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Cronologia del Partito Radicale -
1975

DOCUMENTI
Ci assumiamo la responsabilità politica della clinica Cisa di G. Spadaccia NR 625, 18 gennaio 1975
L'ABORTO IL COITO Pier Paolo Pasolini "Corriere della Sera" del 19/1/1975
L'agnello, lo zigote e Pasolini Marco Pannella L'Espresso 1.2.75
L'ultimo appello Marco Pannella - L'Espresso - 27 Aprile 1975
Aborto: Mi dichiaro in arresto! L'ESPRESSO, 22 giugno 1975
CONSIGLIO FEDERATIVO COMUNICATO STAMPA 6 luglio
Lo scandalo Radicale Pier Paolo Pasolini Novembre 1975
BUON LAVORO RADICALI! di Marco Pannella ‘Il Mondo’ 6 novembre
Nel PSI a dire no Intervista a Marco Pannella
ENTRO GENNAIO PRONTE LE LISTE! NOTIZIE RADICALI N. 221, 12 dicembre 1975
Parole chiare sui nostri rapporti con i socialisti di Gianfranco Spadaccia NR. 221, 12 dicembre 1975

Ci assumiamo la responsabilità della clinica CISA

di Gianfranco Spadaccia

NOTIZIE RADICALI n. 625, 18 gennaio 1975

SOMMARIO: La dichiarazione di Gianfranco Spadaccia con la quale si assume la responsabilità, in quanto Segretario del Pr, di aver promosso la costituzione del CISA (Centro Italiano Sterilizzazione e Aborto) e le sue iniziative di disobbedienza fra cui la clinica di Firenze dove venivano praticati aborti con il metodo Karmann.

Il Segretario Nazionale del Partito Radicale, Gianfranco Spadaccia, ha rilasciato la seguente dichiarazione: "La Procura della Repubblica di Firenze si è mossa. La clinica libera organizzata dal CISA (Centro Informazioni Sterilizzazioni e Aborto) a Firenze, in cui si praticavano aborti finalmente in condizioni igieniche e sanitarie adeguate, è stata scoperta (ma la polizia sapeva da mesi della sua esistenza). Il medico che vi prestava la sua opera è stato arrestato. Fermate circa 60 persone fra donne che si erano sottoposte all'operazione o che attendevano di esserlo, e uomini che le assistevano e le accompagnavano. Andranno ad aggiungersi alle 263 compagne di Trento e alle centinaia che ogni anno vengono processate per aborto.

La manovra della Procura è chiara. Si cerca di far passare la clinica di Firenze come una delle tante cliniche del lucroso "trust" dei "cucchiai d'oro" che costruiscono fortune sugli aborti clandestini delle donne, praticandoli in condizioni spesso primitive.
Domenica a Firenze, insieme al CISA, all'Associazione per l'Educazione Demografica, ai movimenti e gruppi impegnati nella lotta per la depenalizzazione e legalizzazione dell'aborto, risponderemo a queste provocazioni.

Da due anni circa l'azione del CISA è pubblica. Il centro del CISA di Milano, l'unico finora operante in Italia, ha assistito oltre 4000 donne nel 1974. Il prezzo praticato era di 100.000 lire, uno dei più bassi in Europa, (tanto che donne svizzere vi si rivolgevano essendo il prezzo più basso di quello in Svizzera dove l'aborto è legalizzato) comprendente anche una quota da destinare ad un fondo per assistere quelle donne che per le loro condizioni economiche non disponevano di questa cifra. Oltre il 20% delle donne che si sono rivolte al CISA sono state assistite infatti gratuitamente o semigratuitamente.

Le compagne che si rivolgevano al CISA, le loro famiglie, se erano molto giovani, i loro mariti o compagni trovavano non speculatori ma compagne e sorelle del Movimento di Liberazione della Donna del Partito Radicale, di Associazioni impegnate nell'educazione demografica o militanti femministe, venivano accompagnate a Firenze presso gli ambulatori di alcuni medici, anch'essi compagni.
Gli aborti venivano praticati con il "metodo Karman" per aspirazione il più moderno e più sicuro.
Solo di qualche settimana era entrata in funzione la clinica.
Il CISA ha sede a Milano presso il Partito Radicale. All'inizio di novembre la compagna Adele Faccio, che lo dirige, al congresso nazionale del PR ha detto che l'attività del CISA era pubblica e costituiva una sfida alla legge che criminalizza ogni donna che è costretta a ricorrere al procurato aborto.

L'appoggio al CISA è un impegno congressuale del PR, approvato all'unanimità, che figura nella nostra mozione conclusiva che così dice: "La lotta per la depenalizzazione, per la liberalizzazione dell'aborto per la libera determinazione della propria vita e del proprio corpo da parte della donna sarà perseguita dal PR... dando il proprio impegno militante, politico, legale e di stampa a tutte le vittime dell'attuale legge e a tutte quelle organizzazioni e persone che pubblicamente, come fa il CISA, prestano la loro assistenza alle donne che debbono affrontare il dramma dell'aborto clandestino illegale". Ma da molto tempo, prima del nostro congresso la sua attività era conosciuta. Per mesi il settimanale Il Borghese ha svolto campagne e inchieste sul CISA e il PR.

Domenica 12 gennaio daremo una prima risposta pubblica a Firenze. L'appuntamento per tutti i compagni e i cittadini che intendono parteciparvi, è alle 14,30 a piazza Santa Croce. Il 26 gennaio terremo con Pannella, Fortuna, Adele Faccio una manifestazione di massa a Roma, al teatro Adriano.
Ma fin d'ora assumiamo le nostre responsabilità politiche e militanti. Le assumiamo come CISA, che è federato al Partito Radicale. Le assumiamo come Partito Radicale che appoggia e sostiene l'attività del CISA. Come Segretario nazionale del partito sono a disposizione del magistrato di Firenze, e, se lo riterrà, dei suoi carabinieri ed agenti; come lo è l'intera segreteria nazionale e direzione nazionale del Partito.
E fin d'ora diciamo che non intendiamo recedere dalla nostra lotta: da quella politica, sia extraparlamentare che parlamentare per giungere al più presto alla abolizione delle norme che puniscono il procurato aborto su donna consenziente; da quella militante svolta dal CISA, dal PR e dal Movimento di Liberazione della Donna.

Come ci siamo impegnati a fare nel nostro congresso, favoriremo ovunque sarà possibile la costituzione dei centri CISA. Il prossimo sarà costituito a Roma e la sua costituzione sarà annunciata alla Conferenza Nazionale sull'Aborto che si svolgerà, per iniziativa del MLD e del PR, il 24, 25, 26 gennaio.
Il regime ha aperto con gli arresti di Firenze e con la chiusura della clinica la sua campagna a favore dell'aborto, illegale clericale, e di classe. Questa è la nostra risposta al regime".

 

L'ABORTO, Il COITO

Pier Paolo Pasolini - "Corriere della Sera" del 19/1/1975

[ Cfr. replica di Marco Pannella "L'agnello, lo zigote e Pasolini"]

Io sono per gli otto referendum del Partito radicale, e sarei disposto a una campagna anche immediata in loro favore.

Condivido col Partito radicale l'ansia della ratificazione, l'ansia cioè del dar corpo formale a realtà esistenti: che è il primo principio della democrazia.

Sono però traumatizzato dalla legalizzazione dell'aborto, perché la considero, come molti, una legalizzazione dell'omicidio. Nei sogni, e nel comportamento quotidiano - cosa comune a tutti gli uomini - io vivo la mia vita prenatale, la mia felice immersione nelle acque materne: so che là io ero esistente. Mi limito a dir questo, perché, a proposito dell'aborto, ho cose più urgenti da dire. Che la vita sia sacra è ovvio: è un principio forte ancora che ogni principio della democrazia, ed è inutile ripeterlo.

La prima cosa che vorrei invece dire è questa: a proposito dell'aborto, è il primo, e l'unico, caso in cui i radicali e tutti gli abortisti democratici più puri e rigorosi, si appellano alla "Realpolitik" e quindi ricorrono alla prevaricazione "cinica" dei dati di fatto e del buon senso.

Se essi si sono posti sempre, anzitutto, e magari idealmente (com'è giusto), il problema di quali siano i "principi reali" da difendere, questa volta non l'hanno fatto. Ora, come essi sanno bene, non c'è un solo caso in cui i "principi reali" coincidano con quelli che la maggioranza considera propri diritti. Nel contesto democratico, si lotta, certo, per la maggioranza, ossia per l'intero consorzio civile, ma si trova che la maggioranza, nella sua santità, ha sempre torto: perché il suo conformismo è sempre, per la propria natura, brutalmente repressivo.

Perché io considero non "reali" i principi su cui i radicali e in genere i progressisti (conformisticamente) fondano la loro lotta per la legalizzazione dell'aborto?

Per una serie caotica, tumultuosa e emozionante di ragioni. Io so intanto, come ho detto, che la maggioranza è già tutta, potenzialmente, per la legalizzazione dell'aborto (anche se magari nel caso di un nuovo "referendum" molti voterebbero contro, e la "vittoria" radicale sarebbe molto meno clamorosa).

L'aborto legalizzato è infatti - su questo non c'è dubbio - una enorme comodità per la maggioranza. Soprattutto perché renderebbe ancora più facile il coito - l'accoppiamento eterosessuale - a cui non ci sarebbero più praticamente ostacoli. Ma questa libertà del coito della "coppia" così com'è concepita dalla maggioranza - questa meravigliosa permissività nei suoi riguardi - da chi è stata tacitamente voluta, tacitamente promulgata e tacitamente fatta entrare, in modo ormai irreversibile, nelle abitudini? Dal potere dei consumi, dal nuovo fascismo. Esso si è impadronito delle esigenze di libertà, diciamo così, liberali e progressiste e, facendole sue, le ha vanificate, ha cambiato la loro natura.

Oggi la libertà sessuale della maggioranza è in realtà una convenzione, un obbligo, un dovere sociale, un'ansia sociale, una caratteristica irrinunciabile della qualità di vita del consumatore. Insomma, la falsa liberalizzazione del benessere ha creato una situazione altrettanto e forse più insana che quella dei tempi della povertà. Infatti, primo: risultato di una libertà sessuale "regalata" dal potere è una vera e propria generale nevrosi. La facilità ha creato l'ossessione; perché è una facilità "indotta" e imposta, derivante dal fatto che la tolleranza del potere riguarda unicamente l'esigenza sessuale espressa dal conformismo della maggioranza. Protegge unicamente la coppia (non solo, naturalmente, matrimoniale): e la coppia ha finito dunque col diventare una condizione parossistica, anziché diventare segno di libertà e felicità (com'era nelle speranze democratiche).

Secondo: tutto ciò che sessualmente è "diverso" è invece ignorato e respinto. Con una violenza pari solo a quella nazista dei lager (nessuno ricorda mai, naturalmente, che i sessualmente diversi son finiti là dentro). E' vero; a parole, il nuovo potere estende la sua falsa tolleranza anche alle minoranze. Non è magari da escludersi che, prima o poi, alla televisione se ne parli pubblicamente. Del resto le "élites" sono molto più tolleranti verso le minoranze sessuali che un tempo, e certo sinceramente (anche perché ciò gratifica le loro coscienze). In compenso l'enorme maggioranza (la massa: cinquanta milioni di italiani) è divenuta di una intolleranza così rozza, violenta e infame, come non è ceto mai successo nella storia italiana. Si è avuto in questi anni, antropologicamente, un enorme fenomeno di abiura: il popolo italiano, insieme alla povertà, non vuole neanche più ricordare la sua "reale" tolleranza: esso, cioè, non vuole più ricordare i due fenomeni che hanno meglio caratterizzato l'intera sua storia.

