dei referendum entro il 30 settembre del 1974, non si potrà convocarne altri fino al 1979, per i meccanismi legislativi e le scadenze politiche già esistenti.

Le minoranze repubblicane, liberali, socialiste; quelle sindacali; i movimenti della sinistra neo-comunista e leninista (Lotta Continua. Il Manifesto-Pdup, Avanguardia Operaia in primo luogo) avevano lo scorso anno aderito a questo progetto. Le vicende del referendum - ci auguriamo che solo di questo si sia trattato - li hanno portati a disimpegnarsi. E' stato, a nostro avviso, un grave errore: non si trattava infatti di distrazioni della lotta in corso, ma al contrario di concentrazione di movimento, di obiettivi, di forza. Comunque, ora, il referendum è passato. Abbiamo vinto: noi, una battaglia decennale (che i sondaggi davano vincente in misura ancora maggiore a febbraio, quando siamo stati isolati da ogni parte, dopo esser stati fino a quel momento soli nella lotta); altri una battaglia, intensa certo, ma trimestrale. Bene. E ora?

Possiamo concretamente, fra dodici mesi, ritrovarci, potenziati, ad uno scontro ancora maggiore, più esaltante e importante. Sta a tutti noi, a tutti loro, volerlo. L'obiettivo delle cinquecentomila firme è raggiungibilissimo e superabile, se entro dieci giorni, o giù di lì, saremo di nuovo tutti mobilitati per raccoglierle: uniti, ne siamo certi, ne raccoglieremo oltre l'obiettivo prefisso.

Ma non c'è tempo da perdere. Rivolgiamo dunque un appello e un invito, l'ennesimo, che speriamo sia ascoltato.

Chiediamo che non ci si accinga, adesso, a perdere tempo a discutere del significato della vittoria, per poi anticipare, fra pochissime settimane, la smobilitazione estiva.

Non è detto che sia sempre possibile "inserirsi" in scontri voluti e preparati o imposti dagli altri. Non si è una forza politica se non si è innanzitutto capaci di imporre la propria attualità, l'attualità dei propri interessi e dei propri progetti ad una "politica" fatta, per l'essenziale, da altri: dalle "strutture", dalla "classe", dalle "istituzioni".

C'è il rischio di essere, uno per volta, ciascuno chiuso nel suo campo "rivoluzionario" come in un ghetto, facilmente "abrogati". Chiediamo a tutti, compagni ed amici, a gruppi e persone che in passato s'erano uniti attorno a questo progetto, di tornare ad animarlo, a dargli corpo. Oppure ci propongano, o si propongano, finalmente qualcosa di più valido, di più unitario, di più sicuro e concretamente alternativo. Ma non ce n'è segno, all'orizzonte della concretezza e della responsabilità.

 

Cronache del referendum

IL MONDO, 16 maggio 1974

"Il Mondo" apre una pagina, durante tutta la campagna del referendum, alla Lega Italiana per il Divorzio, intendendo così evitare per quanto possibile che si impedisca alla LID di continuare la sua battaglia. Siamo lieti di farlo, anche se le opinioni e i giudizi della LID non sempre coincidono con quelli de "Il Mondo".

Mantova 30 aprile. A Mantova, domenica, un vicequestore e un capitano dei carabinieri hanno diffidato Marco Pannella dall'intervenire, come era stato annunciato, al dibattito del prof. Gabrio Lombardi. Il vicequestore ha dichiarato che, anche se Lombardi avesse concesso la parola a Pannella, egli avrebbe impedito il contraddittorio, "perché vietato da un accordo intervenuto tra i partiti". "Lei cerchi di parlare ed io l'arresto", ha aggiunto il capitano dei carabinieri. Entrambi affermavano che il prof. Lombardi aveva chiesto l'intervento della forza pubblica per impedire il contraddittorio di Pannella. Gli stesi funzionari hanno poi riconosciuto, pubblicamente, che questo era falso: erano stati sollecitati ad intervenire dal rappresentante dell'Unione Monarchica Italiana.

Roma 30 aprile. Oltre cento sono i sacerdoti impiegati pubblicamente in comizi e dibattiti a favore del "no" in Italia. Sarebbero 1.350 invece quelli che avrebbero ufficialmente comunicato ai loro vescovi di essere favorevoli al "no". Sono questi i dati che mons. Benelli, il più acceso sostenitore di Fanfani in Vaticano ha comunicato al Pontefice. Secondo i suoi avversari, all'interno della Segreteria di Stato, i sacerdoti favorevoli al "no" sarebbero invece almeno il 20 per cento dei sacerdoti italiani.

Ferrara 30 aprile. La LID e il Partito Radicale hanno deciso di presentare alla magistratura una denuncia contro l'arcivescovo di Comacchio e Ferrara Mons. Mosconi per aver fatto affiggere all'interno delle chiese della diocesi un manifesto con l'ingiunzione ai fedeli di votare "sì" al referendum. L'esposizione di un manifesto all'interno delle chiese viola l'art. 98 del testo unico delle leggi elettorali (Decreto Presidenziale del 30 marzo 1957 n. 361). Il professor Gabrio Lombardi, a cui Marco Pannella ha pubblicamente mostrato il manifesto, nel corso di un di battito a Mantova, chiedendogli se non gli sembrasse chiaramente illegittimo, ed in aperta violazione delle norme concordatarie e di legge, ha riconosciuto che si è trattato di una iniziativa "quanto meno inopportuna".

Ferrare 30 aprile. Alcuni militanti radicali e i direttori di "Liberazione", Marco Pannella e Vincenzo Zeno, sono stati denunciati per vilipendio della religione e per vilipendio di Capo di Stato estero (Paolo VI) per la diffusione di alcuni manifestini, pubblicati come "supplemento" di "Liberazione", in cui erano riprodotte le vignette di Marina Ventura già in precedenza apparse sul quotidiano radicale e su "Il Mondo". Il vilipendio del Capo di Stato estero è stato individuato in una vignetta che aveva come protagonista un prelato nell'atto di predicare: "In quest'anno di austerity... troppi stenti dovrà subire il popolo di Dio... l'unico calore verrà dalla grazia dell'anno santo ...mi chiamano ``Paolo il caldo''".

Ferrara 30 aprile. Un gruppo di militanti radicali e dalla LID è stato denunciato per colletta pubblica. Dopo aver istituito il finanziamento pubblico a favore della corporazione dei partito rappresentati in Parlamento, il regime intende così impedire e punire l'unica forma pulita di finanziamento di cui dispongano le forze politiche alternative.

