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Cronologia del Partito Radicale -
1986

Cessazione delle attività

di Giovanni Negri e Marco Pannella NR157, 7 luglio 1986

1) STATO DEL PROGETTO DI CESSAZIONE DELLE ATTIVITA'

a) "sul piano tecnico-giuridico": Notizie Radicali (distribuito durante la Conferenza) pubblica il parere del prof. Chiola sui problemi connessi alla tutela del nome e del simbolo, del patrimonio, al finanziamento pubblico, all'esistenza degli eletti e del Gruppo. Prima dell'Assembla generale sarà conosciuto anche quello del prof. M. S. Giannini e di un gruppo di esperti. E' sulla base di questi due documenti, e del dibattito che l'Assemblea avrà svolto in proposito, che il Segretario del PR proporrà al Consiglio Federale, prima del Congresso, e per il Congresso stesso, il progetto definitivo;

b) "sul piano politico": è prevalente, pressoché generale, la interpretazione secondo la quale il progetto di cessazione precluda "politicamente" progetti di ``conversione'' del Partito, di qualsiasi ``confluenza'', diretta o indiretta, del partito stesso in altre formazioni fra quelle esistenti, o - allo stato - anche fra altre, nuove; non si tratta, infatti, da parte del PR, di un giudizio negativo sulle propie chances - in assoluto - di serbare e incrementare i suffragi fin qui avuti e il peso di opinione anche ai vertici delle istituzioni e della politica: si tratta di un giudizio sull'impantanamento e la paralisi delle istituzioni e del gioco "democratico" (non di quello ``politico'', sulla crisi del "sistema di usurpazione partitocratico" che si rivela comunque incapace di garantire alle istituzioni, al paese, ai cittadini un governo adeguato della società e delle istituzioni, la certezza del diritto e l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, delle forze politiche di fronte al suffragio popolare. In tale contesto, se accettato, è impossibile immaginare il funzionamento democratico, qualsiasi vera alternanza, qualsiasi vera politica di governo, di riforma, di progresso.

2) Ipotesi principali: adozione da parte del congresso del progetto, che comporterà un congruo periodo per essere attuato; adozione di una diversa scelta e linea politica, in alternativa.
Lo scenario probabile dovrebbe essere il seguente: verifica politica attraverso il grande dibattito dell'Assemblea generale degli iscritti che si terrà a Roma il 25/27 Luglio della prospettiva della cessazione delle attività, dopo più di un semestre dall'apertura del dibattito nel partito sulla relativa delibera congressuale, con una sostanziale apertura del dibattito precongressuale; a settembre, presentazione delle "linee" del progetto da parte del Segretario al Consiglio Federale, presentazione "del progetto" al Consiglio federale nell'immediata vigilia del Congresso (fine ottobre, a Roma); decisione del Congresso. Sin d'ora si può affermare che, se adottato, il progetto (politico e non meramente esecutivo) di cessazione delle attività comporterà/ebbe un congruo periodo (semestrale?) di ``attività di cessazione''. E' evidente che il Congresso, sovrano, potrà esser investito di altre soluzioni, alternative: prosecuzione ordinaria dell'attività, promozione di ``conversioni'' del Partito, di ``intese'' con altre forze, ecc. Ma, "allo stato", nulla consente di considerare probabile iniziative di tal fatta da parte degli organi istituzionali (Segretario, Tesoriere, Consiglio Federale) o di esponenti o gruppi di esponenti del partito con particolari responsabilità attuali o passate. Ovviamente nell'Assemblea potrebbero manifestarsi tendenze di questo tipo; ma, per ora, si tratta di mere ipotesi teoriche.

3) Carattere esemplare e - almeno indirettamente - di proposta ad altre forze politiche democratiche dell'eventuale cessazione di attività, prodromo probabile della chiusura del p.r. - l'autodistruzione, come prospettiva, del p.r. quale stimolo e detonatore per un nuovo assetto politico, nuove strategie, convergenti con una riforma di tipo ``anglosassone'', di democrazia politica anziché consociativa, costituzionale anziché ``materiale'' del sistema politico.
Da quando il Partito Radicale (sin dal lontano 1980) ha progressivamente posto al centro della propria esistenza il problema della certezza del diritto, dell'usurpazione e della paralisi partitocratica, della crisi delle istituzioni e del gioco democratico, e l'ha posto in termini di ``non-collaborazione'', di ``disobbedienza civile'', di ``obiezione di coscienza'', di ``sciopero del voto'', di ``codice di comportamento'' di contestazione della legittimità costituzionale e democratica del Parlamento, e delle altre istituzioni, sono maturate progressivamente ampie analisi convergenti, per ora specie a livello di analisi e di teoria politica. Le affermazioni più recenti di un ``padre della democrazia'' come Norberto Bobbio, fino a quelle di lobbies potenti come quella scalfariana, l'esito - clamoroso, per molti versi, di una ``ricerca'' sulla concretezza del diritto e sul gioco democratico che sarà reso pubblico fra breve, confermano ormai che il P.R. aveva visto giusto, ed a tempo. Ma non si traggono ancora conseguenze operative, concrete, di fronte alle denunce ed alle analisi di questo tipo, che sembrano condivise da gran parte dell'opinione pubblica, non più accusata per questo di primario qualunquismo e di irresponsabilità civile.
"Se è quindi indubbio il carattere di registrazione di una sconfitta politica del Partito Radicale" come partito dello Stato di diritto e della democrazia politica, il progetto di cessazione delle attività costituisce il tentativo di evitare che questa sconfitta si muti in "fallimento politico" della realtà e della prospettiva di democrazia politica e di Riforma civile e istituzionale per tutti e per ciascuno.
La cessazione della attività, come obbligata per chi non voglia ridursi ad alibi per il regime che avversa e quindi anche a rinuncia alla speranza generica di rivolgimento della realtà e della prospettiva, è quindi certamente un ulteriore aggravamento, inevitabile, e costoso, della situazione. Ma è lecito almeno sperare che in tal modo si riesca a contribuire ad un incardinamento di una maggiore coscienza dei propri doveri e dei propri interessi, oltre che di quelli della democrazia e del diritto, da parte di una parte almeno della classe dirigente, quella che sembra aver scoperto, o essere sul punto di scoprire, il carattere di "sistema", "istituzionale", dell'usurpazione partitocratica, con il seguente onere di impegnarsi concretamente a creare una via d'uscita, a conquistare una diversa realtà, a battere le forze della conservazione - impossibile - del regime esistente.
Se si dovesse - dunque - arrivare alla adozione del progetto di cessazione delle attività, e - nel persistere delle condizioni che ne sono alla base - all'autoscioglimento, all'autodissoluzione del Partito Radicale, sarebbe lecito sperare che da questo atto di rigore morale e di vigore civile si accendano scintille o il detonatore della riforma di sé e del sistema che è per noi necessario provocare in Italia.