Quella storia che il nuovo potere vuole finita per sempre. E' questa stessa massa (pronta al ricatto, al pestaggio, al linciaggio delle minoranze) che, per decisione del potere, sta ormai passando sopra la vecchia convenzione clerico-fascista ed è disposta ad accettare la legalizzazione dell'aborto e quindi l'abolizione di ogni ostacolo nel rapporto della coppia consacrata.

Ora, tutti, dai radicali a Fanfani (che stavolta, precedendo abilmente Andreotti, sta gettando le basi di una sia pur prudentissima abiura teologica, in barba al Vaticano), tutti, dico, quando parlano dell'aborto, omettono di parlare di ciò che logicamente lo precede, cioè il coito...

L'agnello, lo zigote, e Pasolini

Marco Pannella - L'Espresso - 1.2.75

Risposta a "L’aborto, il coito" di P.P. Pasolini

"E l'eutanasia, per quando?", m'è stato chiesto in un recente dibattito sull'aborto. Deluderò nemici in agguato e amici impazienti, ma io sono contro. Nessuno ha il diritto di compiere la scelta della morte dell'altro finché in chi soffre e fa soffrire ci sia un barlume, o la speranza di un barlume, di volontà o di coscienza. Gestire in assoluta libertà e responsabilità il proprio corpo è destino indeclinabile della persona, è scelta obbligata prima ancora che rivendicazione e diritto di ciascuno. Nessuna legge, invece, impedirà mai il suicidio. Si può tutt'al più costringere il suicida povero a sfracellarsi orrendamente sotto una macchina o precipitandosi dalla finestra, o facendo saltare con il gas l'intero edificio, mentre il ricco potrà sempre darsi una morte serena e dolce senza mettere in pericolo, se non vuole, la vita d'altri.

Nessuna legge, ugualmente, impedirà mai, di per sé, l'interruzione volontaria della maternità. Ha torto Pasolini quando pensa che vogliamo depenalizzarla per "realpolitik". Per oltre dieci anni siamo stati i soli, con Gigi De Marchi, a lottare per una sessualità libera e responsabile, per l'istruzione sessuale, per il controllo delle nascite, per una politica di responsabilizzazione demografica. Continuiamo. Ci recavamo in San Pietro con i cartelli: "Si alla pillola, no agli aborti"

Abbiamo ora chiesto a una donna, madre di otto figli, di venire con noi in Corte di Cassazione, a firmare la richiesta di referendum. Per motivi di opportunità (non di opportunismo), che non condivido ma che rispetto, non è venuta. Volevamo in tal modo sottolineare che siamo ferocemente contrari a confondere la battaglia, per essa urgente e necessaria, per il controllo delle nascite, con quella per la depenalizzazione dell'aborto. Siamo per una maternità libera e responsabile, e una libera e responsabile gestione del proprio corpo; e non a senso unico. Ci impegneremo a convincere tutti a riflettere bene prima di procreare.

Ma siamo già oggi e qui mobilitati perché la società tuteli pienamente, come ogni altra, anche la scelta di aver molti figli, dalla quale pur tendenzialmente dissentiamo. Purché sia, appunto, una scelta e non una condanna, almeno per la madre (se non per i figli che, senza colpa, poi verranno).

E' questo regime democristiano, clericale, capitalistico, che fa dell'aborto clandestino di massa l'arma demografica assoluta (oltre all'espulsione dell'embrione o del feto, l'aborto clandestino garantisce infatti un'altissima percentuale di sterilità, di malattie, e una non insignificante mortalità; profitti "liberali" per quasi un migliaio di miliardi l'anno); la "realpolitik" è tutta qui, tutta sua.

Quanto a noi, ci limitiamo a difendere la vittima accingendoci a disarmare il potente che la massacra. Poi discuteremo. L'attuale legge clerico-fascista non dissuade ma persuade all'aborto perché toglie alla società e alla donna, a ciascuno, quella possibilità di dialogo umano, di mutuo tentativo di consiglio e di convinzione che sono nutrimento essenziale delle nostre concrete, storiche moralità, di scelte diverse, di dissuasioni possibili, il terrorismo e la violenza non aiuteranno mai altro che la morte, non la vita.

Dirò ancora a Pasolini, a questo uomo e compagno profondamente buono, che v'è altro del quale deve chiedersi se possa e debba assolverci; confesso a lui che la vita mi chiede ogni giorno d'affrontare problemi di coscienza più gravi di quello che è il riconoscere alla donna il diritto di interrompere, in clinica anziché sul tavolo di cucina, lo sviluppo del codice genetico, del progetto biologico di uno zigote, cioè di un ovulo, fecondato da pochi giorni o settimane. Ad esempio quello di mangiare, vivere, quando so che l'80 per cento dei bambini messi al mondo in intere regioni di questa terra e in quest'anno, lo sono stati nell'unica, ineliminabile prospettiva di soffrire orribilmente e di morire assassinati dalla fame e dalle malattie, nelle prossime settimane e già mentre sto scrivendo. Grazie anche all'Humanae vitae.

Ma c'è dell'altro, e più grave. Pasolini ha scritto della scomparsa, del "genocidio" delle lucciole. Io non ironizzo. Mi crederà se gli assicuro che una notte, già anni fa, amando, ho raccontato le lucciole scomparse, come una favola, a chi m'era accanto? Sono fra coloro che hanno compreso, quindi, il suo articolo sul Corriere della Sera. Ma Pasolini mi comprenderà, a sua volta, quando affermo che se dovessi scegliere fra salvare un agnello vivo, dolce, trepidante, con i suoi occhi e i suoi belati, e salvare un zigote casuale e non voluto, e dovessi farlo in omaggio e rispetto della vita, è quella "creatura del Signore" che probabilmente salverei? Eppure domani mangerò abbacchio al forno. "Agnus Dei tollis peccata mundi..". Questa è la vita: nel dramma è la sua e nostra nobiltà. Scegliere quale dolore: altro spesso non possiamo, per onorarla e tentare la bontà e la felicità.

Gianfranco Spadaccia e Adele Faccio sono ancora in galera. Noi abbiamo ripreso, con il CISA, il MLD e il PR, a praticare aborti clinici e impedire il più possibile aborti barbari di regime. Abbiamo urgente bisogno che ginecologi medici onesti si assumano le loro responsabilità e servano davvero la vita e non la morte. Ci scrivano, si impegnino, non ci lascino soli. Radicali e femministe del MLD organizzano per metà di marzo un seminario riservato a medici per apprendere a praticare il "metodo Karman": e Karman stesso condurrà il corso.

Ma tutto sarà inutile sacrificio se l'Italia della vittoria del 13 maggio non torna a mobilitarsi, non s'organizza immediatamente, spontaneamente, dal basso, per sostenere questa campagna per il referendum, questa grande campagna di liberazione sociale e politica. Gruppi, sezioni, eletti democratici, singoli cittadini, sindacati, partiti, e movimenti che ricordino che non troveremo nell'avvenire prossimo e più lontano che quel che avremo ora saputo fornire, seminare. Il loro impegno e le loro concrete adesioni urgono.

 


L'ultimo L'Ultimo appello

Marco Pannella - L'Espresso - 27 Aprile 1975

SOMMARIO: E' il periodo di maggiore tensione politica in Italia: da una parte il fenomeno terrorista delle Brigate Rosse, dall'altra le prime manovre per realizzare il "compromesso storico". Oscure forze dello Stato tentano di pilotare per fini eversivi il terrorismo. Marco Pannella gestisce settimanalmente una pagina sul settimanale L'Espresso che ha promosso, assieme alla Lega XIII maggio e al Partito radicale il referendum per l'abrogazione delle norme del codice Rocco che puniscono il reato d'Aborto. Oltre all'aborto, il Partito Radicale è impegnato nella raccolta delle firme per altri referendum: contro i codici penali e militari, contro il Concordato e il Trattato lateranense.

In questo articolo Marco Pannella denuncia i primi tentativi di rispondere alla violenza terrorista con l'abuso delle armi da parte delle forze di polizia, con leggi speciali fra cui la famigerata "legge Reale". Con provocazioni e infiltrazioni, settori dei carabinieri e della polizia tentano di pilotare ed utilizzare i movimenti eversivi per creare un clima di tensione sociale che giustifichi l'adozione di misure autoritarie.

E' la condanna anche della degenerazione della sinistra extraparlamentare che ha innalzato la bandiera dell'intolleranza politica e dell'"antifascismo militante" contro il Movimento sociale. E' l'invito ai militanti radicali a non farsi distrarre dal falso rivoluzionismo per impegnarsi nei referendum "che, se si facessero, taglierebbero le unghie al regime corporativo e al sistema capitalistico in Italia".

(da " Marco Pannella - Scritti e discorsi - 1959-1980", editrice Gammalibri, gennaio 1982)

La licenza di uccidere per salvare il disordine costituito, compresa nell'aggravamento delle norme fasciste del Codice penale, chiesto dal governo Moro-La Malfa, diventa dunque legge prima ancora del voto parlamentare.

Accanto ai "frate-mitra" del generale dei carabinieri Dalla Chiesa - bel nome profetico e sintomatico -, ai provocatori che infestano e spesso danno vita alle bande d'assassini, imbottiti d'eroina, dei servizi di sicurezza, in mancanza d'eroi ricompaiono ora anche frenetici "manifestanti" con tessera e armi di polizia in tasca, vecchia manovra prediletta dal caro e "quasi socialista" capo dell'antiterrorismo questore Santillo.

Con gli assassini tornano i martiri, i funerali, le vendette, la disperazione e la rabbia; l'esaltazione dello scontro violento, visto spesso come una moderna incarnazione del medioevale "giudizio di Dio". La sinistra extraparlamentare si scatena, per difendersi, nella caccia al demonio paleofascista, l'unico che il regime gli mette a dubbia portata, lo insegue fino nell'inferno poco attendibile delle sue sedi di rappresentanza, per darle alle fiamme. Cortei immensi si formano, esaltati e esaltanti, dove gli slogan gridati correggono verbalmente la prassi zoppicante: "Fuori legge il MSI, a morte la DC".

Ancora pingui di voti e di potere, i corvi del regime che vivono sfruttando dalla culla alla bara le donne e gli uomini del Paese, con i monopoli dell'assistenza alla maternità e all'infanzia, alla famiglia e alla malattia, con il peculato e la violenza della menzogna, della corruzione, delle trame nere e bianco-gialle, possono così guardare con qualche minore pena e paura alla scadenza del 15 giugno.

La DC può forse tornare a essere tranquilla: il Paese torna a vivere momenti di violenza, di malattia, di morte. E' forse possibile che Fanfani, in qualche misura, se non vince su tutta la linea, perda. Che importa? Su questo stesso giornale, la settimana scorsa, il leader comunista Bufalini ci avvisava ufficialmente che i dorotei, oggi, sono forza gradita, oltre che popolare, democratica, progressista e repubblicana.

Possiamo essere dunque tranquilli. La "ricostruzione dello Stato" riprenderà, come con De Gasperi, con Pella, con Fanfani (tanto amato ieri): l'unità nazionale non è spezzata. Tonino Bisaglia, oltre che Eugenio Cefis, ci penseranno. Se si toglie qualche socialista, i radicali, i compagni del Manifesto (il quotidiano) e di Avanguardia Operaia, l'accordo su questa prospettiva sta diventando unanime. Perfino il fiume di compagni trasportati a Roma per inneggiare alla rivoluzione portoghese sarà convogliato a sostenere elettoralmente questo disegno. Nelle sue contraddizioni e per "farle esplodere", come s'usa dire, naturalmente.