Roma 30 aprile. A Roma è stato impedito alla LID di affiggere alcuni striscione favorevoli al "No"; tale diritto spetta soltanto, infatti, al comitato di Gabrio Lombardi e ai partiti.

Pordenone 30 aprile. Per il sindaco di Pordenone - il democristiano Giacomo Ros - il sen. Pella e la Sacra Rota sono "osceni e pornografici". Improvvisatosi commissario di P.S., il sindaco clericale ha ordinato a quattro vigili urbani di sequestrare un cartello esposto dalla locale associazione radicale in cui veniva riportata la deposizione dell'ex Presidente del Consiglio nella causa di annullamento rotale del matrimonio della figlia Vanda. Quel matrimonio fu annullato perché "non consumato" nonostante la signora Vanda fosse madre di una bimbetta. Il manifesto, contenente altri particolari sugli annullamenti rotali cui ricorrono i notabili democristiani e fascisti è - secondo l'avv. Ros - "osceno e pornografico". Immediatamente sostituito, il manifesto, contenente questa volta anche la notizia dell'abusivo sequestro, è stato nuovamente sequestrato dai vigili urbani del democristiano e antidivorzista avv. Ros.

I radicali di Pordenone hanno esposto un terzo cartello ed hanno denunciato il sindaco per furto ed abuso di atti d'ufficio. I consiglieri comunali dei partiti laici hanno presentato interrogazioni.

L'avv. Mellini, che ha redatto la denuncia a carico del sindaco, ha dichiarato che se la denuncia per atti osceni contro i militanti radicali sarà portata avanti all'autorità giudiziaria, chiederà la citazione come testimoni del sen. Pella, di sua figlia Vanda, del Presidente del Tribunale ecclesiastico del vicariato di Roma, mons. Magliocchetti, e dell'estensore della sentenza ritenuta oscena, mons. Severino Alvarez Mendez. intanto la stazione TVbox di Udine, Tele-R, ha registrato una lunga intervista, sulla campagna del referendum e sulla iniziativa degli otto referendum abrogativi, con il prof. Angiolo Bandinelli, del partito radicale. La registrazione verrà proiettata fino al 12 maggio presso numerosi punti di ascolto delle provincie di Udine, Pordenone e Trieste.

Roma 3 maggio. Una lettera della presidenza della LID è stata inviata alle segreterie dei partiti laici e ai direttori di alcuni giornali, in particolare del "Messaggero" e di "Paese Sera", per protestare contro la censura che è stata riservata alle prese di posizioni favorevoli al "No" di don Prunas Tola, collaboratore del cardinale Pellegrino, e di don Marco Bisceglia che ha fornito una dura risposta a nome di una parte del clero meridionale alle imposizioni della CEI. Una uguale censura è stata riservata alla notizia della prima presa di posizione favorevole al "No" venuta da una suora, Marisa Galli, e - ciò che è più grave - alla notizia della sospensione, decretata dal vescovo moniale (preposto ai monaci), dalle sue funzioni di coordinatrice delle religiose degli istituti assistenziali dell'Emilia Romagna.

Tacere queste notizie, ignorarle e censurarle significa soltanto lasciare solo che si trova alle prese con un potere ecclesiastico che vuole abrogare il 12 maggio, insieme con il divorzio, anche ogni forma di cristianesimo critico e rinnovatore, animato da autentico spirito evangelico.

 

L'appello clandestina

NOTIZIE RADICALI 1 giugno

SOMMARIO: Tutta la stampa italiana ignora l'appello promosso da prestigiose personalità a favore degli obiettivi del digiuno del segretario della LID Marco Pannella. Viene pubblicato a pagamento solo sul Messaggero. Marco Pannella ha intrapreso il digiuno il 3 maggio per chiedere che la LID possa difendere per almeno un quarto d'ora alla televisione il suo punto di vista sul divorzio, che il Parlamento esamini la proposta di legge sull'aborto, che il Presidente Leone ricevi una delegazione della LID e del Pr e che sia garantita la linea laica de IL MESSAGGERO. Tra i firmatari dell'appello: Antonio Baslini, Arrigo Benedetti, Adriano Buzzati-Traverso, Giuseppe Branca, Guido Calogero, Alberto Dall'Ora, Alessandro Galante Garrone, Fausto Gullo, Riccardo Lombardi, Eugenio Montale, Alberto Moravia, Aurelio Peccei, Carlo Pucci, Stefano Rodotà, Ignazio Silone, Umberto Terracini, Ruggero Orlando, Raffaele Vanni, Renato Altissimo.

Roma, 1° giugno (N.R.)

Gli obiettivi e le richieste che sono ragione del nuovo digiuno che il Segretario Nazionale della L.I.D. Marco Pannella conduce dal 3 maggio corrispondono, nella loro precisione ed umiltà, a comportamenti naturali e obbligati delle più classiche e tradizionali istituzioni democratiche.

E' uno scandalo per il semplice buon senso e per la civiltà del paese, che debbano invece essere ancora oggi oggetto di una lotta, per giunta tanto esemplare sul piano civile quanto grave sul piano morale, che mette in causa l'esistenza stessa di chi difende con rigore esigenze comuni a tutti i democratici.

Tutti i precedenti digiuni di Marco Pannella e dei suoi compagni si sono sempre risolti nell'accoglimento pieno, ma intollerabilmente tardivo, delle loro rivendicazioni, proprio perché sempre volte a restaurare norme e comportamenti legali, legittimi e corretti lì dove venivano omessi e colpiti.

Rivolgiamo quindi un pressante e rispettoso appello al Presidente della Repubblica, al Presidente della Camera, agli organi preposti alla gestione pubblica dell'informazione parlata e scritta, perché vengano immediatamente accolte le richieste avanzate nell'interesse stesso della vita democratica e delle istituzioni repubblicane.

Questo appello è stato diffuso dai suoi promotori il 25 maggio. La stampa italiana, quotidiana e settimanale democristiana e no, ha rifiutato di raccoglierlo e di informarne finora l'opinione pubblica, malgrado la gravità del suo contenuto e il prestigio dei suoi firmatari. Perché?
Allo "scandalo" che l'appello denunciava, s'aggiunge altro scandalo, altrettanto grave e sintomatico.

Questa pubblicità rappresenta dunque l'estremo tentativo perché una responsabile battaglia democratica contro la violenza e l'arroganza delle istituzioni venga conosciuta e giudicata, approvata o condannata dai cittadini, in nome dei quali viene condotta. Gli obiettivi del PR e della LID che Marco Pannella con il suo persistente e ormai drammatico digiuno intende appoggiare, non sono altro che dei nuovi "no", più modesti ma non meno necessari di quello del 13 maggio, contro i soprusi e i pericoli che minacciano i diritti civili di tutti.