4) E’ possibile immaginare il superamento della proposta di cessazione delle attività, fare l'economia di questo atto grave per le forze democratiche e per le stesse istituzioni? quel che il pr ha avuto la forza di individuare per se stesso anche per evitare che una sconfitta politica di una parte si traduca in contributo per il fallimento storico di un ideale concerne - a ben vedere - gli stessi partiti della partitocrazia, che rischiano di scomparire anch'essi, di essere morti che credono d'essere vivi.
La crisi di governo dovrebbe rendere clamorosamente evidente una evoluzione che il PR indicava da tempo, come anche altri ma senza trarne coerenti previsioni e constatazioni: gli stesso partiti della partitocrazia stanno, nel bene e nel male, scomparendo. Non v'è più DC, ma De Mita; PSI, ma Craxi; MSI, ma Almirante; PRI, ma Spadolini... Le decisioni, le scelte di questi partiti sono apprese dai partiti stessi dai giornali, "la mattina dopo" della loro adozione e comunicazioni da parte del ``leader''. In tal modo, ovviamente, scelte e obiettivi tendono a perdere completamente respiro storico e politico, per divenire di mera amministrazione dell'esistente in termini di potere e di sottogoverno, di voti e di posti.
Paradossalmente la crisi attuale sembra determinata più dalla condanna all'uniformità sostanziale alla quale i ``leader'' tentano di ribellarsi con l'enfatizzazione incattivita di esigenze sempre più bizantine o sempre più di immagine, che da dissensi e differenze di fondo.
Si accelera rapidamente il processo di sterilizzazione di tutto l'esistente politico, dopo quello dell'esistente democratico: il Parlamento, diviene un ingombro inutile e dannoso; poi lo diventa la stessa vita ``democratica'', ``statutaria'' dei partiti della partitocrazia. Privo di questi, ed altri, punti di riferimento, il Governo del paese passa da una ``stabilità'' positiva, favorita da quei voti, a riscontrare il rischio d'esser esso stesso vuoto di possibilità reali, di prospettive drammaticamente necessarie se devono esser adeguate ai grandi rivolgimenti della società.
Lo ``specifico'' radicale ha rappresentato, per oltre un decennio, "anche" un surrogato, un palliativo, a questa crisi: i diritti civili, la messa in crisi dei momenti peggiori della ``democrazia consociativa'' che sembrava esser condannata a darsi un contesto violento per legittimarsi e per funzionare, l'alzare il tiro della politica con gli obiettivi della politica della vita contro lo sterminio per fame e il degrado del diritto e delle istituzioni, sono serviti a tutti, avversari compresi, che ne hanno tratto una sorta di ``legittimità'' della politica e del sistema, per almeno un paio di generazioni di cittadini.
Ma il digiuno di democrazia non può - come ogni altro - esser sopportato a lungo, troppo a lungo, indefinitivamente: l'impossibilità del paese di ``conoscere per giudicare'', la distorsione sistematica dell'immagine radicale, alla lunga, sta portando le conseguenze fatali: se il PR può sempre contare di avere medie fra ``socialdemocratiche'', ``repubblicane'', o anche ``missine'' (il che non lo interessa) deve oggi riscontrare l'impossibilità di produrre quei fenomeni politici di vittorie e conquiste di maggioranze sociali che l'hanno interessato e ``giustificato''.
Gli ``iscritti'' restano sostanzialmente gli stessi, numericamente tendono perfino a contrarsi, con quel che comporta per un partito che vive secondo le indicazioni dell'art. 49 della Costituzione, come associazione privata anche se di interesse pubblico, con l'autofinanziamento delle proprie attività, nella legalità statutaria e pubblica la più esasperata.
I cittadini in grado di giudicarli diventano sempre meno: appartengono a fasce generazionali memori delle battaglie sul divorzio, sull'aborto, sui diritti civili, sulla questione morale, che abbiano memoria intensa e propria di "quel" Partito, sicché è loro ancora possibile comprendere "questo" (identico) Partito. Intanto il Parlamento diviene impraticabile e insignificante, lo scontro ideale e politico inesistente, le ragioni stesse dell'impegno democratico diventano irriconoscibili.
In questo contesto "l'ipotesi di un superamento della prospettiva della cessazione delle attività, come necessità politica e unica opportunità non negativa" appare oggi affidata o ad un'improbabile conoscenza da parte di ampi settori della opinione pubblica delle ragioni della scelta cui il PR si ritiene: riterrebbe costretto, con conseguente salto di qualità del loro sostegno e del loro impegno con il PR, o da una presa in considerazione e in carico da parte di altre forze politiche, o ambienti dirigenti, dello stesso risultato.
E' sembrato nel PR, nel dibattito fin qui svolto, ad es., che un ``salto'' dal tremila e diecimila iscritti per il 1987, acquisito dal Congresso del novembre 1986, costituirebbe un segnale e una situazione di novità sostanziale, quanto meno nella congiuntura immediata, tale da costringerlo a rimettere in discussione la decisione di cessare le attività in quanto un nuovo rapporto di forze fra l'esistente e l'auspicabile ``radicale'' si verrebbe in tal modo così a determinare.
E' pensabile che questo avvenga? Sì. E' probabile? Assolutamente no, specie in considerazione che finora nessun partito, nessun ambiente, nessun ``osservatore'', nessun ``intellettuale'', nessun ``laico'', ``socialista'', ``liberale'', ``democratico'' che dir si voglia, ma proprio nessuno, ha mostrato anche solamente di accorgersi del problema posto a se stessi, ma anche a loro, dai radicali.
I radicali, in questi anni, hanno mostrato di sapersi porre il problema di storie ``altre'', e non solamente quelle più vicine, come direttamente interessanti la loro stessa vita, a volte come proprie. Così, al di fuori e magari contro ogni ``contrattualità'', è accaduto nei confronti del PSI e del PLI, financo del PSDI, in alcuni momenti, e di attese e interessi tradizionalmente propri al mondo dei credenti e dei cattolici.
E' sulla base di questa capacità che - mentre consultano il livello di pericolo come superato anche per i partiti di regime, amici o avversari che siano - non cessano di lanciare segnali e di operare anche concretamente per una Riforma "del" sistema, anziché "contrapposta al" sistema, per indicare agli scontenti di ogni famiglia storica e politica, a cominciare da quelli laici, liberali e socialisti, l'obiettivo della costituzione di una nuova ``prima forza'' e di una speranza per l'oggi, non per un lontano futuro, di democrazia e di progresso, di giustizia e di libertà.

5) All'assemblea generale degli iscritti sono stati o saranno invitati i segretari e i presidenti dei gruppi parlamentari di tutti i partiti, sia per ascoltare la relazione introduttiva sia per intervenire. il PSI ha già assicurato la sua piena partecipazione, e - nel corso della riunione con il pli nella quale si discuterà di un patto di consultazione istituzionalizzato fra i due partiti - anche questo tema sara' all'ordine del giorno dell'incontro fra PLI e Pr.

6) Il presente testo intende costituire un testo di base per il dibattito esterno, e non solo interno, sul progetto di cessazione della attività del Pr, quale progetto che coinvolge e riguarda direttamente quanti intendono operare per il superamento dell'attuale crisi politica e istituzionale in direzione di una riforma profonda in senso democratico e costituzionale del sistema attuale. ed il ``lancio'' di questo testo e' l'oggetto più specifico della conferenza-spampa tenuta il 7 luglio da Negri e Pannella.

7) Il comportamento nei confronti della chiusura delle trasmissioni di Radio radicale - che si evoca per ultimo essendo forse il primo per valore e per esemplarità - può meglio consentire la riflessione e l'assunzione di responsabilità, in quale direzione che sia, da parte della classe dirigente: da ogni parte di riconosce ora che RR costituisce o costituiva (se non sarà risolta nelle prossime settimane la sua situazione di crisi) il solo esempio di servizio pubblico, e di servizio democratico per tutti. 3535