In questa mia pagina, gli amici dell'Espresso s'attendono naturalmente ch'io svolga un tema settimanale sull'aborto, sui diritti civili.
Sto quasi per dire: "A che pro?", e rendergliela, questa pagina.

Sono un nonviolento, socialista, laico, libertario e, per questo, radicale. Se proprio non posso fare altro, dinanzi agli assassini di regime, agli assassini di leggi, di Costituzione, di civiltà e di verità, preferisco mettere in causa la mia morte, o la mia vita, per evitare che vincano, per sconfiggerli. Ma finché sarà possibile - pur in giorni come questi - strappare alla morte, concretamente, qualche decina o centinaia di donne, per esempio, assicurando loro, con i compagni del CISA, del MLD, del PR, un aborto clinico e non pericoloso, tendo a dirmi che queste forme di disubbidienza civile e nonviolenta sono forse armi migliori di quelle che gli altri esaltano, e che la DC è riuscita a mettere al centro dello scontro politico. Anche se fra un'ora, o un mese, so benissimo di poter essere arrestato. E sono contento che i miei compagni, in questi giorni, non vadano tanto a farsi ammazzare dalla violenza dello Stato e a cercare d'ammazzare-il-fascista, ma siano giorno e notte impegnati a cercare di far "passare" la richiesta di referendum. Non solo quello contro l'aborto di Stato, ma anche quelli contro i codici penali e militari, contro il Concordato e il Trattato lateranense: referendum che, se si facessero, taglierebbero le unghie al regime corporativo e al sistema capitalistico in Italia.

Ma non è la dimostrazione di potere e di violenza che la maggioranza sta dando, è quella di debolezza e di incapacità che l'opposizione fornisce, a scorarmi. Che la difesa rabbiosa dei diritti dello zigote e dello sperma non sia altro, nei nostri potenti, che un modo per meglio far passare la licenza di uccidere e di compiere le stragi di Stato, non l'imparo certo solamente oggi.

Ma che, per pigrizia, per sfiducia in sé, per disattenzione, i trecentomila e passa amici che ci avevano scritto la loro solidarietà e il loro impegno a sostenere la richiesta di referendum, disertassero e facessero scadere le loro convinzioni a una momentanea e futile espressione di consenso, rifiutando in questa settimana di scomodarsi per recarsi in una sede comunale o di tribunale della loro città per apporre almeno la loro firma, questo non lo avrei creduto. Abbiamo spiegato e ripetuto, fino alla nausea, perché andava, perché va fatto subito. Nemmeno un decimo di loro, di voi, s'è ancora mosso.

Per quanto mi riguarda, e riguarda la Lega 13 maggio, è questo l'ultimo appello che rivolgo loro. Se anche la gente, cui credo e che amo, della quale con tanta fierezza e così convinta scelta faccio parte, s'è ormai corrotta e non è capace di cogliere le sempre più rare occasioni per cercare di vivere e di far vivere un po' più liberi e felici, non mi interessa nemmeno cercare di vincere in altro modo, quasi da solo, con i soliti ignoti radicali, e pochi altri.

 

 ABORTO: MI DICHIARO IN ARRESTO!

Renzo di Rienzo - L'ESPRESSO, 22 giugno 1975
L'imputata insisteva per farsi portare in prigione, i carabinieri preferivano lasciar perdere. Alla fine l'ha spuntata lei. Ma ce n'è voluta!

Cuneo. L'ordine impartito da Roma era di evitare l'imbattersi nel latitante di nome Bonino Emma, di professione coordinatrice del Cisa, alias abortista, che presumibilmente si sarebbe aggirata domenica mattina nel comune di Bra nei pressi del seggio elettorale numero sette.

E' vero che sei mesi or sono, qualcuno dalla Procura di Firenze aveva emesso un mandato di arresto anche contro di lei. Ed è anche vero che alla fine di marzo la polizia s'era precipitata in casa della madre cercandola perfino sotto il letto e nell'armadio. Ma ormai quel mandato era stato collocato fra le pratiche meno urgenti. Strada facendo il rigore con cui giovedì 9 gennaio era cominciata la crociata antiabortista aveva perso mordente. Già due settimane dopo l'arresto del dottor Crociani e del segretario del partito radicale, Gianfranco Spadaccia, era diventato molto più imbarazzante mettere le manette ai polsi di Adele Faccio davanti a migliaia di persone stipate nel teatro Adriano di Roma. Poi, poco alla volta, ci si è resi contro che è stata messa in moto una valanga ormai difficile da fermare e qualcuno ha cominciato a fare un rapido calcolo: ad ogni nuovo arresto migliaia di cittadini rispondono correndo a porre la firma sui registri per il referendum dell'aborto.
Un quarto arresto dunque si voleva evitare ad ogni costo, forse era stato giudicato eccessivo, certamente inopportuno e controproducente.

Sabato 14 giugno Emma Bonino decide invece di consegnarsi alla giustizia proprio nel giorno delle elezioni.
Comincia così la cronaca di una giornata in cui la giustizia è parsa lenta, incerta, quasi consapevole della sproporzione che esiste fra le norme del codice Rocco sulla integrità della stirpe e la coscienza dei cittadini.

Domenica 15, un centinaio di radicali, di femministe, di attivisti del Cisa e dell'Aied si danno appuntamento alle 9.30 in piazza Europa nel comune di Bra, a pochi chilometri da Cuneo. Un quarto d'ora dopo compare in mezzo a loro Emma Bonino, sotto braccio a Adele Faccio e a Marco Pannella.

Intanto sono arrivati anche gli inviati dei grandi giornali del nord e delle agenzie di stampa. Chiedono al presidente del seggio, il professor Francesco Milanesio, di poter assistere alla votazione. Dopo qualche minuto, il brigadiere Ennio Calissi che dirige il servizio d'ordine, riferisce che il presidente acconsente. Una pattuglia dei carabinieri dal fondo della piazza nota l'insolito assembramento davanti al seggio ma s'allontana con una rapidità sorprendente. Mentre si attende l'arrivo dell'avvocato Franco De Cataldo, Emma Bonino racconta ad una stazione radio indipendente di Bra perchè ha improvvisamente deciso di costituirsi. "Per il momento non hanno più bisogno di me", dice,"c'era da rimettere in piedi la rete di assistenza del Cisa, entrata in crisi dopo l'arresto della Faccio, e questo è stato fatto. Abbiamo messo in funzione cinque centri in Italia, poi abbiamo preso accordi con cliniche jugoslave, svizzere e inglesi per portarvi ad abortire gruppi di donne. E' perfino strano che in questi quattro mesi di latitanza, nonostante che nelle ultime settimane abbia preso ben poche precauzioni, non mi abbiano arrestato. Ho fatto centinaia di telefonate dal centro Cisa di Milano, in via di Porta Vigentina, il telefono è sotto controllo, eppure non si è presentato nessuno ad esibirmi il mandato di arresto. Sembrava quasi che le autorità se ne fossero dimenticate. Proprio per costringerle ad applicare questa legge anticostituzionale, ho deciso di costituirmi. Spero che il mio arresto serva almeno a raccogliere altre centomila firme per il referendum".

Nel frattempo arriva l'avvocato De Cataldo con la camicia insanguinata e qualche ammaccatura sulla faccia che s'è procurato in un incidente stradale. Alle 10, Emma Bonino entra nel seggio, accompagnata da fotografi e giornalisti. Consegna il documento di riconoscimento, nessuno muove obiezioni. Le danno le schede e le indicano la cabina per votare. Appena ha finito, il presidente registra in fretta il voto nella speranze di uscire subito di scena. "Presidente, sono colpita da un mandato di arresto, mi consegno a lei", dice invece Emma Bonino con un filo di voce. Il professor Milanesio concentra la sua attenzione sulla tessera di riconoscimento cercando disperatamente una soluzione, non la trova e le mette fra le mani il documento. "Allora aspetto qui", aggiunge lei e si mette in un cantuccio dell'aula in attesa che qualcuno si faccia avanti ad amministrare la giustizia. Gli unici rappresentanti dell'ordine ad assistere alla scena sono i vigili urbani, ma decidono di chiamarsi fuori da questa vicenda.

Per qualche minuto non succede niente, fin quando il presidente non ha un'idea geniale per liberarsi di quella incomoda presenza: la invita ad uscire dall'aula per consentire il normale flusso di votanti che s'era interrotto per qualche minuto. Lei esce, e sulla porta viene fermata dal brigadiere Calissi, che nel frattempo deve aver finalmente ricevuto istruzioni. Da quel momento l'Arma riprende in pugno la situazione. Arrivano subito rinforzi, poi la Bonino viene accompagnata in caserma su una pantera, scortata a sua volta da un corteo di auto di militanti radicali e di giornalisti.

In caserma però la verbalizzazione subisce qualche intoppo. La tenenza dei carabinieri è talmente impreparata a questa evenienza che è sprovvista perfino della carta per le formalità di rito. Si è quindi dovuto attendere il ritorno di un collaboratore dell'avvocato De Cataldo che era in corso in una cartoleria ad acquistare un pò di materiale da cancelleria. Intanto De Cataldo annuncia la linea di difesa: " Ci appelleremo alla sentenza della Corte Costituzionale che ha stabilito la legittimità dell'aborto terapeutico. Dopo quella sentenza l'aborto non è più un reato in moltissimi casi, diventa invece per i medici un diritto-dovere. La Bonino ha prestato soltanto assistenza alle donne che intendevano abortire".

Verso mezzogiorno viene finalmente trovata anche un'auto di piazza per accompagnare la Bonino al carcere di Cuneo, da dove poi sarà trasferita alle carceri di Firenze. La giornata si chiude con le dichiarazioni rilasciate dal capitano Vittorio Manfredini, per illustrare le successive fasi di questa operazione. A domanda ("per quale ragione si è indugiato tanto ad arrestare la Bonino consentendole di votare") il capitano risponde: "Non avevamo ricevuto nessuna segnalazione secondo cui la Bonino si sarebbe presentata al seggio elettorale. Se ha potuto votare è perchè il militare addetto al seggio l'ha riconosciuta soltanto quando il suo nome è stato scandito ad alta voce dal presidente. Allora per un'associazione di idee, si è ricordato di un mandato di arresto che ci era stato notificato da Firenze il 21 marzo scorso. Ha chiesto quindi conferma se quel mandato era ancora operante e quando l'ha avuta, ha operato l'arresto".

Queste le circostanze di un arresto che si voleva ad ogni costo evitare, al punto che se Emma Bonino non avesse insistito si sarebbe perfino preferito omettere l'atto di ufficio.

CONSIGLIO FEDERATIVO - COMUNICATO STAMPA

6 luglio

Roma, 6 luglio - Si sono conclusi questo pomeriggio i lavori del Consiglio Federativo del Partito Radicale, iniziati ieri. Ai lavori hanno partecipato altre settanta rappresentanti delle sedi e associazioni periferiche del Partito.
Alla fine dei lavori è stata approvata una mozione che affronta numerosi problemi di fondamentale importanza nella vita politica italiana:

1) "Analisi del voti del 15 giungo": il voto ha sicuramente espresso una richiesta di alternativa al regime democristiano, ma non ha trovato alcuna forza politica che esprima concretamente questa alternativa.
Il Partito Radicale ritiene quindi che sia necessario battersi con sempre maggiore impegno per la creazione di una forza socialista, laica e libertaria che rappresenti almeno il 20% dell'elettorato. Proprio per questo è necessario stimolare un processo di rifondazione nel Psi soprattutto in vista del suo congresso di ottobre.