1) Chiediamo, dal 1° marzo 1974, che la LID abbia almeno un quarto d'ora, dopo otto anni di lotte politiche nazionali, popolari e vincenti, per difendere alla Rai-Tv il suo punto di vista e le sue battaglie; e che venga rispettato il diritto dei cittadini italiani di conoscere - come centinaia di milioni di stranieri - il volto, la parola e la vicenda comunque esemplare di Dom Franzoni.

2) Chiediamo che il Parlamento, dinanzi all'orrendo flagello dell'aborto clandestino di massa, compia finalmente il suo dovere e assolva le sue funzioni prendendo in esame il progetto Fortuna di nuova regolamentazione dell'aborto che è stato presentato da oltre sedici mesi, votandolo e confermando invece l'attuale legislazione, se se ne è soddisfatti.

3) Chiediamo che il Presidente della Repubblica accordi un semplice udienza, fra le centinaia d'altre, udienza richiesta già dal 10 aprile, alla LID e al PR per esporgli gravissimi attentati contro i diritti costituzionali del cittadino ed i doveri istituzionali.

4) Chiediamo che la nuova proprietà de "Il Messaggero" confermi anche alla LID e al PR che non vi saranno mutamenti nell'informazione che li riguardi, né censure né discriminazioni nell'ambito della linea laica formalmente assicurata al giornale.

Perfino la notizia di queste nostre elementari richieste cui si riferisce l'appello che pubblichiamo, è stata rigorosamente censurata. Questo appello noi lo estendiamo in modo pressante a tutti i cittadini laici perché ci sostengano se non vogliono anche essi che nel giro di pochi giorni o settimane la LID e il PR siano ormai definitivamente "abrogati", colpevoli solo di aver più di ogni altro concorso alla vittoria del 12 maggio, di aver sempre difeso in modo pacifico e civile i diritti di ogni minoranza e dei cittadini. Senza il loro aiuto saremo ben pesto politicamente assassinati dal regime.

Chiediamo a tutti di appoggiare le nostre richieste perché vengano finalmente accolte e un immediato consistente sostegno e contributo finanziario. Non abbiamo infatti altro che debiti e la speranza nella solidarietà democratica dei democratici e degli umili come noi.

I contributi possono essere inviati o portati alla LID, via di Torre Argentina, 18 tel. 6541732 o 653371 o con versamenti di ccp 1/50604 intestati a LID. Fatelo oggi stesso, o al più presto. Grazie.

Da domani altri dieci radicali si assoceranno al digiuno di Marco Pannella.

Antonio Baslini, Arrigo Benedetti, Adriano Buzzati-Traverso, Giuseppe Branca, Guido Calogero, Alberto Dall'Ora, Alessandro Galante Garrone, Fausto Gullo, Riccardo Lombardi, Eugenio Montale, Alberto Moravia, Aurelio Peccei, Carlo Pucci, Stefano Rodotà, Ignazio Silone, Umberto Terracini, Ruggero Orlando, Raffaele Vanni.

Renato Altissimo (deputato PLI), Nino Antonicelli (direttore d'orchestra), Vittorio Antonellini (direttore d'orchestra), Franco Antonicelli (senatore della sinistra indipendente), Piero Argento (direttore d'orchestra), Dino Asciolla (violinista), Arnaldo Apostoli (violinista), Amedeo Baldovino (violoncellista), Vincenzo Balzamo (deputato PSI), Camillo Benevento (segretario confederale della UIL), Carlo Bernari (scrittore), Vera Bertinetti (regista), Bernardo Bertolucci (regista), Walter Binni (professore di letteratura italiana all'Università di Roma), Gianni Bisiac (regista), Giorgio Bogi (deputato PSI), Maurizio Bonicatti (musicista), Dino Bonzano (cons. comunale MOV. LIB. Democratico di Milano), Tino Brass (regista), Palma Bucarelli (dir. galleria naz. arte moderna), Valentino Buochi (compositore), Ginacarlo Bugli (artista), Gianpaolo Bultrini (giornalista), Adele Cambria (giornalista), Bruno Capanella (direttore d'orchestra), Massimo Caprara (giornalista), Nino Carloni (dir. società aquilana concerti), Pina Carmirelli (violinista), Concetto Carone (segretario regionale del PSI), Giuseppe Catalano (giornalista), Venerio Cattani (magistrato), Liliana Cavani (regista), Camilla Cederna (giornalista), Paolo Centurioni (musicista), Marco Cesarini Sfrorza (giornalista), Franco Galluppi (del PSI), Emma Contestabile (pianista), Luciana Corda (scenografa), Elena Croce (scrittrice), Luigi Dallapiccola (compositore), Massimi De Bernard (musicista), Franco De Cataldo (avvocato), Bianca Maria De Jaco (avvocato), Franco Di Gesi (dep. del PSDI), Piero D'Orazio (pittore), Tita Falchi (avvocato), Piero Farulli (violinista), Franco Ferrarotti (prof. di Scosciologia all'Università di Roma), Jaja Fiastri (regista), Raffaele Fiengo (giornalista), Giorgio Fioco (prof. di scienze alla università di Firenze), Barillà (direzione del PSDI), Censi (della gioventù del PSDI), Carlo Frajese (direttore d'orchestra), Corrado Penta (musicista), Dario Fo (attore), Piero Gadda Conti (scrittore), Giorgio Galli (giornalista), Suor Marisa Galli (dir. 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VIOLENZA DELL'ANTIFASCISMO

Pier Paolo Pasolini

Corriere della Sera del 16 luglio 1974

SOMMARIO: L'unico a scrivere un articolo di analisi del digiuno che Marco Pannella sta conducendo da oltre 70 giorni (Gli obiettivi: diritto d'accesso della LID alla Tv nel dibattito relativo al referendum sul divorzio; udienza del Presidente della Repubblica Leone; discussione alla Camera della proposta di depenalizzazione dell'aborto; garanzie sulla linea laica de Il Messaggero), Pier Paolo Pasolini afferma che alla base di ogni iniziativa radicale vi è il rispetto sacrale per la persona e il rifiuto di ogni forma di potere. E' in questo l'aspetto scandaloso della prassi politica radicale che trova nella nonviolenza la sua espressione più coerente. Ma al di là di un apparente velleitarismo verbale, vi è una prassi di assoluto realismo. Lo dimostra la sfida degli otto referendum indetti dal Pr.