Cessazione delle attività: un estremo tentativo di dialogo

di Gianfranco Spadaccia NR192 del 20 agosto 1986

La risoluzione del congresso, che impegnava gli organi esecutivi a predisporre un progetto di cessazione delle attività del Partito radicale, è stata a lungo vissuta come una minaccia incombente, e come un incubo minaccioso è stata a lungo rimossa e allontanata per non affrontarla.
L'assemblea del 25, 26, 27 luglio ha interrotto la rimozione. Il dibattito sulla cessazione delle attività è divenuto tema di dibattito politico interno al Partito radicale, ed ha cominciato ad essere tema di riflessione e di confronto per le altre forze politiche e per la stampa.
Si poteva temere che i radicali disertassero l'assemblea: se si doveva discutere di cessazione, di autoscioglimento o di chiusura, perché affrontare un lungo viaggio, spostarsi con il caldo di fine luglio, partecipare ad un'assemblea faticosa e triste? Invece alle ore 16 del 25 luglio, quando Pannella ha cominciato la sua relazione, la vasta sala dell'Hotel Jolly era gremita, e molta gente era costretta a seguire i lavori in piedi. E il clima dell'assemblea non è mai stato in quei tre giorni quello di un funerale. Non era il clima di un partito in liquidazione.
Si poteva temere un dibattito tutto emotivo e conflittuale, superficiale e rancoroso, come a volte sono stati i dibattiti radicali. Invece è stato un dibattito teso e approfondito, con molti interventi belli e suggestivi: un dibattito né triste né disperato, ma al contrario aperto alla speranza, dibattito che ha avuto la capacità di guardare all'esterno, allo spessore dei fatti e dei processi reali, ed anche alla realtà della propria interna capacità e inadeguatezza ma pur sempre in relazione alla gravità di quei condizionamenti oggettivi (gravi nel senso di "gravare", come ostacoli che gravano sul terreno e che è difficile rimuovere per mancanza di forze).
Non tenteremo neppure di ricostruire qui, pretendendo di riassumerli in maniera necessariamente grossolana e sommaria, i diversi contributi, le diverse voci, i diversi accenti di questo dibattito. Possiamo forse tentarne una impressione conclusiva, una sintesi davvero essenziale (e perciò forse incompleta e sfocata). Questa consapevolezza della "mancanza" di forza radicale, della propria incapacità e inadeguatezza a battere l'assenza di democrazia, diventa determinazione collettiva a non subire passivamente la sconfitta e il fallimento, a non farsi "cessare" dagli avvenimenti. Diventa determinazione a progettare la propria cessazione, come annuncio rivolto agli altri: denuncia certo delle condizioni che la rendono inevitabile e obbligata, ma anche estremo tentativo di dialogo con le altre forze politiche, con i non radicali, perché si adoperino lì dove i radicali non sono riusciti, o perché insieme, finche si è in tempo, si provino a rimuovere con i radicali, divenendo radicali anch'essi, gli ostacoli che da soli gli iscritti al Pr, questi iscritti al Pr, non sono in grado di rimuovere.
E' questa consapevolezza, la consapevolezza di questo compito, che ha fatto dell'Assemblea un convegno di gente non rassegnata. Proprio per questo, Pannella e Negri hanno potuto dare un appuntamento a tutti al congresso di fine ottobre, rivolgendo un appello perché sia un congresso numeroso come mai sono stati i congressi radicali.
E il dopo? E dopo la cessazione? A queste domande nessuno è stato in grado di rispondere, nessuno ha la risposta. Con il progetto di cessazione si apre un processo che non ha sbocchi preventivi, che non consente sicurezza, può avere diversi esiti, e fra questi e in primo luogo la scomparsa del Partito radicale. Ma intanto il progetto di cessazione è un impegno di lotta, di dialogo e di speranza, non un progetto di liquidazione. Ne può derivare la chiusura, ma potrebbe derivarne invece una nuova straordinaria aggregazione di energie e forze intellettuali e politiche, fino ad oggi insospettate, e certamente impreviste e imprevedibili: questa aggregazione potrebbe trovare forme nuove e diverse dal Partito radicale, o potrebbe portare invece ad una rifondazione del Partito radicale come motore essenziale del rinnovamento laico e della riforma democratica della società e dello Stato.
Si poteva temere che il mondo politico reagisse tutto con sordità e cinismo, o con interessata aspettativa, all'annuncio della cessazione delle attività del Partito radicale. Si poteva legittimamente ritenere che attraverso la stampa passasse solo un messaggio negativo: un messaggio di fallimento e di chiusura. Invece abbiamo avuto segni di presenza e anche di "partecipazione" da parte dei massimi dirigenti dei partiti laici e socialisti, segni di attenzione e di confronto da essi e anche da appartenenti ad altri partiti, inusitati "per" e "con" il Partito radicale. Non davano insomma l'impressione di essere lì, come qualcuno li ha descritti, forse proiettando sugli altri proprie malsane e illusorie aspettative, al capezzale del malato, pronti a spolpare l'osso dell'eredità elettorale del Partito radicale.
Se qualcuno si fosse fatto queste illusioni, Marco Pannella si è del resto adoperato per dissuaderlo subito, che l'eredità elettorale radicale non andrebbe ai più vicini, ma ai più lontani, ad alimentare la protesta comunque agitata, o ad alimentare il partito del rifiuto e dell'astensione. Al contrario, fra la relazione di Pannella, tutta tesa a farsi comprendere da questi "altri", e gli interventi di Spadolini, di Martelli, di Ciocia, di Patuelli, di De Luca e di Gunnella ma anche di Baldassarre Armato, si intreccia uno scambio di valutazioni politiche, di proposte e risposte che lasciano intravvedere la possibilità di rapporti diversi, la speranza forse di nuove unità, comunque almeno la promessa della crescita di un dialogo comune.
Pannella ha lanciato una provocazione ai "laici" e ai socialisti: ma davvero ritenete che fra voi, e fra voi e noi, ci siano differenze e distanze più gravi di quelle che non hanno impedito a Ingrao e Amendola di stare insieme nello stesso partito comunista, o che non impediscono a De Mita, a Donat Cattin, a Forlani di militare nella stessa Democrazia Cristiana? E ha fatto seguire una proposta appena accennata, quasi sussurrata: è davvero possibile pensare che i segretari del Psi e Pli, Pri e Psdi, e Partito radicale possano convenire di trovarsi periodicamente, senza agende prefissate, senza pubblicità, per discutere della situazione politica e delle prospettive comuni?
Abbiamo visto Spadolini, che pure non ha raccolto questa proposta, abbandonare il testo di un intervento già scritto per rispondere alle sollecitazioni e alle analisi di Pannella. E abbiamo ascoltato le risposte positive a questa proposta di Martelli e Ciocia per il Psi e il Psdi, di Patuelli e di De Luca per il Pli, in interventi di cui riportiamo ampli stralci e che appaiono attenti ai problemi istituzionali e politici, ai problemi di democrazia e di diritto, "rivelati" dalla questione della "cessazione" radicale.
Dall'assemblea di questo partito "cessante" è stata anche riproposta l'idea di una radicale riforma istituzionale ed elettorale del sistema politico, attraverso il passaggio radicale dalla proporzionale al sistema uninominale anglosassone.
Un altro segno anche questo di volontà democratica e riformatrice. Ma abbiamo la capacità di avvertire noi stessi e gli altri che questo segno di vitalità corre il rischio che hanno già corso le altre nostre battaglie per la vita e per il diritto: di essere cioè smorzato prima dalla disinformazione, e soffocato poi dalla mancanza di confronto democratico.
E tuttavia proprio dalla stampa c'è venuta proprio nei giorni dell'assemblea e in quelli immediatamente successivi, un'attenzione critica incoraggiante: non tanto e non sempre dagli articoli di cronaca del dibattito, quanto da una serie di articoli e di editoriali di commentatori e di politologi, dedicati alla questione della cessazione delle attività del Partito radicale (come gli altri dedicati alla chiusura di Radio radicale). Alcuni di questi articoli, i più interessanti, sono riportati in questo numero di "Notizie Radicali". Anche da questo è possibile sperare che una questione che apparirebbe solo del Partito radicale diventi una questione della democrazia italiana; la questione della riforma democratica della società e dello Stato. 307


Lasciate che i Piromalli vengano a me ...

di Marco Pannella CORRIERE DELLA SERA, 4 settembre 1986

Pannella spiega la decisione dei radicali

SOMMARIO: Gli ergastolani Giuseppe Piromalli e Vincenzo Andraus, responsabili di numerosi feroci assassinii, si sono iscritti al Partito Radicale. E' scandalo nella stampa. Per i benpensanti di regime l'assassino deve restare tale e non può invece riconoscere la forza della nonviolenza, manifestare il suo rispetto e solidarietà con il partito del diritto e della nonviolenza.