2) "Conclusione della campagna del referendum sull'aborto": sono oltre 600 mila le firme autenticate e valide in mano al Comitato Nazionale a Roma, nei prossimi giorni ne giungeranno altre. La presentazione alla Corte di Cassazione prevista per l'11 luglio coinciderà con una assemblea nazionale dei comitati locali che in tutto il paese hanno raccolto le firme e alla quale parteciperanno le forze politiche promotrici. L'assemblea che si terrà a Roma durerà due giorni. Il Consiglio Federativo ha rilevato come sia stato ampiamente dimostrato da questa esperienza che esiste nel paese un movimento che, appoggiandosi a forze politiche di minoranza, prive di imponenti mezzi finanziari ed organizzativi, è in grado di dare attuazione all'istituto costituzionale del referendum, dando veste di progetto politico a esigenze e sentimenti maturi nella coscienza del paese. Il Partito Radicale si impegna a difendere il referendum da ogni tentativo di vanificazione e dichiara che l'unica alternativa allo svolgimento del referendum è l'approvazione da parte del Parlamento di una legge che rispecchi le indicazioni contenute nel DDL socialista emendata dalla direzione del Psi o, quantomeno, in quelle del Pri.

3) "Campagna dei cinque referendum promossi dal PR": Il CF conferma che il progetto di referendum abrogativi delle norme fasciste del codice penale, del concordato, dei tribunali e dei codici militari, delle nuove disposizioni sull'``ordine pubblico'' è l'unico in grado di dare corpo alle esigenze del paese sui temi dei diritti civili. Il CF ritiene che sia indispensabile per raggiungere il successo in questa campagna:

a) spezzare l'intollerabile censura della Rai-Tv su queste iniziative referendarie, già ampiamente adottata nei confronti della campagna, vincente, sull'aborto.
b) compiere tutti i passi necessari, a tutti i livelli, per coinvolgere nella iniziativa tutte quelle forze politiche, organizzazioni sindacali, organi di informazione più impegnatisi nella campagna per il referendum sull'aborto.
c) promuovere, tra il 14 e il 20 luglio una settimana di lotta per i cinque referendum.

4) Il CF ritiene che l'iniziativa di pressione sul parlamento per una nuova legislazione sulla droga e l'azione svolta nei giorni scorsi dal compagno Marco Pannella siano preminenti e di fondamentale importanza nel quadro della politica complessiva del Partito.

Il Consiglio Federativo, quindi, oltre ad inviare un telegramma di solidarietà al compagno Pannella detenuto e ad esprimere il proprio sostegno al digiuno, iniziato il 2 luglio, del segretario nazionale Gianfranco Spadaccia, ha deciso:

a) di sollecitare entro la settimana entrante incontri con il presidente del Senato, i presidenti dei gruppi parlamentari e i presidenti delle commissioni Sanità e Giustizia del Senato, le segreterie dei partiti democratici per sollecitare un impegno preciso per ottenere l'approvazione entro novembre di una nuova legislazione sugli stupefacenti.
b) di raccogliere nel più breve tempo possibile 50.000 firme per presentare al Parlamento, come progetto di legge di iniziativa popolare, il progetto preparato nei giorni scorsi dal Partito Radicale ed illustrato alla stampa.
c) di promuovere una giornata nazionale per la scarcerazione di Marco Pannella.

L'ufficio stampa del Partito Radicale comunica che domani, 7 luglio, presso la III corte d'assise del Tribunale di Roma si concluderà il processo contro Marco Pannella imputato di vilipendio del governo e delle forze armate e di istigazione a disobbedire la legge. Come è noto, Pannella rischia diversi anni di prigione e in tal caso, essendo già detenuto, difficilmente potrebbe usufruire della sospensione condizionale della pena.

Sempre domani mattina il giudice istruttore Antonio Spremolla si recherà a Roma per interrogare Marco Pannella e Gianfranco Spadaccia imputati di associazione per delinquere e procurato aborto in relazione alla clinica Cisa di Firenze.

Si invitano tutti i giornalisti ad essere presenti sia alla conclusione del processo sia all'interrogatorio.

 

Lo scandalo radicale

r Paolo Pasolini - Novembre 1975

Sommario: Pubblichiamo il testo dell'intervento che Pier Paolo Pasolini avrebbe dovuto tenere al Congresso del Partito radicale del novembre 1975. Poté essere solo letto, davanti ad una platea sconvolta e muta, perché due giorni prima Pasolini moriva ucciso. C'è un grave pericolo - ci avverte il poeta e saggista - che incombe sul Partito radicale proprio per i grandi successi ottenuti nella conquista dei diritti civili. Un nuovo conformismo di sinistra si appresta ad appropriarsi della vostra battaglia per i diritti civili "creando un contesto di falsa tolleranza e di falso laicismo". Proprio la cultura radicale dei diritti civili, della Riforma, della difesa delle minoranze sarà usata dagli intellettuali del sistema come forza terroristica, violenta e oppressiva. Il potere insomma si accinge ad "assumere gli intellettuali progressisti come propri chierici". La previsione di Pasolini si è avverata, non solo in Italia, ma nel resto della società occidentale dove, proprio in nome del progressismo e del modernismo, si è affermata una nuova classe di potere totalizzante e trasformista, di certo più pericolosa delle tradizionali classi conservatrici. "Contro tutto questo - concludeva Pasolini - voi non dovete fare altro (io credo) che continuare semplicemente a essere voi stessi: il che significa essere continuamente irriconoscibili. Dimenticate subito i grandi successi e continuate imperterriti, ostinati, eternamente contrari, a pretendere, a volere, a identificarvi col diverso; a scandalizzare; a bestemmiare."

("Numero unico" per il 35° Congresso del Partito Radicale - Budapest 22-26 aprile 1989 - Edizioni in Inglese, Ungherese, Serbo Croato)

Prima di tutto devo giustificare la presenza della mia persona qui. Non sono qui come radicale. Non sono qui come socialista. Non sono qui come progressista. Sono qui come marxista che vota per il Partito Comunista Italiano, e spera molto nella nuova generazione di comunisti. Spera nella nuova generazione di comunisti almeno come spera nei radicali. Cioè con quel tanto di volontà e irrazionalità e magari arbitrio che permettono di spiazzare - magari con un occhio a Wittgenstein - la realtà, per ragionarci sopra liberamente. Per esempio: il Pci ufficiale dichiara di accettare ormai, e sine die, la prassi democratica. Allora io non devo aver dubbi: non è certo alla prassi democratica codificata e convenzionalizzata dall'uso di questi tre decenni che il Pci si riferisce: esso si riferisce indubbiamente alla prassi democratica intesa nella purezza originaria della sua forma, o, se vogliamo, del suo patto formale.

Alla religione laica della democrazia. Sarebbe un'autodegradazione sospettare che il Pci si riferisca alla democraticità dei democristiani; e non si può dunque intendere che il Pci si riferisca alla democraticità, per esempio, dei radicali.

Paragrafo primo.

A) Le persone più adorabili sono quelle che non sanno di avere dei diritti. B) Sono adorabili anche le persone che, pur sapendo di avere dei diritti, non li pretendono o addirittura ci rinunciano. C) Sono abbastanza simpatiche anche quelle persone che lottano per i diritti degli altri (soprattutto per coloro che non sanno di averli). D) Ci sono, nella nostra società, degli sfruttati e degli sfruttatori. Ebbene, tanto peggio per gli sfruttatori. E) Ci sono degli intellettuali, gli intellettuali impegnati, che considerano dovere proprio e altrui far sapere alle persone adorabili, che non lo sanno, che hanno dei diritti; incitare le persone adorabili, che sanno di avere dei diritti ma ci rinunciano, a non rinunciare; spingere tutti a sentire lo storico impulso a lottare per i diritti degli altri; e considerare, infine, incontrovertibile e fuori da ogni discussione il fatto che, tra gli sfruttati e gli sfruttatori, gli infelici sono gli sfruttati.

Tra questi intellettuali che da più di un secolo si sono assunti un simile ruolo, negli ultimi anni si sono chiaramente distinti dei gruppi particolarmente accaniti a fare di tale ruolo un ruolo estremistico. Dunque mi riferisco agli estremisti, giovani, e ai loro adulatori anziani. Tali estremisti (voglio occuparmi soltanto dei migliori) si pongono come obiettivo primo e fondamentale quello di diffondere tra la gente direi, apostolicamente, la coscienza dei propri diritti. Lo fanno con determinazione, rabbia, disperazione, ottimistica pazienza o dinamitarda impazienza, secondo i casi (...)

Paragrafo secondo

Disobbedendo alla distorta volontà degli storici e dei politici di mestiere, oltre che a quella delle femministe romane - volontà che mi vorrebbe confinato in Elicona esattamente come i mafiosi a Ustica - ho partecipato una sera di questa estate a un dibattito politico in una città del Nord. Come sempre poi succede, un gruppo di giovani ha voluto continuare il dibattito anche per strada, nella serata calda e piena di canti. Tra questi giovani c'era un greco. Che era, appunto, uno di quegli estremisti marxisti "simpatici" di cui parlavo. Sul suo fondo di piena simpatia, si innestavano però manifestamente tutti i più vistosi difetti della retorica e anche della sottocultura estremistica. Era un "adolescente" un po' laido nel vestire; magari anche addirittura un po' scugnizzo: ma, nel tempo stesso, aveva una barba di vero e proprio pensatore, qualcosa tra Menippo e Aramis; ma i capelli , lunghi fino alle spalle, correggevano l'eventuale funzione gestuale e magniloquente della barba, con qualcosa di esotico e irrazionale: un'allusione alla filosofia braminica, all'ingenua alterigia dei gurumparampara. Il giovane greco viveva questa sua retorica nella più completa assenza di autocritica: non sapeva di averli, questi suoi segni così vistosi, e in questo era adorabile esattamente come coloro che non sanno di avere diritti... Tra i suoi difetti vissuti così candidamente, il più grave era certamente la vocazione a diffondere tra la gente ("un po' alla volta", diceva: per lui la vita era una cosa lunga, quasi senza fine) la coscienza dei propri diritti e la volontà di lottare per essi. Ebbene; ecco l'enormità, come l'ho capita in quello studente greco, incarnata nella sua persona inconsapevole. Attraverso il marxismo, l'apostolato dei giovani estremisti di estrazione borghese - l'apostolato in favore della coscienza dei diritti e della volontà di realizzarli - altro non è che la rabbia inconscia del borghese povero contro il borghese ricco, del borghese giovane contro il borghese vecchio, del borghese impotente contro il borghese potente, del borghese piccolo contro il borghese grande. E' un'inconscia guerra civile - mascherata da lotta di classe - dentro l'inferno della coscienza borghese. (Si ricordi bene: sto parlando di estremisti, non di comunisti). Le persone adorabili che non sanno di avere diritti, oppure le persone adorabili che lo sanno ma ci rinunciano - in questa guerra civile mascherata - rivestono una ben nota e antica funzione: quella di essere carne da macello. Con inconscia ipocrisia, essi sono utilizzati, in primo luogo, come soggetti di un transfert che libera la coscienza dal peso dell'invidia e del rancore economico; e, in secondo luogo, sono lanciati dai borghesi giovani, poveri, incerti e fanatici, come un esercito di paria "puri", in una lotta inconsapevolmente impura, appunto contro i borghesi vecchi, ricchi, certi e fascisti.

Intendiamoci: lo studente greco che qui ho preso a simbolo era a tutti gli effetti (salvo rispetto a una feroce verità) un "puro" anche lui, come i poveri. E questa "purezza" ad altro non era dovuta che al "radicalismo" che era in lui.