Marco Pannella è a più di settanta giorni di digiuno: è giunto allo stremo; i medici cominciano a esser veramente preoccupati e, più ancora, spaventati. D'altra parte non si vede la minima possibilità oggettiva che qualcosa di nuovo intervenga a consentire a Pannella di interrompere questo suo digiuno che può ormai divenire mortale (va aggiunto poi che un'altra quarantina di suoi compagni si sono man mano associati con lui a digiunare).
Nessuno dei rappresentanti del potere parlamentare (quindi sia del governo che dell'opposizione) sembra, neanche minimamente, disposto a "compromettersi" con Pannella e i suoi compagni. La volgarità del realismo politico sembra non poter trovare alcun punto di connessione col candore di Pannella, e quindi la possibilità di esorcizzare e inglobare il suo scandalo. Il disprezzo teologico lo circonda. Da una parte Berlinguer e il Cc del Pci; dall'altra i vecchi potenti democristiani. Quanto al Vaticano, è molto tempo ormai che lì i cattolici si sono dimenticati di essere cristiani.

Tutto ciò non meraviglia, e vedremo il perché. Ma a cogliere il messaggio di Pannella sono renitenti, scettici e vilmente evasivi anche i "minori" (cioè quelli che hanno "minore potere": per esempio i cosiddetti "cattolici del no"; oppure i progressisti più liberi (che intervengono in appoggio di Pannella solo in quanto "singoli", non mai come rappresentanti di partiti o gruppi).

Ora, ti meraviglierai profondamente, lettore, nel conoscere le iniziali ragioni per cui Pannella e altre decine di persone hanno dovuto adottare questa estrema arma del digiuno, in tale stato di disinteresse, abbandono, disprezzo. Nessuno infatti "ti ha informato", fin da principio e con un minimo di chiarezza e di tempestività, di tali ragioni: e certamente, vista la situazione che ti ho qui delineato, immaginerai chissà quali scandalose enormità. Invece, eccole: "1) la garanzia che fosse concesso dalla Rai-Tv un quarto d'ora di trasmissione alla Lid e un quarto d'ora a Dom Franzoni; 2) la garanzia che il presidente della Repubblica concedesse un'udienza pubblica ai rappresentanti della Lid e del Partito radicale, che l'avevano inutilmente richiesta e sollecitata da oltre un mese; 3) la garanzia che fosse presa in considerazione dalla commissione sanità della Camera la proposta di legge socialista sulla legalizzazione dell'aborto; 4) la garanzia che la proprietà del "Messaggero" assicurasse non una generica fedeltà ai principi laici del giornale, ma l'informazione laica e in particolare il diritto all'informazione delle minoranze laiche".

Si tratta, come vedi, di una richiesta di garanzie di normalissima vita democratica. La loro "purezza" di principio non esclude stavolta la loro perfetta attuabilità. Vista, ripeto, la totale mancanza di informazione in cui "tutta" la stampa italiana ti ha lasciato in proposito di Pannella e del suo movimento, non ci sarebbe da meravigliarsi se tu pensassi che questo Pannella sia un mostro. Mettiamo una specie di Fumagalli, Le cui richieste siano "comunque" e "aprioristicamente" da non prendere in considerazione.

Ebbene, tanto per cominciare, ti dirò che, secondo il principio democratico cui pannella non deroga mai, lo stesso Fumagalli, che ho nominato "pour cause", avrebbe diritto di essere preso in considerazione nel caso che avanzasse richieste del genere "formale" di quelle avanzate dai radicali. Il rispetto per la persona - per la sua configurazione profonda alla quale un sentimento della libertà, la cui formalità sia intesa come sostanziale, permette di articolarsi ed esprimersi a un livello per così dire "sacralizzato" da una ragione laica, rispetto anche alle più degradate idee politiche concrete - è per Pannella il "primum" di ogni teoria e di ogni prassi politica. In questo consiste il suo essere scandalo.

Uno scandalo inintegrabile, proprio perché il suo principio, sia pure in termini schematici e popolari, è sancito dalla Costituzione. Questo principio politico assolutamente democratico è attualizzato da Pannella attraverso l'ideologia della nonviolenza. Ma non è tanto la nonviolenza fisica che conta (essa può anche essere messa in discussione): quella che conta è la nonviolenza morale: ossia la totale, assoluta, inderogabile mancanza di ogni moralismo. ("Sosteniamo che è morale quel che appare a ciascuno"). E' tale forma di nonviolenza (che ripudia anche se stessa come moralistica) che porta Pannella e i radicali all'altro scandalo: l'assoluto rifiuto di ogni forma di potere e la conseguente condanna ("non credo al potere, e ripudio perfino la fantasia se minaccia d'occuparlo"). Frutto dell'assoluta e quasi ascetica purezza di questi principi, che si potrebbero definire "metapolitici", è una straordinaria limpidezza dello sguardo posato sulle cose e sui fatti: esso infatti non incontra né l'oscurità involontaria dei pregiudizi né quella voluta dei compromessi.

Tutto è luce e ragione intorno a tale sguardo, che dunque, avendo come oggetto le cose e i fatti storici e concreti - e il conseguente giudizio su di essi - finisce col creare le premesse dell'inaccettabilità scandalosa, da parte della gente-bene, della politica radicale ("lungo l'antifascismo della linea Parri-Sofri si snoda da vent'anni la litania della gente-bene della nostra politica"; "...dove sono mai i fascisti se non al potere e al governo? sono i Moro, i Fanfani, i Rumor, i Pastore, i Gronchi, i Segni e - perché no? - i Tanassi, i Cariglia, e magari i Saragat, i La Malfa. Contro la politica di costoro, lo capisco, si può e si deve essere antifascisti..."). Ecco, a questo punto, suppongo, caro lettore, che ti sia chiaro lo "scandalo" Pannella; ma suppongo anche che ti sia tentato di considerare nel tempo stesso tale scandalo come donchisciottesco e verbale. che la posizione di questi militanti radicali (la nonviolenza, i rifiuto di ogni forma di potere e così via) sia ingiallita come quella del pacifismo, della contestazione, eccetera, e che infine il loro sia mero velleitarismo, che sarebbe addirittura santo e santificabile, se le loro condanne e le loro proposte non fossero così circostanziate e così dirette "ad personam". Invece le cose non stanno affatto così. I loro principi per così dire "metapolitici" hanno condotto i radicali ad una prassi politica di assoluto realismo. E non è per tali principi "scandalosi" che il mondo del potere - governo e opposizione - ignora, reprime, esclude Pannella, fino al punto di fare, eventualmente, del suo amore per la vita un assassinio: ma è appunto per la sua prassi politica realistica. Infatti è il Partito radicale, la Lid (e il loro leader Marco Pannella) che sono i reali vincitori del referendum del 12 maggio. Ed è per l'appunto questo che non viene loro perdonato "da nessuno".