I miei compagni pensavano forse di poter dare l'annuncio che, per garantire alla democrazia italiana (tutta futura o lontano ricordo) il "sale" del Partito radicale, gran parte del Gotha intellettuale del Paese aveva deciso di prenderne la tessera. Magari questo accadrà. Intanto - però - la "tessera" l'han presa "il padrino" Giuseppe Piromalli ed il pluriassassino Vincenzo Andraus, che in tal modo diventano - certamente e ne sono ben felice - miei e nostri compagni di lotta, quanto meno per i sessanta giorni che ci separano dal "nuovo anno radicale", se ci sarà.
La notizia - riconosciamolo - c'è: ad accorrere per "dar corpo, voce e mano" al Partito della non violenza, dello stato di diritto, della democrazia politica, ad accorrere per salvarlo, fra i primissimi, sono due ergastolani cui la giustizia ha addebitato, per ora, una mezza dozzina di omicidi a testa.
Non ho necessità di chiedermi perchè mai lo facciano, visto che noi abbiamo chiesto a tutti i cittadini italiani di farlo, e quindi anche a loro. Se mai il mio e nostro problema è di capire perchè mai gli altri non lo facciano e non l'abbiano fatto fin qui!
Posso però immaginare che il "padrino" Piromalli, capo di una famiglia che ha esercitato molto potere nella sua regione, condividendo con la classe politica, trovandosi ora a oltre sessant'anni chiuso, probabilmente per sempre, in galera e conoscendo meglio dei più la serietà, l'onestà, il rigore, la capacità dei radicali e anche l'efficacia della loro non violenza, avendo oggi più che mai anche lui bisogno di giustizia e di "giusti", sia lieto, potendolo, di dare una mano a costoro, che gliela chiedono. Posso immaginare anche che Vincenzo Andraus, come altri violenti "politici" e non solo "comuni", voglia rendere omaggio, testimoniare rispetto e amicizia per chi con il passare degli anni sa dimostrare quanto la non violenza sia conveniente, sia più forte, più bella e praticabile, e quanto il rispetto delle leggi, delle regole - se davvero fosse possibile - possa valere la pena di crederci, e di praticarlo...
Comunque potevamo lecitamente sperare che, fino a prova del contrario, il gesto di Piromalli e di Andraus fosse assunto come esemplare, come un esempio da seguire anche da parte dei cittadini "perbene", dei farisei, dei pubblicani.
Invece, apriti cielo! E' di nuovo scandalo. Ma che colpa abbiamo noi se "Radio Italia" a "telefono aperto", con decine di migliaia di telefonate, lincia Enzo Tortora, Giovanni Negri, Marco Pannella, ne fa polpette e ci vuole mandare in fumo da olocausto, mentre "Radio carcere", con la voce in questo caso di Piromalli e di Andraus, vuole che il Partito radicale viva e cresca con la sua battaglia "per il diritto alla vita e la vita del diritto"?
E cosa volete aspettarvi - a parte la storia cristiana delle redenzioni, quella laica del giudicare attraverso le opere - dai "criminali" in carcere? Che assassinio, onde per vostra tranquillità confermarvi che loro sono belve e voi persone?
Avete condannato a morte, o tollerato la messa a morte del Partito radicale, da anni e per anni. Comprendiamo che appaia intollerabile il rischio che siano ora i "perversi", i "ladroni", "i peggiori di voi" a concepire, a tentare di dare alla luce il Partito radicale del 1987, anziché accingersi anch'essi a piangerlo ed accompagnarne la salma al cimitero della storia civile - così incivile - del Paese
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Processo Tortora: la valle del sonno

di Leonardo Sciascia - Panorama del 7 settembre 1986

Leggo la requisitoria del Pubblico ministero Armando Olivares (bel nome da vice regno spagnolo) al processo d'appello contro la Nuova camorra organizzata: la Nco, altra sigla che è venuta ad aggiungersi al lessico già abbastanza intricato delle sigle. E si dice per dire, processo contro la Nco: poiché non si sa bene contro chi si volgano, in prima e seconda istanza, questi processi napoletani, configurandosi piuttosto -a mia impressione- in una specie di autoprocesso all'amministrazione della giustizia, a un suo modo di essere ed affermarsi.
La leggo, la requisitoria del Pubblico ministero, nella "sbobinatura" che della registrazione ha fatto il Partito radicale: e magari ci sarà qualche errore di trascrizione, qualche parola mal sentita o saltata; ma non è per queste zeppe che la lettura riesce faticosissima, la più faticosa in cui mi sia imbattuto in più che mezzo secolo di esercizio. Le virgole, i punti e virgole, i due punti, gli interrogativi, i trattini, le parentesi, le virgolette che aprono e chiudono le citazioni, mancano del tutto. Ci sono soltanto i punti fermi, che sono tali per modo di dire. E si capisce e giustifica che coloro che hanno "sbobinato" ne abbiano fatto a meno: non si riesce a capire quando e dove collocarli. Le incertezze e i sobbalzi sintattici dell'oratore; il suo andare e venire dentro gli atti e le cose ascoltate come dentro una gabbia cercando inutilmente un'uscita; il suo afferrare un concetto per la coda restando con la sola coda nella mano: non a un discorso che abbia premessa, svolgimento e conclusione ci si trova di fronte, ma a un franare incontenibile di parole, di "materiali di riporto" da cui con estrema difficoltà si può disseppellire qualche coccio, ma disparato e di impossibile assemblaggio.
Quando io andavo a scuola, e la scuola appariva già abbastanza malandata (ma davvero c'è stato un tempo in cui andava bene?) si raccontava l'aneddoto di quella commissione di esami in cui, interrogato in storia, il candidato dice ad un certo punto: "I galli hanno sceso per le Alpi"; al che il professore di lettere dolcemente osserva: "se si potrebbe dire", così suscitando l'indignazione del presidente, che esclama: "Dove abbiamo giunto!". Ma ormai non si tratta più di errati ausili dati ai verbi e di sfasamento di modi e tempi, che peraltro concedevano di capire quel che si voleva dire: si tratta, ormai, di non riuscire a trovare nelle parole l'argomento, il concetto, il discorso. Le parole davvero volano; e continuano a volare senza identità -come gli Ufo- quando si tenta di fermarle in scrittura. Magari congiuntivi e condizionali saranno a posto, ma è la sicurezza e chiarezza di quel che si vuole comunicare che vien meno. Questa impressione ho avuto assistendo per una mattinata al maxi-processo di Palermo, quando deponeva Buscetta: e soltanto quel che diceva Buscetta mi era comprensibile. Ma non perché, credo, Buscetta fosse in grado di parlare un italiano migliore, ma perché sapeva quel che voleva o non voleva dire, perché ci aveva pensato su, perché gli era necessaria la misura, l'accortezza, la precisione. Il problema è tutto qui: nel conoscere l'argomento di cui si parla, nel farsene un'opinone, un giudizio: e nel portare avanti quell'opinione, quel giudizio, con quell'esattezza che può essere coronata dal "come volevasi dimostrare" -che la dimostrazione sia interamente convincente o meno. Si può anche partire -senza accorgersene o accorgendosene- da un anello che non tiene: ma una concatenazione deve pur esserci.
E per tornare alla requisitoria del dott. Olivares, eccone uno stralcio, un esempio: "Io vorrei mutuare per un momento la mia posizione con quella di coloro che si sono improvvisati giuristi, operatori del diritto o quel che sia, ma che sostanzialmente erano politici, trinciando giudizi in difesa di un dogma sostanzialmente, per poter dire da quel buon politico che sono che Tortora un politico, non lo era affatto, che Tortora un politico non lo è mai stato, forse Tortora sarà stato strumentalizzato dalla politica, probabilmente sarà una vittima della politica, ma invece un politico non si può dire neanche oggi che presiede un partito che ha dei rappresentanti in Parlamento, e ritengo che sia così, sbaglierò, non lo so, ma io così ho visto Tortora fin dal primo momento; e allora perché Tortora sarebbe stato scelto a copertura? perché è un personaggio popolare? Sì, era un personaggio popolare perché in quel momento gestiva una rubrica televisiva popolare, quindi era certamente molto conosciuto, ma certamente un politico non era e certamente non poteva essere scelto a copertura di uno scandalo di Stato. Io avrei immaginato, supposto, che un'operazione del genere fosse stata fatta per Negri, per esempio, perché politico Negri lo era sul serio a fine rivoluzionario, avrei potuto pure trovare degli inquirenti sempre politicizzati fino al collo perché indubbiamente ci voleva acquiescenza di costoro per poter organizzare una copertura di questo genere, e allora in questo caso, sfruttando il fatto così come lo definisce Pandico avrebbe azzardato una copertura, ma nei confronti di Negri, non nei confronti di un Tortora che non c'entra assolutamente nulla e che io ricordo esclusivamente come il simpatico conduttore di una trasmissione televisiva, Portobello, che gestì un mercatino, un pappagallo, quel che sia, ma comunque niente altro che quello. Ripeto: Tortora io l'ho considerato non un politico, e tuttora ritengo che sia stato una vittima della politica, ma non certamente un politico; mi perdonerà, ma è quello che io penso, che io ritengo, probabilmente sbaglierò, ma il mio pensiero è esclusivamente questo".
Quel che il dottor Olivares (la cui prosa mi sono permesso di depurare di qualche ripetizione e di aiutare con qualche segno di interpunzione) vuol dire, è questo: che non è vero che "pentiti" e magistrati abbiano scelto Tortora -personaggio popolare sì, ma non politico- per far dimenticare il caso Cirillo. Quel che invece non avrebbe voluto dire, e che invece dice, e in un senso che si può dire univoco, è che Tortora è vittima della politica. In qual senso si può dire "vittima della politica" se non nel fatto che il suo diventare politico, il suo candidarsi ed essere eletto nelle liste di un partito politico, l'assunzione del suo caso a problema politico della giustizia in Italia, ha provocato l'irritazione e l'accanimento nei suoi riguardi, prescindendo dai termini di diritto che soli si sarebbero dovuti usare per giudicarlo? Voce dal sen sfuggita...
Non si capisce perché Tortora, di fronte al diritto, di fronte alle leggi che devono giudicarlo, nella valutazione delle prove e degli indizi di colpevolezza, sia una "vittima della politica". Ma il dottor Olivares insiste fino alla fine in questa sua idea fissa. In conclusione, un buon ragazzo, prima, non si sa come, forse ricattato, coinvolto nel traffico della droga: poi rovinato dalla politica. "E' stato un ingenuo": diamogli dunque sei anni di reclusione. In quanto al diritto, lasciamolo ancora nella valle del sonno in cui giace. 245