Paragrafo terzo

Perché è ora di dirlo: i diritti di cui qui sto parlando sono i "diritti civili" che, fuori da un contesto strettamente democratico, come poteva essere un'ideale democrazia puritana in Inghilterra o negli Stati Uniti - oppure laica in Francia - hanno assunto una colorazione classista. L'italianizzazione socialista dei "diritti civili" non poteva fatalmente (storicamente) che volgarizzarsi. Infatti: l'estremista che insegna agli altri ad avere dei diritti, che cosa insegna? Insegna che chi serve ha gli identici diritti di chi comanda. L'estremista che insegna agli altri a lottare per ottenere i propri diritti, che cosa insegna? Insegna che bisogna usufruire degli identici diritti dei padroni. L'estremista che insegna agli altri che coloro che sono sfruttati dagli sfruttatori sono infelici, che cosa insegna? Insegna che bisogna pretendere l'identica felicità degli sfruttatori. Il risultato che in tal modo eventualmente è raggiunto è dunque una identificazione: cioè nel caso migliore una democratizzazione in senso borghese. La tragedia degli estremisti consiste così nell'aver fatto regredire una lotta che essi verbalmente definiscono rivoluzionaria marxista-leninista, in una lotta civile vecchia come la borghesia: essenziale alla stessa esistenza della borghesia. La realizzazione dei propri diritti altro non fa che promuovere chi li ottiene al grado di borghese.

Paragrafo quarto

In che senso la coscienza di classe non ha niente a che fare con la coscienza dei diritti civili marxistizzati? In che senso il Pci non ha niente a che fare con gli estremisti (anche se alle volte, per via della vecchia diplomazia burocratica, li chiama a sé: tanto, per esempio, da aver già codificato il Sessantotto sulla linea della Resistenza)? E' abbastanza semplice: mentre gli estremisti lottano per i diritti civili marxistizzati pragmaticamente, in nome, come ho detto, di una identificazione finale tra sfruttato e sfruttatore, i comunisti, invece, lottano per i diritti civili in nome di una alterità. Alterità (non semplice alternativa) che per sua stessa natura esclude ogni possibile assimilazione degli sfruttati con gli sfruttatori. La lotta di classe è stata finora anche una lotta per la prevalenza di un'altra forma di vita (per citare ancora Wittgenstein potenziale antropologo), cioè di un'altra cultura. Tanto è vero che le due classi in lotta erano anche - come dire? - razzialmente diverse. E in realtà, in sostanza, ancora lo sono. In piena età dei consumi.

Paragrafo quinto

Tutti sanno che gli "sfruttatori" quando (attraverso gli "sfruttati") producono merce, producono in realtà umanità (rapporti sociali). Gli "sfruttatori" della seconda rivoluzione industriale (chiamata altrimenti consumismo: cioè grande quantità, beni superflui, funzione edonistica) producono nuova merce: sicché producono nuova umanità (nuovi rapporti sociali). Ora, durante i due secoli circa della sua storia, la prima rivoluzione industriale ha prodotto sempre rapporti sociali modificabili. La prova? La prova è data dalla sostanziale certezza della modificabilità dei rapporti sociali in coloro che lottavano in nome dell'alterità rivoluzionaria. Essi non hanno mai opposto all'economia e alla cultura del capitalismo un'alternativa, ma, appunto, un'alterità. Alterità che avrebbe dovuto modificare radicalmente i rapporti sociali esistenti: ossia, detta antropologicamente, la cultura esistente. In fondo il "rapporto sociale" che si incarnava nel rapporto tra servo della gleba e feudatario, non era poi molto diverso da quello che si incarnava nel rapporto tra operaio e padrone dell'industria: e comunque si tratta di "rapporti sociali" che si sono dimostrati ugualmente modificabili. Ma se la seconda rivoluzione industriale - attraverso le nuove immense possibilità che si è data - producesse da ora in poi dei "rapporti sociali" immodificabili? Questa è la grande e forse tragica domanda che oggi va posta. E questo è in definitiva il senso della borghesizzazione totale che si sta verificando in tutti i paesi: definitivamente nei grandi paesi capitalistici, drammaticamente in Italia. Da questo punto di vista le prospettive del capitale appaiono rosee. I bisogni indotti dal vecchio capitalismo erano in fondo molto simili ai bisogni primari. I bisogni invece che il nuovo capitalismo può indurre sono totalmente e perfettamente inutili e artificiali. Ecco perché, attraverso essi, il nuovo capitalismo non si limiterebbe a cambiare storicamente un tipo d'uomo: ma l'umanità stessa. Va aggiunto che il consumismo può creare dei "rapporti sociali" immodificabili, sia creando, nel caso peggiore, al posto del vecchio clericofascismo un nuovo tecnofascismo (che potrebbe comunque realizzarsi solo a patto di chiamarsi antifascismo), sia, com'è ormai più probabile, creando come contesto alla propria ideologia edonistica un contesto di falsa tolleranza e di falso laicismo: di falsa realizzazione, cioè, dei diritti civili. In ambedue i casi lo spazio per una reale alterità rivoluzionaria verrebbe ristretto all'utopia o al ricordo: riducendo quindi la funzione dei partiti marxisti ad una funzione socialdemocratica, sia pure, dal punto di vista storico, completamente nuova.

Paragrafo sesto

Caro Pannella, caro Spadaccia, cari amici radicali, pazienti con tutti come santi, e quindi anche con me: l'alterità non è solo nella coscienza di classe e nella lotta rivoluzionaria marxista. L'alterità esiste anche di per sé nell'entropia capitalistica. Quivi essa gode (o per meglio dire, patisce, e spesso orribilmente patisce) la sua concretezza, la sua fattualità. Ciò che è, e l'altro che è in esso, sono due dati culturali. Tra tali due dati esiste un rapporto di prevaricazione, spesso, appunto, orribile. Trasformare il loro rapporto in un rapporto dialettico è appunto la funzione, fino a oggi, del marxismo: rapporto dialettico tra la cultura della classe dominante e la cultura della classe dominata. Tale rapporto dialettico non sarebbe dunque più possibile là dove la cultura della classe dominata fosse scomparsa, eliminata, abrogata, come dite voi. Dunque, bisogna lottare per la conservazione di tutte le forme, alterne e subalterne, di cultura. E' ciò che avete fatto voi in tutti questi anni, specialmente negli ultimi. E siete riusciti a trovare forme alterne e subalterne di cultura dappertutto: al centro della città, e negli angoli più lontani, più morti, più infrequentabili. Non avete avuto alcun rispetto umano, nessuna falsa dignità, e non siete soggiaciuti ad alcun ricatto. Non avete avuto paura né di meretrici né di pubblicani, e neanche - ed è tutto dire - di fascisti.

Paragrafo settimo

I diritti civili sono in sostanza i diritti degli altri. Ora, dire alterità è enunciare un concetto quasi illimitato. Nella vostra mitezza e nella vostra intransigenza, voi non avete fatto distinzioni. Vi siete compromessi fino in fondo per ogni alterità possibile. Ma una osservazione va fatta. C'è un'alterità che riguarda la maggioranza e un'alterità che riguarda le minoranze. Il problema che riguarda la distruzione della cultura della classe dominata, come eliminazione di una alterità dialettica e dunque minacciosa, è un problema che riguarda la maggioranza. Il problema del divorzio è un problema che riguarda la maggioranza. Il problema dell'aborto è un problema che riguarda la maggioranza. Infatti gli operai e i contadini, i mariti e le mogli, i padri e le madri costituiscono la maggioranza. A proposito della difesa generica dell'alterità, a proposito del divorzio, a proposito dell'aborto, avete ottenuto dei grandi successi. Ciò - e voi lo sapete benissimo - costituisce un grande pericolo. Per voi - e voi sapete benissimo come reagire - ma anche per tutto il paese che invece, specialmente ai livelli culturali che dovrebbero essere più alti, reagisce regolarmente male. Cosa voglio dire con questo? Attraverso l'adozione marxistizzata dei diritti civili da parte degli estremisti - di cui ho parlato nei primi paragrafi di questo mio intervento - i diritti civili sono entrati a far parte non solo della coscienza, ma anche della dinamica di tutta la classe dirigente italiana di fede progressista. Non parlo dei vostri simpatizzanti... Non parlo di coloro che avete raggiunto nei luoghi più lontani e diversi: fatto di cui siete giustamente orgogliosi. Parlo degli intellettuali socialisti, degli intellettuali comunisti, degli intellettuali cattolici di sinistra, degli intellettuali generici (...)

Paragrafo ottavo

So che sto dicendo delle cose gravissime. D'altra parte era inevitabile. Se no cosa sarei venuto a fare qui? Io vi prospetto - in un momento di giusta euforia delle sinistre - quello che per me è il maggiore e peggiore pericolo che attende specialmente noi intellettuali nel prossimo futuro. Una nuova "trahison des clercs": una nuova accettazione; una nuova adesione; un nuovo cedimento al fatto compiuto; un nuovo regime sia pure ancora soltanto come nuova cultura e nuova qualità di vita. Vi richiamo a quanto dicevo alla fine del paragrafo quinto: il consumismo può rendere immodificabili i nuovi rapporti sociali espressi dal nuovo modo di produzione "creando come contesto alla propria ideologia edonistica un contesto di falsa tolleranza e di falso laicismo: di falsa realizzazione, cioè, dei diritti civili". Ora, la massa degli intellettuali che ha mutuato da voi, attraverso una marxizzazione pragmatica di estremisti, la lotta per i diritti civili rendendola così nel proprio codice progressista, o conformismo di sinistra, altro non fa che il gioco del potere: tanto più un intellettuale progressista è fanaticamente convinto delle bontà del proprio contributo alla realizzazione dei diritti civili, tanto più, in sostanza, egli accetta la funzione socialdemocratica che il potere gli impone abrogando, attraverso la realizzazione falsificata e totalizzante dei diritti civili, ogni reale alterità. Dunque tale potere si accinge di fatto ad assumere gli intellettuali progressisti come propri chierici. Ed essi hanno già dato a tale invisibile potere una invisibile adesione intascando una invisibile tessera. Contro tutto questo voi non dovete far altro (io credo) che continuare semplicemente a essere voi stessi: il che significa essere continuamente irriconoscibili.

Dimenticare subito i grandi successi: e continuare imperterriti, ostinati, eternamente contrari, a pretendere, a volere, a identificarvi col diverso; a scandalizzare; a bestemmiare.

 

BUON LAVORO RADICALI!

di Marco Pannella ‘Il Mondo’ 6 novembre

Lo scandalo a congresso

A Firenze il Pr dibatte il suo futuro

Non sarà semplice ma credo proprio che dobbiamo prepararci, banda di avanzi di galera, di drogati, di facitori d'angeli, d'omosessuali, di giudei d'ogni tipo, di mezzifascisti, di ex pazzi, di marciatori e digiunatori, di ex cornuti della Lid, di traditori della Patria e della Chiesa, di piccolo-borghesi esasperati e avventuristi, esibizionisti come me, gente insomma, gente... credo proprio che dobbiamo prepararci, compagni e amici congressisti, ad andare in parlamento. Deciderete voi, ma questo è quel che penso. Sono certo che ce la faremo, se lo vorrete; e che sapremo essere e rendere felici, a suon di lotte e di leggi, anche lì, anche da lì. Noi: così come siamo. Un bel gruppo: Gianfranco, Adele, Emma, Roberto, Rosa, Angelo, Mauro, Franco, Walter, Peppe, Giulio, Mario, Ferdinando, Pietro, Maria Adele, Luigi, Alberto, Aloisio, Giuliana, sorella Marisa e fratel Marco. Dovrete, allora, secondo lo splendido statuto che è il vostro, lasciare tutti il partito, che ne risulterà di nuovo rivoluzionato e rifondato. Forse sarò io a tornarci, allora! Andare in parlamento, così come siete, sarà duro come una marcia, come un digiuno, come una galera, come lo sono i nostri tanti selfhelp; duro come sarà quest'anno anche la triplice marcia antimilitarista a Gorizia, a Verdun, in Sardegna o fu l'ardente estate del 1974, o uno qualsiasi dei venti anni che abbiamo ormai dietro di noi. Duro l'andarci, ancor più duro il restarci, il viverci. Ma dobbiamo farcela, farcela e non "farci stare"; restando e diventando sempre più, giorno dopo giorno, anche lì, gente. Perché gente, lo si diventa; e ci vuole molta libertà, molta fantasia, molta felicità, cioè molto rigore e rispetto per noi, per gli latri, soprattutto per le nostre speranze e le nostre idee. Noi non abbiamo scoperto solo quest'anno, a Licola, che "il personale è politico", o viceversa. Ma guardiamo avanti: quasi tutto dipenderà ora da voi, dalla mozione che approverete, della giustezza della decisioni congressuali sul da farsi per le prossime settimane e per il prossimo anno.