Essi sono stati i soli ad accettare la sfida del referendum e a volerlo, sicuri della schiacciante vittoria: previsione che era il risultato fatalmente concomitante di un "principio" democratico inderogabile (anche a rischio della sconfitta) e di una "realistica analisi" della vera volontà delle nuove masse italiane. Non è dunque, ripeto, un principio democratico astratto (diritto di decisione dal basso e rifiuto di ogni atteggiamento paternalistico), ma un'analisi realistica, che è attualmente l'imperdonabile colpa del Pr e della Lid. Anziché essere ricevuti e complimentati dal primo cittadino della Repubblica, in omaggio alla volontà del popolo italiano, volontà da essi prevista, Pannella e i suoi compagni vengono ricusati come intoccabili.

Invece che apparire come protagonisti sullo schermo della televisione, non gli si concede nemmeno un miserabile quarto d'ora di "tribuna libera". Certo il Vaticano e Fanfani, i grandi sconfitti del referendum, non potranno mai ammettere una simile esistenza. Pannella viene dunque "abrogato" dalla coscienza e dalla vita pubblica italiana. a questo punto la vicenda si conclude con un interrogativo. La possibilità di digiunare di Pannella ha un limite organico drammatico. E niente lascia presumere ch'egli voglia abbandonare. Cosa stanno facendo gli uomini o i gruppi di potere in grado di decidere della sua sorte? Fino a che punto arriverà il loro cinismo, la loro impotenza o il loro calcolo? Non gioca poi certo a favore della sorte di Pannella il fatto che essi a questo punto abbiano ben poco da perdere, il loro unico problema essendo, ora, salvare il salvabile, e prima di tutto se stessi. La realtà gli si è votata contro; la braca vaticana, dentro la quale contavano di condurre a termine al sicuro l'intera traversata del pelago della loro vita, minaccia seriamente di affondare; le masse italiane sono nauseate di loro, e si sono fatte, sia pure ancora esistenzialmente, portatrici di valori con cui essi hanno creduto di scherzare, e che invece si sono rivelati i veri valori, tali da vanificare i grandi valori del passato e da trascinare in una sola rovina fascisti e antifascisti (di oggi). Anche il minimo che poteva essere loro richiesto, cioè una certa capacità di amministrare, si rivela una atroce illusione: illusione di cui gli italiani dovranno ben accorgersi, perché - come i valori del consumo e del benessere - dovranno viverla "nel proprio corpo". Sono le sinistre che devono intervenire. Ma non si tratta di salvare la vita di Pannella. E tantomeno di salvargliela facendo in modo che le quattro piccole "garanzie" che egli chiedeva e le altre che ora si sono aggiunte vengano prese in considerazione. Si tratta di prendere in considerazione l'esistenza di Pannella, del Pr e della Lid. E la circostanza vuole che l'esistenza di Pannella, del Pr e della Lid coincidano con un pensiero e una volontà di azione di portata storica e decisiva. Che coincidano cioè con la presa di coscienza di una nuova realtà del nostro paese e di una nuova qualità di vita delle masse, che è finora sfuggita sia al potere che all'opposizione. Pannella, il Pr e la Lid hanno preso coscienza di questo con totale ottimismo, con vitalità, con ascetica volontà di andare fino in fondo: ottimismo forse relativo o almeno drammatico per quanto riguarda gli uomini, ma incrollabile per quanto riguarda i principi (non visti come astratti né moralistici).

Essi propongono otto nuovi referendum riuniti praticamente in uno solo): e lo propongono ormai da anni, in una cosciente sfida a quello proposto dalla destra clericale (e finito con la più grande vittoria democratica della recente storia italiana). Sono questi otto referendum (abrogazione del Concordato fra Stato e Chiesa, degli annullamenti ecclesiastici, dei codici militari, delle norme contro la libertà di stampa e contro la libertà di informazione televisiva, delle norme fasciste e parafasciste del codice, tra cui quelle contro l'aborto, e infine l'abrogazione del finanziamento pubblico dei partiti), sono questi otto referendum che stanno a dimostrare, in quanto ideazione concreta e progetto di lotta politica, la visione realistica di Pannella, del Pr e della Lid (...)

 

PERCHÉ DIGIUNIAMO

di Paola Fallaci

ANNABELLA, 10 agosto 1974

Vi presentiamo, insieme con Marco Pannella, le donne che fanno lo sciopero della fame perché venga esaminata la proposta di legge Fortuna sull'interruzione di gravidanza. Si battono anche perché venga approvato entro l'anno il nuovo diritto di famiglia

"Pannella, lo sa che da quando l'ho sentita in TV mi sono innamorata di lei?"
"Lo dicevo io che la TV è un mezzo pericolosissimo: stà a vedere che mi ritrovo sposato...".

Non mi sono sentita di affrontare Marco Pannella come i miei colleghi maschi i quali parlano di lui o come di un santo (se ne condividono gli ideali) o come di un mascalzone (se sono iscritti al PCI). Secondo me, Pannella alle donne fa un effetto speciale e non soltanto perché è un gran bell'uomo (lo sa, bisogna vedere come sgrana gli occhioni in tinta con la camicia celeste), ma soprattutto perché è l'unico che lotti veramente, sinceramente per loro. Infatti, se ora è secco come un chiodo, se i battiti del suo cuore sono calati da 84 a 48, se perde i capelli, se gli si sfogliano le unghie, se dovrà portare gli occhiali, se gli si decalcificano i denti è perché fa lo sciopero della fame e fa lo sciopero della fame per chiedere molte cose importanti per tutti, ma soprattutto due cose importantissime per le cittadine di questo paese: che venga approvato entro l'anno il nuovo diritto di famiglia, e che venga tolta dall'insabbiamento la legge che consente l'aborto legale.