Mozione del Consiglio Federale

Chianciano, 18/21 settembre 1986

Il Consiglio Federale del Partito Radicale, a trentotto giorni dal Congresso chiamato a deliberare su un progetto di cessazione delle attività del partito,
PRENDE ATTO dell'orientamento del segretario e degli organi escutivi di presentare al Congresso, scegliendo fra un vantaglio di ipotesi di diversa gradualità, una proposta di immediata cessazione delle attività del partito che rappresenterebbe, di fatto, la fine di un'esperienza politica trentennale di straordinaria qualità, importanza, moralità, unicamente rivolta alla crescita civile e politica del Paese;
AFFERMA trattarsi di una scelta drammatica resa necessaria da un regime collocatosi fuori e contro le regole costituzionali della Repubblica; articolato in istituzioni e partiti oramai estraniati e incompatibili con la lettera e lo spirito della Costituzione; configurante una costituzione materiale che ha travolto certezza del diritto e legalità democratica, come da gran parte della scienza politica e giuridica, del giornalismo e dello stesso mondo politico e parlamentare si é costretti a riconoscere.
Dai referendum sulla giustizia a quelli sull'ambiente, dalla lotta contro lo sterminio per fame alle iniziative federaliste e per l'affermazione di coscienza, il Partito Radicale ha dato anche quest'anno tutto il suo impegno ideale e politico per contrastare le conseguenze più gravi di questa situazione, come dimostra lo straordinario esito del processo Tortora, ricercando e suscitando alleanze non solo con le altre forze verdi e ambientaliste, ma anche con PSI e PLI nella campagna per un "Giustizia giusta".
Ma anche il più clamoroso successo della politica radicale non potrebbe oggi trasformarsi in sicura crescita civile e democratica.
IL CONSIGLIO FEDERALE RIVOLGE UN MONITO ai massimi responsabili delle istituzioni e dei partiti, indistintamente, affinché giungano al Paese nelle prossime settimane segnali significativi di una riconversione del regime verso un esito democratico della sua crisi di legittimità, ed indica nelle parole del Capo dello Stato in occasione del quarantennale della Repubblica un alto esempio di espressione di tale volontà;
RIVOLGE A TUTTI I CITTADINI - anche a quelli che hanno dissentito da molte delle scelte della politica radicale ma ne condividono questi giudizi e queste preoccupazioni- un appello perché, attraverso l'iscrizione al PR, contribuiscano in modo decisivo non solo a garantirne la sopravvivenza e la vita, ma a dare forza a questo estremo tentativo di dialogo con le istituzioni e le forze politiche per riconquistare regole del gioco politico e istituzionale democratiche, certe ed uguali per tutti, a cominciare dal diritto all'informazione;
IMPEGNA gli organi esecutivi ed ogni iscritto a fare di tutto perché il prossimo Congresso, da momento di drammatica scelta per i radicali, possa trasformarsi in una grande occasione di confronto e di proposta democratica per tutti.

(approvata con 20 voti favorevoli ed uno contrario) 3475


O lo scegli o lo sciogli ma Pannella non lo togli

di Andrea Mercenaro L'EUROPEO, 15 novembre 1986

GRANDI SCENEGGIATE/IL PENULTIMO ATTO DEL PARTITO RADICALE

SOMMARIO: "Da tre ore di appunti forsennati, ecco un tentativo di intervista ordinata" a Marco Pannella: se entro il 31 dicembre il Pr non raccoglierà diecimila iscrizioni sarà automaticamente sciolto. Perché diecimila? abbiamo bisogno di diecimila azionisti per fare breccia in partiti divenuti apparati parastatali. E' necessario passare al sistema elettorale maggioritario per sostituire al "pluralismo" libanese una democrazia dove si possa votare il governo delle cose concrete. Avevo proposto ai partiti laici di vederci periodicamente ogni due mesi, con la convinzione che dopo quattro o cinque volte la foto di famiglia sarebbe diventata un fatto compiuto.

Tessere. Polo laico. Gli otto referendum. La scadenza del 31 gennaio. Dopo l'ennesima piroetta il gran capo detta le condizioni per sopravvivere e annuncia le prossime battaglie