Il sondaggio "Demoskopea-Panorama" ci ha confermato quel che sapevamo: siamo, più di ogni altro, uno "spaccato" del paese così com'è (appena un po' più proletari: il 60 per cento di casalinghe, operai e pensionati o nonoccupati). Siamo come Ernesto Rossi ci racconta ch'erano quelli del primo gruppo fiorentino del "Non Mollare" (donne a parte, s'intende, che siamo oggi in maggioranza). In fondo non siamo cambiati molto da allora. Sono solamente cambiate - e se ne accorgeranno! -, grazie a cinquanta anni di "sconfitte", le "circostanze" oggettive nelle quali ci muoviamo.

Tutti: i Gobetti, i Rosselli, i Berneri, i Borghi, i Tarquandi, i Rossi, i Capitini, i Calosso, come i Salvemini, gli Amendola e i Matteotti (son loro, non i loro figli, che storicamente han visto giusto, loro ad essere stati "scientifici"!), i Di Vagno e i Colorni, gli Omodeo e i Dorso, i Conti e gli Zuccarini, i Villabruna e i Serini, e poi, via via, i Vittorini e i Levi, i Pannunzio e i Paggi, fino a "noi vivi": i Silone e i Calogero, i Benedetti e i Boneschi, gli Spinelli e i Bauer, gli Alessandro Galante Garrone e le Elena Croce, i Danilo Dolci e i Pasolini, i De Marchi e i Canestrini, lo stesso, voi compresi; i socialisti libertari, gli anarchici o i liberali gobettiani, gli azionisti e i GL, i repubblicani intransigenti e popolari, i federalisti, i goliardi dell'Ugi, i radicali, tutti, tutti sembravamo destinati a non esser altro che testimoni o epigoni di un "nobile" passato, a "finire", sempre: o assassinati o carcerati troppo a lungo, o comunque abrogati, emarginati, strumentalizzati, perdenti, irrisi, tollerati, blanditi, o disprezzati. Scorie del passato, non annuncio del futuro. Buoni tutt'al più per qualche laticlavio di scorta o la sepoltura plumbea nel fango del potere, del potere degli altri, sugli altri; o per la rinuncia, comunque mascherata.

Invece tutto questo s'è amalgamato in quella vita e forza presente che hanno consentito alla nostra sfacciata armata Brancaleone le sue sorprendenti e miti vittorie di socialisti non violenti; vittorie di tutti, le nostre, perché contro i diritti e la felicità di nessuno: simili alle sconfitte dolorose di coloro che ci hanno preceduti, che seppero resistere contro le ideologie violente e antilaiche della sinistra quando sembravano, anch'esse, padrone del mondo, o destinate a divenirle.

Nel Psi è mancata la fiducia e la consapevolezza in questo passato e nel futuro che annunciava e preparava. Nel Psi molti compagni si sono salvati, hanno potuto assicurare qualche contributo di Resistenza. Ma nel Psi troppi avevano disperato, troppi avevano smesso di credere nel socialismo, nell'unico socialismo vero, quello libertario e democratico; e troppo a lungo. Troppi e troppo spesso, sono vissuti accanto, come parenti poveri, ai potenti, alla Dc o al Pci, o a entrambi.

Cari compagni, un'intera generazione politica ci aveva voluti o creduti finiti, dimezzati, inesistenti: basso folklore o calvinerie della sottopolitica. Invece, siamo stati capaci di "non mollare". Portate, invece, con voi, con i partito radicale che siete, una grande, rinata, ragionevole, disordinante speranza di libertà e di liberazione.

Ora dobbiamo tutti saper vivere abbastanza, e abbastanza liberi e felici, perché un grande partito laico, libertario, socialista, democratico di classe, autogestionario, federalista e europeo nasca, nasca e nasca anche da voi, da noi, e s'affermi come forza storica capace di costruire una società diversa e migliore. La formula la conoscete: dall'antagonista radicale al protagonista socialista. E' vecchia, ma sempre buona.

Buon lavoro.

 

Nel PSI A DIRE NO

Intervista a Marco Pannella

PANORAMA, 11 dicembre 1975

"L'ho deciso in fretta. In questi giorni. La domanda l'ho già presentata. Sono andato alla sezione di Roma centro". Marco Pannella, ex-segretario del partito radicale e ora con Loris Fortuna leader della Lega 13 maggio (un organismo che si batte per i diritti civili), ha chiesto di entrare nel Partito socialista italiano.
Un gesto che meditava da qualche tempo e con il quale intende "esorcizzare la bufera che con la prospettiva del compromesso storico si addensa sul Psi, sul socialismo e la democrazia in Italia". Il più drammatico dilemma politico della storia socialista del dopoguerra.
"Panorama" gli ha chiesto di chiarire dettagliatamente i motivi che lo hanno indotto a iscriversi in un grande partito popolare e i suoi propositi di neo-militante. Ecco le risposte.

"Domanda." Perché si è iscritto al partito socialista?

"Risposta." Per dar corpo, un altro corpo, alla speranza di un partito socialista diverso e necessario. Per mettermi, con Loris Fortuna, di traverso all'uscita delle sue sedi che rischiano (metaforicamente, perché in molti casi chi ci va più?) di veder di nuovo e ancora ressa di gente che se ne va via con gli errori di questi giorni e di questi settimane.
Se i compagni del vertice socialista pensano ch'io esageri o sbagli, stiano attenti loro a non sottovalutare la maturità socialista e repubblicana del paese, dei loro iscritti: già il 15 giugno, votando le leggi Reale, pur avendo ottenuto di renderle meno ignobili e pericolose, regalarono al Pci molte centinaia di migliaia di voti di elettori comprensibilmente esasperati. Magari ci fosse stato anche in quell'occasione un Loris Fortuna a dire no, come questa volta, e ad assicurare uno sbocco politico al sentimento unanime della base.

D. Bastano questi motivi per iscriversi a un partito? E il suo impegno nel Psi significa per lei cambiare anche politica?

R. Per un laico e libertario quale sono, il partito è uno strumento di associazione e di lotta politica in una situazione e in un momento dati. Non entro mica in convento né pronuncio voti di castità partitica di monogamia organizzativa, men che mai di obbedienza. Sono un militante della sinistra, sono socialista, laico e libertario, anticlericale, antimilitarista, antiautoritario.

D. Ideologicamente qual è la sua posizione nei confronti del partito socialista?

R. Mi ha a lungo diviso dal Psi la sua identificazione prima con il frontismo stalinista poi con la pratica della collaborazione organica di classe con la Dc, attraverso il centro sinistra. Ora che anche questo errore è, almeno a parole, superato mi sembra urgente e necessario impedirne un terzo, di subalternanza oggettiva e alla Dc e al Pci: di cui abbiamo avuto una incredibile, scandalosa e suicida anticipazione in queste settimane, a proposito di referendum, aborto e diritti civili.
So benissimo che si è trattato di un errore e non di un tradimento, che invece c'è stato proprio da parte di certi giornalisti e di certi intellettuali di casa radicale, di casa nostra. Ma, al limite, questo mi spaventa ancora di più. Spesso una classe dirigente non sa far altro che quello su cui s'è formata. Non è possibile difendere contenuti e obiettivi nuovi con riflessi e modi di far politica vecchi e fradici. Ed è quel che è accaduto in queste settimane. I "giovani" deputati della "sinistra socialista" che hanno condotto l'operazione-aborto si sono mossi come vecchi "democratici del lavoro", vecchi rappresentanti del notabilato radicale massonico e trasformista.

D. La sua iscrizione comporterà qualche cambiamento nel suo modo di pensare e di agire?

R. Non cambio proprio un accidenti. Non "passo" al Psi. Mi do strumenti "giuridici" aggiunti e responsabilità supplementari nella mia politica da marciapiedi, di cornuto divorzista, di assassino abortista, di infame traditore della patria con gli obiettori di coscienza, di drogato, di perverso pasoliniano, di mezzo ebreo e di mezzo-fascista, di liberal-borghese esibizionista e di non-vilento impotente e vegetariano.

D. Quali saranno i suoi veri compagni?

R. Quelli che amo di più, restano quelli della mia storia di goliardo dell'Ugi, ieri, quelli del partito radicale con i suoi movimenti e leghe federati, oggi. Ma anche nel Psi so che l'immensa maggioranza dei compagni di base hanno anch'essi fame, fame di tutto quello con cui amiamo nutrirci: di libertà, di giustizia, di onestà, di socialismo liberale e libertario, di autogestione del proprio corpo, personale e politico, di autogestione del movimento di classe, della società, dello Stato e del partito.

D. Cosa conta di fare nel partito socialista?

R. Tanto per cominciare non aver posti di alcun tipo, né responsabilità di direzione politica nemmeno a livello di sezione. Avremo abbastanza da fare con il movimento socialista per i diritti e le libertà civili, la Lega del 13 maggio, Fortuna, altri compagni, io stesso. Poi, non accettare nessuna candidatura elettorale per il Psi o nel Psi.

D. Non pensa che una presenza radicale in parlamento potrebbe essere utile?

R. Semmai dovessi arrivare a presentarmi alle elezioni a una ormai veneranda età politica, potrei solamente accettare di farlo per dare una mano all'armata Brancaleone radicale, che in Parlamento sarebbe uno splendido gruppo di legislatori (com'è, d'altra parte, già da fuori): per poi dimettermi all'indomani dell'elezione.
Ma, com'è noto, i radicali preparano le loro liste con la ferma e attiva speranza di non doversi presentare nemmeno loro. Hanno proposto al Psi un progetto politico preciso, quello delle leggi d'iniziativa popolare e dei referendum di attuazione costituzionale e di riforma repubblicana dello Stato. Non ne conosco di migliore, per un partito socialista, per il partito della sinistra e dell'alternativa che tutti aspiriamo a costituire.

D. Se a febbraio il congresso del partito socialista fa proprio il progetto radicale...

R. Allora i radicali si federano e lotteranno su questo fronte, appoggiando elettoralmente i socialisti così rinnovati, unitari e alternativi. Insomma "nel" Psi non intendo far nulla per mio conto, tranne che stare con chi, come Fortuna, come una miriade di piccoli consiglieri comunali, militanti sindacali, militanti di base ha mostrato e mostra di ritenermi già da sempre un loro buon compagno. Ma intendo fermamente continuare nelle mie lotte ora anche "per" il Psi, senza la cui crescita e senza il cui rinnovamento non vi sarà né crescita né rinnovamento tempestivi della sinistra, e ormai dello stesso partito comunista.

D. Cosa pensa dell'unità delle sinistre?

R. Credo che il Psi debba e possa, lo ripeto, possa divenire la forza egemone della sinistra, per poi dissolversi nella sua unità. Lo so che questo può sembrare una follia: ma abbiamo sempre poi dimostrato d'esser stati gli unici saggi, quando gli altri ci hanno accusato di essere pazzi.