Ecco, la cosa che rende Marco Pannella speciale è proprio questa: che si occupa dei nostri problemi con rischio e passione. E un'altra: contrariamente agli altri uomini che, quando portano avanti una battaglia per le donne, lo fanno per un secondo fine, lui lo fa proprio per noi, sa benissimo che non è colpa nostra se ogni anno siamo costrette, a migliaia, ad abortire. Si può quindi ignorarlo?
A causa di questo sono qui a intervistarlo e se l'inizio è scherzoso non è perché gli voglio mancare di rispetto o non lo stimo, ma semplicemente perché non mi ha fatto un'impressione tragica (sebbene il suo digiuno ormai sia tragico: dura dal 3 maggio con cinque giorni di sospensione, dal 20 al 25 luglio), ma un'impressione di grande allegria: m'è parso davvero uno che vuole "rischiare di vivere e non di morire".
Dunque, innanzitutto, vi voglio dire com'è: altissimo, almeno 1 e 90, capelli grigi, occhi celesti messi regolarmente in risalto da indumenti celesti. Bel vocione baritonale. Abruzzese d'origine, mamma francese. Infanzia rigorosa, ordinatissima. Scapolo. Fuma le Celtique. Vive in una soffitta di via della Panetteria a Roma: la porta piena di sbarre perché ogni poco la rompono per fare le perquisizioni; le stanze piene di libri; se piove è anche piena d'acqua, però di solito è piena di gente. Dice le parolacce, la più gentile è "va coperto di guano". Il guano lo butta invariabilmente sulla classe politica "arrogante e incapace". Ex-leader del più piccolo partito politico italiano: quello radicale. Fondatore della LID (Lega italiana per il divorzio), vincitore morale del referendum del 12 maggio.

"Senta Pannella, ma questo suo digiuno servirà davvero a scuotere la classe politica, a far passare quelle leggi democratiche che aspettiamo da anni?"

"Sì, serve, come servono le marce, i manifesti con migliaia di firme. Le donne mi seguono, i giovani pure, gli obiettori di coscienza si consolano. meglio delle bombe, no?".

"Fra le altre, lei conduce la battaglia per l'aborto gratis in un ospedale. Ma non è una battaglia persa?"

"No, ma dovranno passare anni prima che la legge venga approvata, e milioni di donne dovranno seguitare a bucarsi coi ferri da calza".

"E seguiteranno a venire processate. Come le 263 donne di Trento. Ma che possono fare?"

"Devono trasformarsi da accusate in accusatrici, altro che nascondersi! devono rivendicare il loro diritto a essere tratte umanamente! Devono protestare usando le armi che hanno: per esempio inondando di telegrammi di protesta gli uomini politici...".

"Le donne come possono aiutare Pannella che digiuna per loro? Forse digiunando a loro volta?"

"Ma no, anche se questo lo fanno già in tante, e non per aiutare me, per aiutare le altre donne e quindi ancora se stesse... C'è Fausa La Penna, c'è Marisa Magli, Costanza Lopez, Marisa Poliani, Eugenia e Wanda Roccella... tante altre...".

Fausta Mancini La Penna è una giovanissima donna di 72 anni. Vive a Cervignano del Friuli. Ha fatto lo sciopero della fame da sola, per 18 giorni. Dice: "Dapprima avevo feroci mal di testa, poi mi sono abituata, ho scoperto che il digiuno dà una grande carica spirituale. Fra tutti gli obbiettivi di Pannella, quello che mi sembra più importante è la legalizzazione dell'aborto perché le donne ne hanno urgente bisogno. Ci sono situazioni a cui assisto che mi straziano il cuore, conosco una ragazza mongoloide che viene violentata dallo zio e ha già due bambini come lei. Se ci fosse l'aborto...".

Marisa Magli vive in Svizzera, è un'ex-suora, l'hanno costretta a lasciare l'abito da quando s'è schierata dalla parte dei divorzisti con un articolo pubblicato sul "Mondo". Costanza Lopez è bellissima, ma il digiuno di 40 giorni le ha lasciato un tic strano e un pallore tremendo. Ha ripreso lo sciopero della fame contemporaneamente a Pannella (la loro dieta giornaliera è di 4 cappuccini con complessivi 8 cucchiaini di zucchero e 7 litri d'acqua), e le sue condizioni sono altrettanto preoccupanti. "I primi giorni sono stata male, poi mi pareva di essermi abituata. Al trentesimo giorno, il latte non lo reggevo più, così mi nutrivo soltanto di acqua e vitamine. Quando ho mangiato di nuovo, una mozzarella, un pomodoro e una pesca, ero emozionatissima... Ora ho ricominciato, perdo molti capelli, sto male, ma tiro avanti: la legalizzazione dell'aborto è più importante di me".

Marisa Poliani, 40 giorni di sciopero della fame anche lei: "Ora ho sempre mal di testa, mi pare di avere continuamente la febbre. Dopo 15 giorni avevo tremende crisi depressive, forse perché continuavo a lavorare anziché stare distesa a dormire, a riposare. Sono stata anche ricoverata in ospedale. Oltre al mal di testa, m'è rimasto un grande schifo per il cibo, riesco a mangiare poco".
Wanda ed Eugenia Roccella sono madre e figlia. Militanti tutte e due nell'MLD: hanno digiunato e raccolto un numero enorme di firme per l'aborto ottenendo un primo importante risultato: che fossero nominati i relatori della proposta di legge Fortuna sull'aborto legale.
"Le donne capiscono il discorso sull'aborto ancora meglio di quello sul divorzio, perché lo vivono quotidianamente".

 

PRIMO SUCCESSO CONTRO LA VIOLENZA

20.7.74 NR

La sala è stracolma di gente quando Marco Pannella annuncia che, tenendo conto dei consigli dei compagni e degli amici e delle preoccupazioni dei medici, sospende il digiuno per riprenderlo ad oltranza il 25 luglio. Ci sono autorevoli parlamentari, vecchi compagni radicali, uomini di cultura, ma anche molte persone mai viste alle nostre riunioni e che hanno seguito la vicenda del digiuno sui giornali. Vicino a Marco, alla Presidenza, hanno preso posto Riccardo Lombardi ed Elena Croce, Franco De Cataldo e Gianfranco Spadaccia, Aldo Aiello e Fabrizio Cicchitto, della delegazione del PSI che ha trattato e collaborato con il Partito Radicale e la LID, Alessandro Perrone, Antonio Baslini. Seduto in fondo alla sala c'è Ferruccio Parri. In piedi fra la folla c'è Umberto Terracini, ci sono l'ex presidente della Corte Costituzionale Giuseppe Branca, l'on Signorile, della direzione del PSI che è stato poche ore prima designato relatore del progetto di legge sull'aborto, il giornalista Lucio Manisco, Pier Paolo Pasolini, il regista Franco Rosi, Paola Pitagora, don Luigi Sandri, direttore di Com, la professoressa Levi Montalcini, Lelio Luttazzi, la direttrice di "La nuova Tribuna" Beatrice Rangoni Machiavelli, il socialdemocratico, Galuppi, alcuni parlamentari, molti giornalisti della stampa italiana e straniera. Molti che non sono potuti intervenire, trattenuti da altri impegni, hanno mandato telegrammi o lettere. De Cataldo legge una lettera di Giacomo Mancini: "Caro Marco, la riunione del Consiglio dei ministri che si svolge contemporaneamente alla tua conferenza stampa, non mi consente, come invece avrei voluto, di venirti ad ascoltare. Tu conosci con quanto interesse e con quanta simpatia tutti i socialisti italiani hanno seguito la tua coraggiosa azione per le libertà civili e sai anche che la mia solidarietà continua ad esserti completa. Nell'augurare a te, agli amici e ai compagni che in numero sempre crescente condividono l'impegno per il rinnovamento della società, ti invio i miei più affettuosi abbracci".