"Solo uno stronzo potrebbe rispondere a questa domanda. E mi consenta di dire che io non mi considero tale". La domanda era stata abbastanza ovvia, dopotutto: voleva sapere cosa avrebbe fatto Marco Pannella nel caso in cui i diecimila iscritti, indicati dal congresso radicale come condizione per la continuità del partito, non fossero stati raggiunti. Niente da fare, siccome ora l'obiettivo è quello, fino al 31 dicembre si lavorerà a quel fine. Poi chi vivrà vedrà.
Se un'impressione è consentita, tuttavia, toglietevi dalla testa anche solo l'immagine di un'Italia politica orfana di Pannella. Non succederà. Un tipo così non scompare e non si arrende. Ma guardatelo, in quella sua poltrona: voi gli fate una domanda e lui vi risponde con un torrente, che dico, un oceano di ragionamenti, con Rabelais, con la Lega fabiana, con Dostoievskj e con Dio e Ciro Menotti e Mussolini e Maradona. Gli lanciate un osso e si divora, sotto i vostri occhi, un cane. Per cui non siete nemmeno sicuri, alla fine, su che cosa gli abbiate chiesto voi e su cosa, invece, si sia risposto lui. Da tre ore di appunti forsennati ecco dunque un tentativo di intervista ordinata.
"Onorevole Pannella è difficile credere che lei non avesse in mente fin dall'inizio di andare ai tempi supplementari."
"Lo so, lo so che la trivialità di attribuirmi una perduta passione per i giochetti e le prese in giro è dura a morire. Ma io sono davvero stufo di rispondere a delle insinuazioni".
"Aveva detto: sciogliamo il Partito radicale. Poi ha deciso: rinviamo. Perché?"
"Ma io sono andato a discutere in un congresso vivo, non a vendere pacchetti di sigarette già confezionati: suvvia aprite gli occhi: forse, se avessi deciso di andare avanti a testa bassa e di dar comunque battaglia per lo scioglimento, avrei vinto, non lo nego".
"Perché non lo ha fatto?"
"Perché un eventuale 51 per cento sarebbe stato un prezzo troppo alto, un prezzo inaccettabile".
"Quale?"
"Quello di lasciare una scia di rancori in gran parte dei militanti radicali, di lasciare amarezza in molti, addirittura di rischiare la devastazione del piccolo popolo radicale e del suo gruppo dirigente".
"Lei invece è arrivato al congresso suscitando l'unanimità degli interessi e se né è uscito con l'unanimità degli iscritti"
"Bisogna semplicemente capovolgere la sua battuta: i radicali sono stati unanimi nel decidere che se entro il 31 dicembre il partito non raccoglierà diecimila iscrizioni sarà automaticamente sciolto. E che se entro il 31 gennaio 1987 gli iscritti nuovi non saranno almeno cinquemila sempre scioglimento sarà. Le sembra un giochetto? Provi lei a raccogliere le iscrizioni".
"No, onorevole, per fortuna, o per disgrazia, io non sono Pannella."
"Già, e io invece, che lo sono, le dico che nel 1982, in occasione della lotta contro la fame nel mondo, con uno sciopero della sete in televisione, con il Papa che non nascondeva le sua simpatie, e con l'appoggio dei premi Nobel il Pr fece in tutto un migliaio di tessere".
"Ora c'è molta attenzione intorno a voi."
"Ora sì, ma da qui a Natale? La stampa smetterà di occuparsi di noi e d'altra parte ha già lanciato il suo messaggio: quello di Pannella è un giochetto. Con queste premesse le assicuro che la chiusura è e resta l'ipotesi più probabile".
"Perché questa insistenza sulla necessità che i radicali iscritti devono diventare diecimila?"
"Per un semplice ragionamento di mercato la ditta radicale per svolgere il suo mestiere ha assoluto bisogno che i suoi azionisti raggiungano una cifra significativa".
"Duemila radicali sono bastati a promuovere nientemeno che il divorzio, qualche anno fa. Non è piuttosto una crisi di idee, la vostra?"
"Non è passato qualche anno, ma un secolo, dai tempi del divorzio. Per un motivo soprattutto: i partiti italiani hanno cambiato profondamente la loro natura".
"Si spieghi meglio".
"Prima erano associazioni che in qualche misura rispondevano allo spirito con cui la Costituzione li aveva previsti. Col tempo sono diventati apparati parastatali immobili. Apparati dove non circolano più idee, ma clienti; dove gli ideali hanno lasciato il posto alla distribuzione e alla regalia del posto di lavoro, o alla difesa di interessi corporativistici".
"E per fare breccia in questi partiti occorrono più iscritti di un tempo?"
"Esattamente".
"Ma per fare che cosa? Nonostante il congresso, questo non è chiaro."
"Mi lasci fare una premessa significativa: io credo che la combinazione tra le necessità ideali che pulsano dovunque, frustrate, e 20 mila persone organizzate consentirebbero ogni speranza".
"Cioè?"
"Ricordate che purtroppo l'Italia degli anni Venti ispirò e orientò la politica di tutta l'Europa? Bene, oggi, e su contenuti completamente diversi, l'Italietta periferica, potrebbe svolgere una funzione identica, di esempio e di traino".
"Questo è troppo e troppo poco insieme. Veniamo all'Italia. E al polo laico."
"Il polo laico? Detto così non mi interessa, non è per questo che i radicali si battono".
"E per che cosa si battono?"
"Per fare le riforme, per cambiare questo paese. E a questo fine, francamente, non mi interessa l'unità delle forze laiche, ma piuttosto l'unità laica delle forze".
"Pannella, non mi faccia venire il mal di testa. Non vi interessa un rapporto con i partiti laici?"
"Certo, i partiti laici esistono e anche con loro bisogna fare i conti. Ma avvisandoli prima di tutto su una cosa semplice e decisiva insieme".
"Quale?"
"Come fanno a proporre i loro partitini alle generazioni del futuro? A proporre quei loro piccoli fantasmi ai giovani del duemila? Sono dei cadaveri organizzativi e ideologici consentiti dalla legge elettorale proporzionale e dallo Stato assistenziale. Da nient'altro".
"Il sistema proporzionale, però, garantisce il pluralismo politico. Lei vuole eliminare il pluralismo politico?"
"Sì, il pluralismo, secondo noi, è profondamente antidemocratico. Rimanda ad una concezione libanese dello stato, alla difesa di interessi neanche corporativistici".
"Il contrario della concezione anglosassone?"
"Proprio così: il sistema elettorale uninominale consente di votare il governo delle cose concrete, giorno per giorno. La sua superiorità democratica è fuori discussione":
"Beh, fuori discussione non direi, visto che proprio i partiti laici sono quelli con maggiori perplessità."
"E' vero che c'è qualcuno timoroso di perdere il proprio piccolo orto. Ma basta fotografare la situazione di oggi per vedere con chiarezza che i laici, nelle circoscrizioni elettorali, non sono davvero la terza forza, ma quasi sempre la seconda o la prima".
"Ma a che punto sono i vostri rapporti? La cosiddetta famiglia laica ha davvero trovato la voglia di stare insieme?"
"Le voglio rilevare una cosa: dopo la nostra assemblea nazionale del luglio scorso ho mandato una lettera privata ai segretari e ai presidenti del Psi, Psdi, Pri, Pli e Pr. Ho chiesto loro: incaricatemi di convocare voi dieci, discretamente, ogni due mesi, in casa ora dell'uno ora dell'altro. Per discutere".
"E che risposte ha avuto?"
"In quattro hanno aderito con entusiasmo".
"Chi ha detto di no?"
"Giovanni Spadolini".
"Per quale motivo?"
"Mi ha detto: Marco, se accetto e il mio partito lo sa mi lincia".
"Aveva proposto un ordine del giorno, per quelle riunioni?"
"Nessun ordine del giorno. volevo solo che si riprendesse l'abitudine a vederci, magari con le mogli, le famiglie. Con la convinzione che dopo quattro o cinque volte la foto di famiglia sarebbe diventata un fatto compiuto".
"E Spadolini ha mandato tutto all'aria. A proposito, non è neanche venuto al congresso."
"Già. Si è incazzato per la mia comparsa a "Drive in" e ha fatto venire Aristide Gunnella".
"Non l'avete apprezzato?"
"A prescindere da Gunnella non apprezziamo il fatto che in Sicilia, attraverso il Partito Repubblicano siano transitati numerosi mafiosi e uomini di malaffare".
"Con Piromalli in casa bisognerebbe dirvi: chi è senza peccato scagli la prima pietra."
"Dobbiamo ancora ripetere la differenza che passa tra un detenuto condannato all'ergastolo e uomini liberi che usano i partiti per i loro loschi affari?"
"Torniamo alla proposta di riforma elettorale col sistema uninominale all'inglese. Qual è il suo vero obiettivo?"
"Quello di costringere Dc e Pci abbandonare le proprie spoglie parastatali e tornare a fare politica".
"E perché mai dovrebbero?"
"Sono convinto che se partecipassero ad una competizione elettorale candidato contro candidato andrebbero a dar la caccia ai vari personaggi dell'area laica per metterli sotto i loro simboli. Convinti, che se no, perderebbero".
"Non candiderebbero Comunisti, i comunisti?"
"Non più funzionari di partito, comunque. E credo proprio che dovrebbero scegliere un Giuseppe De Vittorio, piuttosto che un Enrico Berlinguer. O quantomeno, che Enrico Berlinguer dovrebbero candidarlo in Sardegna invece che in Abruzzo".
"Per adesso, però, siete voi quelli che vanno a caccia di personaggi di altri partiti e proponete loro la doppia tessera."
"Noi non siamo andata a caccia, come dice lei. Abbiamo fatto una proposta politica che uomini di altri partiti hanno ritenuto utile a loro stessi appoggiare. Utile a loro stessi prima di tutto badi bene".
"Perché?"
"Credo che la tessera radicale presa da iscritti del Psi, del Psdi, del Pli e del Pri, ma anche da parte del comunista o del democristiano sia anche il mezzo che quel militante può usare per far rinascere, dentro il proprio partito, le ragioni ideali costitutive scomparse da tempo".
"Eppure, per ora, la foto di famiglia laica è lontana dall'esser sviluppata. E i repubblicani si sono chiamati fuori."
"Io non escludo che se gli altri quattro partiti andassero avanti nel loro rapporto lo stesso Pri non verrebbe aiutato a cambiare posizione".
"A che punto stanno ora?"
"Buono. Intanto non si può sottovalutare che le profferte di amicizia contano, e contano parecchio. E che in 12 mesi, passando per i nostri ultimi due congressi e per l'assemblea nazionale di luglio, è la terza volta che queste profferte avvengono, calorosamente".
"Psi, Psdi, e Pr: l'intesa maggiore sembra rinchiusa in questo ambito."
"So bene che questo è lo schemino che circola. Ma per noi, lo diciamo ben chiaro, non si prescinde dai liberali. Siamo assolutamente determinati a mandare avanti l'intero discorso anche con loro".
"E questo dunque il panorama politico che lei prefigura per l'Italia? Tre famiglie, quella democristiana, quella comunista e quella laica in concorrenza tra loro?"
"No, tutte e tre sarebbero comunque vecchie, inadeguate. Il varo della riforma elettorale e del sistema uninominale servirà proprio a mescolarle, a farle diventare due, in alternativa l'una all'altra".
"E per Marco Pannella, senza Partito radicale, con i suoi diecimila iscritti tutto ciò diventerebbe impossibile."
"Proprio così. Senza Pr questo processo si bloccherebbe. Non solo, le assicuro che senza di noi gli otto referendum che dovrebbero tenersi nel giugno del 1987 sarebbero messi in un cassetto e abbandonati".
"E neanche la riforma elettorale vedrebbe la luce."
"Passerebbe, senza di noi, quella vera e propria controriforma che è la proposta Pasquino. Una riforma contro il cambiamento, sopratutto del Pci".
"E i suoi cugini laici la farebbero passare?"
"Credo di sì. I partiti laici per ora hanno messo la questione nelle mani dei cosiddetti specialisti. E sono tutti, diciamo così, abbastanza pasquinati".
"Mi dica una differenza importante, se esiste, tra il suo modio di vedere le cose e quello di Claudio Martelli."
"Martelli pensa che noi dobbiamo migliorare le nostre proposte, che dobbiamo renderle più popolari, per farle diventare vere e proprie parole d'ordine di maggioranza".
"E lei cosa risponde?"
"Che non è la chiarezza a mancare, al contrario. E che il problema principale consiste nella difficoltà di comunicare con l'opinione pubblica. Non è un caso che, se scoppia l'affaire Tortora, compaia, certo, sulla stampa, ma che la Rai-Tv tenda ad ignorare e a non dire che i radicali e Tortora si sono battuti insieme".
"Voi stessi avete sostenuto che con l'arrivo di Antonio Ghirelli al Tg2 e di Enrico Manca alla presidenza della Rai la situazione è migliorata."
"Così ci sembra, ma bisognerà verificare se alle attese corrisponderanno i fatti".
"Insomma, Pannella, se il Pr il 31 gennaio prossimo non dovesse farcela?"
"La coerenza astratta vorrebbe che ogni radicale, ciascuno per suo conto, si desse da fare per promuovere il più grande sciopero del voto dell'Italia repubblicana. Ripeto la coerenza astratta vorrebbe così. E aggiungo che il dolore per la perdita del nostro partito non potrebbe che rafforzare la vivezza intellettuale di ciascuno di noi".
"E' un caloroso invito affinché le doppie tessere socialiste, liberali e laiche si moltiplichino da qui al momento fatidico?"
"Mi auguro seriamente e lavoro, in questi giorni, perché questo succeda". 2598