D. Ma il Psi ha il 12%, il Pci il 35% dei voti. Com'è possibile, a breve termine, che la situazione si evolva nel senso che lei indica e desidera?

R. Va bene, sputo il rospo. Delle due forze socialiste che riconosco tali nel nostro paese, una è quella radicale, l'altra quella del Psi. Quella radicale è in fase di impetuosa avanzata e affermazione. Non solamente l'Italia della vittoria al referendum del 13 maggio sul divorzio, ma anche quella che il 15 giugno dà segni di riconoscervisi, al punto che la soverà Demoskopea può riscontrare che il partito radicale è ormai la quarta forza politica italiana, dopo il partito comunista, la Dc e il partito socialista, con una fascia di interesse elettorale, che parte dal 5% acquisito.

D. Qualcuno potrebbe accusarvi di eccessivo ottimismo...

R. Senza una lira, senza un quotidiano o un settimanale, senza un qualsiasi spazio televisivo o radiofonico, che pur finalmente si riconosce al Pdup, i radicali sono già sulla cresta dell'onda. Sono organizzativamente fragili ed esili, le adesioni maturate in questi giorni, come quella di Roberto Guiducci e, ancor più, quelle di migliaia di donne e di giovani, mostrano che si comincia a comprendere l'essenziale urgenza di irrobustirli e sostenerli. Di contro tanassiani e malagodiani sono ormai delle specie preistoriche in via di meritata estinzione; rischiano di non fare nemmeno un quoziente pieno alle prossime elezioni.
Togliete ai lamalfiani la selva di ministeri e di sottosegretariati, di consiglieri di amministrazione e di assessorati presi da gente di destra e di sinistra, con l'inflazione di pubblicità radio-televisiva e di stampa che ne consegue e al di là di queste apparenze vedrete che sarà un bel successo se manterranno il pugno di parlamentari che già hanno.

D. E il Psi?

R. Temo che continui ad accumulare errori tragici, suicidi, come sull'aborto e sul referendum in questi mesi. Ma se riusciamo a farli superare, a batterli di slancio in queste prossime settimane, e al congresso, a rendergli davvero la consapevolezza che un partito socialista non può che essere attore in proprio della storia politica e civile, economica e sociale di un paese moderno, non potrà compiere altra scelta che quella integralmente laica e libertaria che noi auspichiamo e che riteniamo vincente a sinistra e nella gente. In tal caso il potenziale di sviluppo ci pare immediato e altissimo, la crescita anche elettorale può essere di tipo geometrico. Integrare le due forze, la socialista e la radicale: ecco il nostro progetto, la nostra speranza, il lucido sogno a occhi aperti che, da realisti quali abbiamo mostrato di saper essere, vogliamo vivere e proporre al paese. Dall'antagonista radicale al protagonista socialista.

D. E adesso?

R. Quando si arriva a leggere sull'"Unità" che il progetto Del Pennino sull'aborto è buono e non lo si muterà se non d'accordo con la Dc, state tranquilli che le donne che votano comunista capiscono di che si tratta. Una legge che chiede ai medici di accertare lo stato di salute "futuro" di una donna in relazione all'accertamento e alla valutazione (che deve far lui) delle condizioni sociali, economiche, culturali, ideologiche, morali da effettuare in otto giorni non è una legge: è un lugubre scherzo, una vergognosa trovata che disonora il legislatore, una proposta aberrante, che provoca rivolta morale e obiezione di coscienza sicura nel medico e nella donna, nel democratico e nel cittadino. Tutto questo per sequestrare il referendum, per impedire un'altra definitiva sconfitta dei reazionari e dei clericali.
Egoisticamente dovrei volere che il disegno del Pci andasse in porto: lo sdegno e la ribellione sarebbero tali da battere una volta per tutte l'arroganza e il cinismo di chi ha osato una tale operazione. Sono certo che milioni e milioni di donne e uomini punirebbero anche elettoralmente il Pci, alla prima occasione.

D. E altruisticamente...

R. Mi auguro che l'alternativa e la riscossa dei socialisti e dei radicali non debba passare attraverso questa indecente operazione. Che, soprattutto, non si arrivi davvero, in tal modo, a dare anche l'avallo repubblicano dopo quello fascista al flagello dell'aborto clandestino.
Se i socialisti sapranno impedirlo, nei prossimi giorni o ore, correggendo gli errori fatti, avremo dimostrato insieme che le durissime polemiche e le rotture di un momento in nome degli ideali comuni sono non solo lecite ma doverose e necessarie per la salvezza e la vittoria comuni.

 

ENTRO GENNAIO PRONTE LE LISTE!

Né avventurismo né bluff ma scelta seria e responsabile

NOTIZIE RADICALI N. 221, 12 dicembre 1975

"Il XV congresso del Partito Radicale ha impegnato la Segreteria, il Consiglio federativo, i Partiti regionali, tutte le Associazioni radicali a preparare le liste entro il mese di gennaio. E' questo il primo punto del mandato congressuale che il Partito deve attuare. Il Consiglio federativo nella sua prima riunione del 7 e 8 dicembre ha stabilito un calendario di lavori di qui alla fine di gennaio. Poiché il Partito è già in grado di presentare liste elettorali in tutte le circoscrizioni della Camera dei Deputati, lo sforzo dovrà essere concentrato sui collegi senatoriali per rendere possibile la presentazione delle liste in tutti questi collegi.

Rimane ferma la deliberazione del Congresso: il Partito radicale non auspica la presentazione di proprie liste alle prossime elezioni politiche e farà di tutto, con la propria azione politica, perché questa presentazione non si renda necessaria. Ma qualora la situazione politica lo imponesse, il partito deve essere in condizione di far fronte a questo impegno.
Dobbiamo essere chiari. Se dovessimo giudicare dal comportamento del Psi sull'aborto, dalle reazioni che il suo gruppo dirigente e parlamentare ha avuto rispetto alle gravi denunce e alle dimissioni che Loris Fortuna ha presentato sia alla direzione del Psi, sia dal Parlamento, dovremmo considerare pregiudicata e compromessa ogni possibilità di rapporto con questo partito. E dovremmo ritenere largamente compromessa ogni possibilità e speranza di costruire, facendo affidamento anche nel Psi e nelle sue strutture, una forza socialista, laica e libertaria, non subalterna nei fatti alla Dc e al Pci e agli equilibri politici e di potere che si vanno stabilendo fra i due maggiori partiti.

Non è così. Fino all'ultimo giorno utile non riteniamo conclusa la nostra battaglia per dare esito positivo al confronto che con le nostre proposte congressuali abbiamo aperto con il Psi. La richiesta di iscrizione di Pannella al Psi ne è, crediamo, una conferma. La sua richiesta di iscrizione al Psi proprio nel momento in cui più accesa era la polemica con Signorile e Magnani-Noya e con la stessa direzione socialista, è la più chiara dimostrazione che questa polemica non è rivolta contro il Psi, ma solo contro alcune scelte politiche errate e suicide per questo partito e per l'intera componente socialista della sinistra italiana.

Non rinunciamo affatto, perciò, a portare avanti le nostre proposte al Psi per il programma di legislatura, per la raccolta di un milione di firme per un progetto di integrale applicazione della Costituzione, per un rapporto federativo fra i due partiti. E tanto meno rinunciamo a batterci perché queste proposte abbiano un esito positivo.
Nessuno pretenda perciò di trarre conclusioni sbagliate dal nostro impegno per la preparazione di liste radicali e di ritenere che la preparazione delle liste equivalga automaticamente alla scelta di presentarle. Non è così. Lo abbiamo detto e lo ripetiamo.
Non siamo degli irresponsabili e degli avventuristi. Crediamo di aver dato tutti fino ad oggi, prova di responsabilità.
Nessuno però commetta l'errore opposto: di credere che la preparazione delle liste sia un "bluff" o una manovra, un esercizio spettacolare e puramente dimostrativo.
Se la politica del compromesso storico andrà avanti chiudendo ogni spazio ad una politica socialista autonoma, laica e libertaria, se il Psi si lascerà rinchiudere nella morsa di equilibri politici e di potere che lo condannano al ruolo di una forza secondaria, in quel caso la nostra presentazione diventa necessaria. La presentazione sarà allora un atto di serietà e di responsabilità, perché dovremo assumerci il compito di rappresentare con le liste radicali, anche sul piano elettorale, una posizione autenticamente socialista e libertaria."

 

Parole chiare sui nostri rapporti con i socialisti

di Gianfranco Spadaccia - NR. 221, 12 dicembre 1975

SOMMARIO: L'analisi dei rapporti fra Partito radicale e Partito socialista italiano in relazione alla decisione radicale di presentare proprie liste alle elezioni del giugno 1976. La proposta radicale per un patto federativo con il Psi e di un "programma comune di legislatura".

Cari compagni socialisti,

deformazioni interessate, strumentali campagne di stampa, interessi e pressioni convergenti di ambienti anche socialisti interessati a difendere gli attuali equilibri politici e di potere, tentano di erigere una barriera e di creare artificiosamente una assurda e profonda divisione fra il Partito Socialista e il Partito Radicale.
Il nostro congresso ha rivolto al vostro congresso nazionale, che si svolgerà nel prossimo mese di febbraio, alcune proposte di iniziativa politica comune e, nell'ambito di queste proposte, ha prospettato la possibilità della instaurazione di un rapporto federativo che valga a consentire una sempre più stretta collaborazione e integrazione fra socialisti e radicali. Queste nostre proposte o vi sono giunte deformate o non vi sono giunte affatto. E' difficile stabilire un dialogo diretto fra socialisti e radicali, che avvenga sulle posizioni reali, senza passare attraverso il filtro di queste deformazioni, e di questi attacchi. Questo documento costituisce un tentativo di superare e rompere questa barriera e questo diaframma.
Poiché le tesi unitarie sulle quali si svolgerà il vostro dibattito sono state elaborate ed approvate dalla direzione e dal comitato centrale prima del nostro congresso di Firenze, è ai congressi di sezione che necessariamente e prima di tutto dobbiamo rivolgerci perché, nel congresso nazionale del PSI, possa aprirsi il dibattito anche sulle nostre proposte. Da voi, dai vostri congressi sezionali dipenderà in gran parte la possibilità che il congresso socialista di febbraio non chiuda ma apra un confronto fra socialisti e radicali che a noi sembra necessario ed urgente per il rinnovamento ed il rafforzamento dell'area socialista.
Prima di richiamare queste proposte e di chiarirne il significato sono però necessari alcuni chiarimenti preliminari, che valgano a spazzare il terreno dalle campagne strumentali che sono condotte contro di noi, da alcune polemiche e da alcuni errori di valutazione che abbiamo dovuto registrare da parte di alcuni settori del PSI.