Marco comincia a parlare alle 11,30 e continuerà per un'ora. Il suo discorso è un bilancio di questi 78 giorni di digiuno e di lotta, un esame analitico dei risultati raggiunti e di quelli per i quali occorre ancora impegnarsi duramente. A convincerlo a sospendere per alcuni giorni il digiuno non sono soltanto le preoccupazioni dei medici e degli amici, c'è anche la valutazione dei primi, parziali, successi e la considerazione che occorre far maturare i consensi che cominciano a manifestarsi fra le forze politiche democratiche.

L'udienza del Presidente della Repubblica, l'intervento finalmente trasmesso il giorno precedente dalla RAI-TV possono aver dato all'opinione pubblica la sensazione che gli obiettivi del digiuno sono stati raggiunti. Non è così. Solo due punti non fanno più parte del pacchetto degli obiettivi della LID e del P.R. (quello relativo alla RAI-TV e quello relativo alla continuità della linea laica del "Messaggero", che è stato lasciato cadere). Su tutti gli altri punti non sono state ancora ottenute garanzie. Per questo il 25 luglio riprenderà il digiuno "ad oltranza" e inviterà gli altri compagni a riprenderlo con lui soltanto dopo aver valutato bene le responsabilità e i rischi. Si entrerà cioè in una fase dura e conclusiva della prova di forza che si è cominciata da tre mesi con le istituzioni per ottenere il rispetto dei diritti delle minoranze e la restaurazione, nei comportamenti parlamentari, della legalità repubblicana. Già il 24 giugno, nel dichiarare che il digiuno sarebbe stato condotto ad oltranza, aveva valutato in tuta la sua gravità questa affermazione. "Non ho problemi di orgoglio e di coerenza formale e quindi, se ritenessi di aver sbagliato nelle mie valutazioni o se fossi stato convinto da diverse ed opposte ragioni, potrei oggi riconoscerlo tranquillamente e annunciare puramente e semplicemente l'interruzione del digiuno. Così non è. Le pressioni e le preoccupazioni degli amici non sono quindi motivo sufficiente per farmi recedere dalla lotta che insieme abbiamo intrapreso".

Pannella è estremamente polemico, ancora una volta, con la stampa di regime. "Attorno ai radicali e ai nonviolenti c'è oggi un interesse che ieri non c'era. Ma l'attenzione per il digiuno e per il digiunatore è diventato un motivo di più per censurare le notizie sugli obiettivi di questa lotta che è una lotta collettiva". E' un motivo di più per tacere di altri fatti: delle repressioni ecclesiastiche contro Marisa Galli, la suora del "no", e contro Don Marco Bisceglia; della ritrattazione a cui è stato costretto Don Alberto Prunas Tola, tutti e tre colpevoli di aver accettato di scrivere durante il referendum sulla pagina concessa dal "Mondo" alla LID. Marisa Galli, allontanata dal suo Ordine e dall'istituto assistenziale che dirigeva a Igea Marina, è stata costretta a trasferirsi a Ginevra per trovare lavoro e non è presente alla conferenza stampa. Sono invece presenti, accolti dagli applausi di solidarietà dei presenti, Don Marco e Don Alberto.

Pannella respinge le accuse di esercitare, in forme non-violente, una violenza morale o un ricatto politico. Quando chiediamo il rispetto dei diritti delle minoranze, quando chiediamo al Parlamento di fissare un termine per il dibattito e il voto sul diritto di famiglia e sul voto ai diciottenni, e di assicurare, rispettando i propri regolamenti, l'avvio del dibattito per la legge sull'aborto, noi non cerchiamo di imporre nostre posizioni particolari, o nostre richieste di tipo corporativo. "Le istituzioni di cui chiediamo che sia assicurato il funzionamento, non sono le nostre istituzioni; la legalità di cui chiediamo il rispetto non è la nostra legalità; un libertario, un nonviolento è realmente tale quando si muove nel quadro di una legalità che non è la propria ma quella nella quale assumono di agire politicamente e da cui traggono la propria legittimità i propri avversari".

Sono stati quindi confermati tutti gli obiettivi di lotta del P.R. e della LID.
Per la riforma del diritto di famiglia e il voto ai diciottenni la lotta si concluderà soltanto quando i Presidenti delle due Camere assicureranno, come già avviene per il divorzio e per l'obiezione di coscienza, che l'iter parlamentare delle due leggi sarà completato, fino al voto definitivo, prima della fine dell'anno.

E' la richiesta che avanza ormai il PSI. L'on. Manca ha fatto pervenire alla presidenza un preciso comunicato in questo senso della segreteria socialista: "La segreteria del PSI ha invitato i presidenti dei gruppi parlamentari Mariotti e Zuccalà a promuovere le iniziative necessarie per accelerare l'iter parlamentare della legge sul diritto di famiglia e di quella sul voto ai diciottenni. I rappresentanti del PSI, nella conferenza dei capigruppo, solleciteranno un impegno da parte dei Presidenti della Camera e del Senato a fare tutto il possibile perché entrambe le leggi, sulle quali non risulta che esistano opposizioni di principio da parte di alcun gruppo, siano discusse e votate entro l'anno".
Analoghe sono le dichiarazioni di volontà espresse dalle altre forze politiche, ma devono essere tradotte ancora in conseguenti decisioni operative. Per l'aborto si chiede, oltre alla nomina del relatore e all'iscrizione all'ordine del giorno, anche la fissazione dei tempi entro i quali, a discrezione delle commissioni sanità e giustizia, dovrà svolgersi il dibattito in sede referente.

Per quanto riguarda la richiesta d'udienza al Presidente della Repubblica, essa rimane confermata. Ma esiste un "impasse". Esiste un contrasto fra una prassi, che il Presidente non ritiene di dover innovare, e un principio che noi riteniamo giusto riaffermare. "Il problema, per noi, non è quello di veder prevalere la nostra posizione. LID e P.R. proporranno alle forze politiche la ricerca di una soluzione regolamentata, che consenta al Presidente della Repubblica di acquisire come propri strumenti conoscitivi, in determinati casi, e con determinate modalità, anche l'opinione e le istanze delle minoranze politiche non parlamentari. A tal fine, saranno presi contatti anche con il segretario generale della Presidenza della Repubblica".