Intervento di Marco Pannella al Parlamento europeo

12 novembre 1986

DISCUSSIONI DEL PARLAMENTO EUROPEO

Pannella (NI). (FR) E' lunga e costerà carissima; questa telefonata, signora Presidente. Spero che: non sia a spese della Comunità, tanto più che ciò potrebbe offrire l'occasione ai nostri colleghi Bonde ed altri di svolgere spiacevoli considerazioni sul nostro modo di spendere il denaro.
Signora Presidente, vorrei proprio che questo non fosse un dibattito al "curry", perché, se abbiamo il presidente di seduta, non abbiamo né il relatore, né il commissario, né il Consiglio. Abbiamo semplicemente un presidente di commissione molto distinto che, per adesso, è immerso in una conversazione animatissima. Questo non è un Parlamento, signora Presidente! Lei presiede... preferisco non dire che cosa. Se lei lo accetta, è affar suo. Non il mio.
Signora Presidente, sto dicendo che la Commissione è assente, il Consiglio assente, il relatore assente, e che il presidente di commissione è occupato a parlare. Io mi rifiuto di prendere la parola in queste condizioni.
Pannella (NI). (FR) No, no, no, signora Presidente, ho semplicemente detto che mi rifiuto di prendere la parola fintantoché lei non assicurerà un dibattito degno di questa nome.
Pannella (NI) (FR) Signora Presidente, la sua risposta è del tutto insoddisfacente. Gliene lascio la responsabilità.
Ora, se permette, darò inizio al mio intervento.

Signora Presidente, cari colleghi, credo di aver letto qualche settimana fa che Haroun Tazieff è la scienza, e che il divorzio tra scienza e politica è chiaramente una delle caratteristiche della nostra epoca, qualunque sia la politica perseguita in uno stato o nell'altro
Haroun Tazieff ci ha confermato, per l'ennesima volta, che nel corso dei prossimi 25 anni è scientificamente sicuro che l'Europa meridionale sarà interessata da movimenti sismici tali quali per millenni non ha conosciuto. E' un problema di vita, di morte, di preparazione dei nostri concittadini, uomini e donne, a queste future catastrofi. E' un problema della Francia, secondo Tazieff, e non più soltanto della Spagna, dell'Italia, della Grecia, della Turchia. Ora, noi non ne parliamo. D'altra parte, signora Presidente, constatiamo che "l'effetto serra", annunciato dal Club di Roma quindici anni or sono, oggi si sta avverando. In effetti ci viene predetto che assisteremo, nei prossimi anni, ad un aumento della temperatura di 4 o 5 gradi, cosicché avremo nell'Europa del sud la temperatura che ora conosciamo a livello del Sahara e dell'Africa.
Oggi il Reno non è soltanto un incubo inventato da noi verdi o radicali che chiamarci si voglia, è per tutti voi una dimostrazione, una prova della vostra cecità.
Tutto questo, è l'Europa che si annunzia. Ci sono foreste che muoiono. C'è la Siria, c'è il terrorismo. C'è l'Italia che, nel silenzio complice di tutti, ha restituito un mese fa, con aerei militari forniti da Spadolini, tre terroristi libici. Qui sono stato solo io a protestare. Oggi abbiamo la festa Chirac-Hassad, ecc.
E' un'Europa, signora Presidente, non dei burattini, non dei fantocci, ma un'Europa ignobile, secondo la morale stessa che i governi vogliono imporre ai loro cittadini.
Infine, signora Presidente, in occasione del bilancio, cominciamo ad averne abbastanza delle storie di vacche. Ci accingiamo allo stoccaggio delle eccedenze di carne bovina, delle eccedenze di latte, ma come Brassens al mercato di Brivela-Gaillarde, finiremo col gridare: "Morte alle vacche e viva l'anarchia!". In effetti, la situazione non è più accettabile. I mezzi tecnici cui ora si fa cenno sono assolutamente derisori, anche se l'intenzione è buona, poiché il ricorso a finanziamenti nazionali è un criterio del tutto perverso, un criterio che abbiamo sempre respinto. E' pericoloso illuderci che così potremo arrivare allo scopo.
L'importante, signora Presidente, è domandare alla Signora Commissione Signora Principessa, visto che il Signor Re è assente che cosa faccia degli impegni assunti a Fontainebleau. Essa doveva proporci per il 1° gennaio 1988 almeno l'1,6% dell'IVA. Per raggiungere tale obiettivo, la Commissione sa di dover avanzare una proposta, la quale deve essere accolta dal Consiglio, dal Parlamento e dai dodici Stati membri. Ora, che cosa fa la Commissione, che cosa fanno questi signori commissari? Telefonano in Danimarca! Ebbene, è un male per l'Europa, anche se forse è un bene per il nostro dibattito... E' veramente compito del nostro Parlamento indicare una tale via da seguire, come se fosse rivoluzionaria?
E, in questo frattempo, la Commissione viene meno, una volta di più, ai suoi doveri non soltanto politici ma istituzionali, poiché sa che da 13 mesi, non avendo ottemperato agli impegni assunti a Fontainebleau, impedisce al Consiglio, agli Stati membri e al Parlamento di pervenire a quell'1,6%. Ciò che, signora Presidente...
(Entrano i membri della Commissione)
Entrate, signori, spero che la vostra telefonata sia stata proficua. Ciò che, signora Presidente, è assolutamente grottesco...
(Entrano i membri del Consiglio)
Grazie, siamo al completo, signora Presidente; vede, non bisogna mai disperare...
(Ilarità)
Soltanto, sappiamo che l'1,6% deciso a Fontainebleau sarà insufficiente. Dunque si è fatto tanto rumore per nulla...
Signora Presidente, come radicali noi speriamo che quest'anno l'Assemblea accoglierà il nostro emendamento, e che la Signora Commissione e il Signor Consiglio accoglieranno questa volta la nostra richiesta di sospendere ogni aiuto alla Siria. L'anno scorso il Parlamento aveva fatto propria la nostra proposta, tranne il Gruppo che rappresenta la maggioranza parlamentare di Sua Graziosa Maestà britannica, il quale aveva votato contro...
Signor Presidente del Consiglio, rappresentante di Sua Graziosa Maestà, lei ha respinto la proposta dei radicali di questa Assemblea, i quali chiedevano la sospensione di ogni aiuto alla Siria. Spero che questa volta il nostro Parlamento voti, domani, in tal senso. Spero che questa volta non nel nome di un ideale, bensì per elementari spiccioli calcoli di strategia antiterroristica, il Consiglio vorrà accogliere la nostra proposta che, mi auguro, sarà altresì quella del Parlamento. 6274