1) Le liste radicali: la nostra decisione di preparare le liste viene interpretata e presentata come una prova decisiva della insincerità delle nostre proposte. C'è chi ha detto che la nostra polemica con i compagni Signorile e Magnani Noya, e successivamente con la direzione socialista, abbiamo di fatto già aperto la nostra campagna elettorale per la presentazione di liste radicali alle prossime elezioni. In realtà chi afferma questo vuole creare le condizioni per rendere inevitabile questa soluzione che noi riteniamo e continueremo a ritenere fino all'ultimo giorno utile, non solo non necessaria ma negativa. Abbiamo sempre dichiarato e ripetiamo che le liste radicali, ma che per quanto ci riguarda faremo di tutto per determinare una situazione che non ne renda necessaria la presentazione. E' quanto stiamo facendo anche con questo documento. E' quanto continueremo a fare da qui al vostro congresso, e successivamente, portando avanti la nostra azione politica, e portando avanti il dialogo con il Partito Socialista a tutti i livelli. Per anni abbiamo lavorato politicamente senza disporre di un deputato, fuori del Parlamento. E crediamo di aver dato prova in tutti questi anni di responsabilità nei confronti di tutta la sinistra e del paese. Anche nelle polemiche che abbiamo condotto contro alcune scelte che ritenevamo gravi ed errate della sinistra, sono i fatti che ci hanno dato ragione: è sufficiente pensare a come sono andate le elezioni politiche del 1972 e al risultato del referendum, che ha aperto la strada al successivo risultato del 15 giugno. Non potete credere perciò, compagni socialisti, che improvvisamente siamo travolti da manie e velleità parlamentari ed elettorali. Ma nessuno può pretendere da noi radicali, che si attenda passivi e disarmati il volgere degli avvenimenti. E nessuno può pretendere da dei laici, da dei libertari, da dei socialisti, come noi siamo, una delega in bianco e un atteggiamento di speranza fideistica nei comportamenti e nelle scelte del resto della sinistra e del partito socialista. Ciò che rappresentiamo, ciò che abbiamo creato in questi anni con la nostra azione militante, con le nostre lotte, con la nostra organizzazione libertaria e autogestita, costituisce un patrimonio della componente socialista della sinistra italiana che abbiamo il dovere, nell'interesse comune, di non disperdere e di potenziare.

2) Radicali e Socialisti: il compagno De Martino ha recentemente affermato in una intervista a "Panorama" che il PSI è sensibile a tutti i problemi di libertà ma li affronta tenendo conto dei problemi economico-sociali: "Siamo un partito socialista - ha detto - e non un partito radicale o radicalsocialista". Dal 1963, da molto prima che esistessero i "modelli Mitterrand" e le alternative di importazione laica, democratica e socialista alla DC e all'attuale regime. Durante tutti gli anni '60 abbiamo condotto, sulla base di una analisi di classe, lotte e polemiche contro il capitalismo e il corporativismo di stato, quando il PSI puntava tutte le sue carte sulle partecipazioni statali, e molto prima che in altri settori della sinistra italiana, del giornalismo e nello stesso PSI si scoprisse la polemica contro le baronie di regime, contro gli enti inutili, contro la borghesia di stato, contro i ceti parassitari. Siamo stati i primi in Italia a parlare di socialismo libertario e di autogestione. Abbiamo già nel 1964/65, anche qui sulla base di una analisi di classe, dimostrato l'irrealizzabilità delle riforme che il PSI iscriveva nei propri programmi e che pretendeva di realizzare con forze sociali e politiche, e con strumenti di intervento, che non potevano tollerare quelle riforme. Da anni ormai abbiamo fatto una scelta irreversibile per l'unità della sinistra, di tutta la sinistra, e ci consideriamo una forza socialista libertaria. Non sappiamo quindi di quali radicali o radical-socialisti parli De Martino, non certo di noi. Riteniamo che sia interesse di tutti abbandonare i nominalisti e le false contrapposizioni ideologiche. Non vediamo perché le "scelte socialiste" degli innumerevoli azionisti, che a cominciare dal compagno De Martino nel dopoguerra sono confluiti nel PSI, o per fare un esempio più recente di Livio Labor, debbano essere considerate in maniera diversa dalla "scelta socialista" dei radicali.

3) Polemica sull'aborto. Una sistematica campagna di disinformazione e di falsificazione ha consentito solo parzialmente all'opinione pubblica e alla base socialista di cogliere il significato e l'obiettivo delle denunce di Loris Fortuna, di Marco Pannella, del comitato promotore del referendum, del Partito radicale, del Movimento di Liberazione della Donna. L'Avanti! ha la sua parte di responsabilità, avendo censurato sistematicamente le notizie e le dichiarazioni di Loris Fortuna e dei radicali, e avendo preferito fare appello alle reazioni del patriottismo di partito. L'on. Signorile afferma che noi volgiamo a tutti i costi il referendum. Signorile mente sapendo di mentire. La nostra polemica, le nostre denunce erano e sono rivolte contro le errate scelte di Signorile e di Magnani Noya, poi avallate dalla direzione socialista. La successiva mobilitazione dell'opinione pubblica, e in primo luogo dell'opinione pubblica socialista, è stata rivolta a riparare agli errori di queste scelte che, preferendo la strada del compromesso, a quella della lotta e del chiaro confronto parlamentare, avevano fatto perdere ai socialisti e agli altri partiti laici qualsiasi forza contrattuale nei rapporti con la DC e con il PCI.

Compagni socialisti, con le nostre proposte al vostro partito non chiediamo rotture traumatiche o brusche soluzioni di continuità nella vostra linea politica, nella vostra tradizione, nel vostro modo di concepire e di praticare l'organizzazione politica del partito e la sua presenza e la sua iniziativa politica nella società. Non chiediamo al PSI processi di rifondazione che rimettano in discussione tutto e subito dalle fondamenta. Tanto meno, poiché non siamo mai stati e non siamo certo diventati oggi in questa occasione, delle mosche cocchiere, abbiamo la presunzione di pretendere che il PSI faccia sue le nostre analisi e la nostra linea complessiva. Sappiamo benissimo che il PSI di De Martino non è la SFIO di Guy Mollet e che le "operazioni Mitterrand" non sono possibili. Ma proprio perché il PSI è una forza senza paragoni più positiva che la SFIO, noi riteniamo che il processo di rinnovamento e di rafforzamento del socialismo italiano possa avere in Italia in prospettiva possibilità di successo non inferiori a quelle che ha avuto in Francia.

Riteniamo però che i tempi che voi e noi per questo abbiamo davanti, di fronte ai processi politici generali del paese, e di fronte all'avanzare in maniera strisciante e surrettizia della strategia del compromesso storico a tutti i livelli e in tutti i settori, siano tempi brevi e non lunghi. Ed è necessaria una iniziativa politica che sia adeguata alla gravità e serietà della situazione e alla brevità dei tempi che abbiamo dinnanzi. Le proposte che noi rivolgiamo al PSI sono in questo quadro proposte, secondo la nostra prassi, precise e modeste, anche se non ultimative, su problemi sui quali sappiamo che la base socialista, il gruppo dirigente, l'intero partito socialista possono se vogliono prendere l'iniziativa perché appartengono a un patrimonio di posizioni ideali e politiche che non è solo radicale ma anche socialista.

C'è una sola rottura che bisogna operare perché queste proposte possano essere accolte e diventare operanti: ed è una rottura, questa sì necessaria ed urgente, con una certa passività socialista di fronte al procedere degli avvenimenti e allo svolgersi dei processi politici.

Richiamiamo qui le nostre proposte:

PROGETTO DI LEGISLATURA - Noi chiediamo al PSI di aprire nei prossimi mesi, subito dopo il congresso socialista, un confronto e un dibattito, aperto ai radicali e alla altre forze disponibili, e capace di coinvolgere tutte le energie intellettuali e militanti, per la elaborazione di un programma di legislatura di riforme economiche, sociali e istituzionali: un programma che possa costituire un chiaro elemento di confronto con il partito comunista per un eventuale e auspicabile "programma comune della sinistra" e che, insieme, possa costituire un elemento di valutazione e un chiaro punto di riferimento e di aggregazione di nuove forze sociali e politiche intorno al PSI.
E' una proposta che già il compagno Gilles Martinet rivolse al PSI all'indomani del 15 giugno e che noi oggi riproponiamo.
La sinistra con le ultime elezioni regionali e amministrative è giunta ormai ad un passo dalla maggioranza assoluta. La crisi economica e politica che stiamo attraversando, con i costi sociali che la classe operaia e i ceti più disagiati della popolazione (sottoproletariato e vasti settori della piccola borghesia) sono già stati costretti a pagare in termini non solo di reddito ma anche di occupazione, obbligando la sinistra ad assumere tutte le sue responsabilità e a non rinviarle. Esiste invece un vuoto fra le formule generali (gli "elementi di socialismo" di cui parla il PCI, il "processo di transizione al socialismo" di cui si parla nelle vostre tesi e che si ritiene necessario) e il modesto dibattito teorico e politico che vede la sinistra logorarsi sui piani a medio termine progettati da questo governo Moro-La Malfa. E' un vuoto programmatico che occorre riempire, che i socialisti debbono riempire.

RACCOLTA DI UN MILIONE DI FIRME PER LA REINTEGRAZIONE DELLA LEGALITA' REPUBBLICANA, PER LA PIENA ATTUAZIONE DELLA COSTITUZIONE, PER LA DEFINITIVA ABROGAZIONE DELLA LEGISLAZIONE FASCISTA, PER L'AFFERMAZIONE DEI DIRITTI CIVILI.

Due anni fa il Partito socialista disse no all'iniziativa radicale di raccogliere mezzo milione di firme su otto referendum abrogativi di leggi fasciste, clericali, autoritarie, militariste. Lo scorso anno la direzione del PSI non prese posizione sul referendum sull'aborto, lasciando di fatto libere sezioni e federazioni di appoggiarlo, ma disse non agli altri cinque referendum proposti dal Partito radicale.

C'era, dietro questo rifiuto e questa ostilità ai progetti referendari radicali, la preoccupazione che il referendum potesse diventare uno strumento anti parlamentare: questo almeno per la giustificazione ufficiale. In realtà la preoccupazione reale era che i referendum potessero mettere in crisi gli equilibri politici. Non condividiamo queste giustificazioni.
Ma il prossimo anno la Costituzione rende impossibile la presentazione di richieste di referendum. Noi proponiamo allora al PSI e alle altre forze della sinistra di mobilitarsi insieme a noi nel paese per la raccolta di un milione di firme intorno ad uno o molti progetti di legge di iniziativa popolare che costituiscano una specie di legge-quadro per l'attuazione della Costituzione, una specie di carta dei diritti dei cittadini. Il o i progetti di legge (un gruppo di compagni ne sta studiando la formulazione e sta esaminando anche la possibilità di predisporre un'unica legge quadro) dovrebbero riproporre i contenuti dei referendum radicali (abrogazione del Concordato, dei codici e dei tribunali militari, dei reati d'opinione e sindacali del Codice Rocco, della legge Reale), ma anche affrontare e risolvere problemi come quelli del sindacato di polizia e dei diritti politici e civili dei militari. Nulla impedisce di includere in questo progetto altri problemi.
Il destinatario dei progetti di legge di iniziativa popolare è il Parlamento. Cade così la preoccupazione che fu opposta dal PSI ai nostri referendum. Si tratta a partire da febbraio di scendere nelle piazze, davanti alle fabbriche, nelle città e nei paesi a raccogliere non le cinquanta mila firme richieste dalla Costituzione ma almeno un milione.
E' altro aspetto - strettamente legato al precedente - del necessario programma di legislatura socialista.

FEDERAZIONE

Se su questi due progetti sarà possibile una iniziativa comune, noi abbiamo dichiarato con il nostro congresso la nostra disponibilità alla instaurazione di un rapporto di federazione con il PSI. Sulle forme di questa federazione avremo tempo per discutere e, se esisterà la volontà politica, non saranno certo i problemi formali o statutari che creeranno degli ostacoli.
La formula della federazione ci appare in via transitoria la più adatta ad integrare sempre più strettamente socialisti e radicali in azioni e lotte comuni e anche in forme e strutture organizzative comuni, senza correre il rischio di un automatico dissolvimento nel PSI, che rischierebbe di annullare potenzialità ed energie anziché moltiplicarle.
Questa volontà di integrazione, di collaborazione, di lotta comune esiste da parte del Partito Radicale. Perché possa esistere da parte del PSI, la prima risposta, il primo impegno, compagni socialisti, deve venire da voi, nei vostri congressi sezionali.