Pannella conferma anche gli altri punti: la richiesta di colloqui ad Agnelli e Cefis, la presentazione di un progetto di legge che preveda pene elevatissime per gli esportatori di capitali, la richiesta di una pagina di pubblicità gratuita "una tantum" per i movimenti per i diritti civili, ecc.
Sulla RAI-TV, con la quale, grazie all'interessamento e alla mediazione del PSI si è raggiunto un accordo, Pannella denuncia il comportamento scorretto dei suoi dirigenti. Il primo punto è già stato violato. Si è fatto di tutto per impedire al pubblico di conoscere la variazione dei programmi e lo svolgimento dell'intervento della LID. Ha quindi annunciato che LID e P.R. chiederanno colloqui alla commissione di vigilanza e al direttore generale dell'ente: in particolare per chiedere adeguatamente informazione sull'iniziativa del digiuno o sugli otto referendum promossi dal P.R.

 

L’estate calda del'74

Da I NUOVI RADICALI - Teodori, Ignazi, Panebianco - Mondadori, 77

Cap. V/3.

"… Il dibattito allora provocato riguardava al tempo stesso, gli obiettivi proposti dai radicali, i metodi della loro azione, l'individuo Pannella che li rappresentava e incarnava non solo simbolicamente. In tal modo la cultura politica dei nuovi radicali passava ad un primo vaglio dell'aperta discussione dopo oltre un decennio di vita marginale dovuta a ragioni di diversità ed estraneità dalle maggiori correnti politiche e politico-culturali egemoni della società civile e nella società politica italiana.
Pier Paolo Pasolini aprendo dalle colonne del Corriere il dibattito sul caso Pannella sottolineava alcuni aspetti della singolarità radicale: la nonviolenza morale e il rifiuto del potere come fatto di realismo politico nel contesto della situazione italiana ( i principi per cosi dire "metapolitici'' dei radicali li hanno condotti a una prassi politica di un assoluto realismo ), nonché la comprensione lucida di cose e fatti dovuta all'applicazione di principi metapolitici che permettevano di superare pregiudizi e compromessi della vita politica, da cui derivava lo scandalo. (28)
La validità di questo aspetto di introduzione nella politica di elementi usualmente non appartenenti ad essa veniva contestata da un interlocutore, il repubblicano Adolfo Battaglia, che giudicava utopici e non adeguati alla gravita del momento gli strumenti dell'azione di coscienza. Egli contrapponeva il realismo della politica al realismo dell'azione esemplare: lo sfacelo... [come se] i modi per superarlo... veramente consistessero nell'affrontare come temi politici, i temi dell'utopia libertaria, come se gli strumenti e i contenuti di essa potessero surrogare i canali e i contenuti imposti dalle realtà urgenti della storia del Paese . (29)
Pasolini, invece, proprio sulla base degli stessi elementi, insisteva sul respiro dell'azione radicale trattandosi di un pensiero e una volontà di azione di portata storica e decisiva. Che coincidono cioè con la presa di coscienza di una nuova realtà del nostro Paese e di una nuova qualità di vita delle masse, che e finora sfuggita sia al potere sia all'opposizione . (30)

Wladimiro Dorigo, nello stesso dibattito, portava in evidenza che accanto a due filosofie della crisi e del suo superamento, quella per cosi dire tecnocratica e quella espressa da Pci, Psi e sindacati, ne esisteva una terza facente riferimento a casi, vicende, temi di lotta e contraddizioni nuove sollevati dal basso che davano vita a un patrimonio ideale minoritario che non può non sentirsi portatore e sollecitatore di valori autentici, elementari, insurrogabili non solo come valori ma come strumenti di libertà . E sulla base di questa emergente sensibilità collettiva egli sosteneva la ragion d'essere della posizione radicale non rassegnata a fare i conti con le altre filosofie della crisi: E' qui commentava Dorigo la radice della presunzione di Marco Pannella e dei suoi compagni libertari . (31)

Alle ragioni di comprensione del nuovo radicale corrispondente anche a emergenti fattori oggettivi replicava, per il Pci, Maurizio Ferrara con due motivazioni tipiche del patrimonio ideologico comunista: la non centralità e urgenza per la vita nazionale degli specifici problemi dei diritti civili e il rifiuto di azioni e atti di minoranze come strumenti politici che non devono sostituirsi all'azione delle masse e dei partiti che le rappresentavano. (32)

Accanto ai temi dell'utopia e del realismo, della politica e non-politica, la polemica di quelle settimane si incentrava sulla base ideologica e sul patrimonio ideale dei radicali. I laici moderati sottolineavano la completa rottura dei nuovi radicali con la tradizione del precedente radicalismo degli anni cinquanta rigettando la nuova prassi radicale nel campo dello spontaneismo: La componente libertaria scriveva Spadolini (33) ha prevalso nettamente su quella liberale, sia pure liberale di sinistra che costitui il fermento vitale del movimento del "Mondo''. I filoni della contestazione si sono nettamente sovrapposti a quelli di ripensamento democratico che favori l'esordio del centro-sinistra . (34) Dallo stesso campo ideale di osservazione, Nicola Matteucci, piu attento alle concrete azioni sviluppate, replicava che il nucleo teorico della battaglia dei radicali e dato dalla difesa dei diritti civili, vecchi e nuovi... Questa e stata ed e una battaglia liberale, perché fa centro e perno sull'individuo e sulla sovranità della sua coscienza... . (35)
Se intellettuali e politici passavano al vaglio la cultura politica radicale impegnando su di essa l'informazione stampata con l'analisi dei diversi elementi che la rendevano singolare, il messaggio direttamente politico, nei contenuti e nei modi originali di affrontare uomini e problemi, passava per la prima volta attraverso l'informazione televisiva. E ciò costituì il dato nuovo di rapporto tra politica radicale e la ricerca di un consenso su di essa. Dalle centinaia di migliaia di cittadini che erano entrati in contatto con questo o quell'episodio della vicenda radicale, si passo quell'estate attraverso l'accesso strappato da Pannella alla Rai-Tv per se e per le minoranze in genere, alla comunicazione verso molti milioni.

Il partito e la politica radicale avevano fatto un ulteriore salto di qualità nella possibilità di azione nell'ambito di una condizione storica di minoranza. I radicali erano riusciti ad allargare l'area di conoscenza sui temi dei diritti civili al di la degli addetti ai lavori, e insieme con essi, avevano dato il senso della presenza di una forza politica, assai piccola si ma con l'ambizione di impostare e condurre lotte generali per il paese.