Mozione del Consiglio Federale

21/23 novembre 1986

Il Consiglio Federale del Partito Radicale, verificata la composizione del comitato per la cessazione delle attività e lo scioglimento del partito secondo le indicazioni del Congresso,
DA MANDATO al segretario di convocarlo entro i primi quindici giorni di dicembre al fine di predisporre tutti gli adempimenti per il passaggio delle consegne da parte degli organi esecutivi nel caso non sia raggiunto il duplice obiettivo dei 10.000 iscritti al PR entro il 31 dicembre 1986 e delle almeno 5.000 reiscrizioni per il 1987 entro il 31 gennaio.
Il Consiglio Federale SALUTA I CIRCA MILLE NUOVI COMPAGNI che dal Congresso ad oggi si sono iscritti al partito; il loro atto é anche il segno di una attenzione e disponibilità crescente tra i cittadini a dare forza alle ragioni e alle speranze radicali.
I dati relativi all'iscrizione sono tuttavia ancora assolutamente inadeguati a colmare il divario che separa il partito dal suo obiettivo.
Il Consiglio Federale del PR REGISTRA COME FATTI IMPORTANTI E POSITIVI I GIUDIZI POLITICI contenuti sia nell'appello alla doppia tessera PR-PSI rivolto agli iscritti socialisti della componente di sinistra, sia nelle valutazioni date dall'esecutivo del PSI sulla questione della doppia tessera.
Il Consiglio Federale AUGURA che tale assunzione di responsabilità da parte dei militanti ed esponenti di altre forze politiche si rafforzi ed estenda in ogni direzione. In particolare i radicali auspicano che l'appello alla doppia tessera sia anche accolto da un crescente numero di compagni iscritti al PCI, superando barriere di incomunicabilità che non devono ulteriormente ipotecare ed impedire il grande processo di rinnovamento della politica e di conquista di una vera democrazia di diritto.
Il Consiglio Federale RIBADISCE che la continuazione e il rilancio della politica e delle idee radicali sono nelle mani di chi non ha ancora scelto, con la propria iscrizione, di impedire lo scioglimento del PR.
Il Consiglio Federale IMPEGNA dunque il tesoriere ad investire tutte le risorse finanziarie necessarie in una campagna straordinaria di informazione rivolta in particolare a trasmettere la nozione della già decisa chiusura del partito se non saranno raggiunti i due obiettivi fissati dalla mozione congressuale.
Il Consiglio Federale PRENDE ATTO delle iniziative e degli strumenti fino ad oggi predisposti dagli organi esecutivi. Ad essi in particolare AFFIDA IL MANDATO di assicurare il migliore coordinamento possibile dell'esile rete organizzativa ed associativa del PR, nel tentativo di moltiplicare in questi giorni i centri di raccolta delle iscrizioni.
Il Consiglio Federale IMPEGNA gli organi esecutivi, le associazioni, gli iscritti, a:
1) realizzare un'immediata campagna "ogni iscritto un nuovo iscritto";
2) costituire in ogni città un "Comitato per i 10.000 iscritti"
3) dar vita ad appuntamenti di mobilitazione straordinaria a cominciare dalla scadenza della prossima settimana, con la presenza dei tavoli radicali nelle strade e nelle piazze durante lo svolgimento della conferenza nazionale sulla giustizia, di cui il Consiglio Federale denuncia con forza il carattere mistificatorio e di alibi per la continuazione di una politica giudiziaria distruttrice della certezza del diritto e del garantismo, fondata sulle campagne giudiziarie, sui maxiprocessi, sul pentitismo, sulla criminalizzazione della difesa.
Una mobilitazione, questa, finalizzata all'iscrizione al PR e ad informare i cittadini sul grave tentativo politico e giuridico in atto, volto ad annullare con colpi di mano o pessime soluzioni legislative le iniziative referendarie sulla giustizia, sull'energia, sull'ambiente.

(approvata all'unanimità, con una astensione) 3476


Mozione del Consiglio Federale

Roma, 12-14 dicembre 1986

" Il Consiglio Federale del Partito Radicale ringrazia gli 8.833 cittadini che permettono oggi di considerare raggiungibile - attraverso una necessaria mobilitazione straordinaria del partiti da qui alla fine dell'anno - il primo degli obiettivi stabiliti dal Congresso: quello dei 10.000 iscritti entro il 31 dicembre. Rimane invece difficile e lontano il secondo obiettivo: quello di consolidare da subito, per il 1987, la nuova dimensione politica e organizzativa del partito con almeno 5.000 iscritti entro il 31 gennaio. Le iscrizioni per il 1987 non sono a tutt'oggi che 833, meno di un quinto della soglia indispensabile per scongiurare l'autonatica decisione di scioglimento del partito.
Il Consiglio Federale dà quindi mandato agli organi esecutivi e invita tutti gli iscritti a concentrarsi subito sulla seconda fase della campagna di iscrizioni. Invita in particolare tutti coloro che già erano iscritti al momento del Congresso a rinnovare subito la loro iscrizione.
Il Consiglio Federale rivolge il proprio saluto alle tante autorevoli e prestigiose personalità della cultura, della scienza e della politica -da Jonesco a Pliusc - che da ogni parte d'Europa e del mondo si sono voluti iscrivere al Partito Radicale non solo per assicurarne la sopravvivenza ma per rimarcarne le caratteristiche internazionaliste, nonviolente, liberali e libertarie, umanistiche. Il Partito Radicale non può non far derivare da subito, da queste iscrizioni, nuovo e maggiore impegno per rafforzare anche in termini organizzativi le sue iniziative internazionali.
Il Consiglio Federale dà perciò' mandato agli organi esecutivi di operare affinché possano costituirsi consistenti nuclei associativi radicali almeno in alcuni altri Paesi europei.
Il Consiglio Federale sottolinea la gravità degli attacchi mossi ad una testata televisiva della RAI solo perché per la prima volta questa ha dato voce a Marco Pannella su una polemica che aveva investito direttamente sia lui che il Partito Radicale e con lo stesso rilievo che la sera precedente era stato dato a Enzo Tortora. Si tenta in tal modo di perpetuare una prassi di disinformazione, di espulsione dal video di Stato di ogni tema, notizia, protagonista scomodo o comunque non omologabile alle logiche lottizzatrici e partitocratiche.
Il Consiglio Federale del Partito Radicale ritiene che dal dibattito e dalle polemiche di questi giorni debba finalmente svilupparsi quel confronto sul quotidiano uso ed abuso del cosiddetto servizio pubblico radiotelevisivo da parte di partiti, correnti, clan, gruppi di potere, e sul carattere eversivo, di scientifica alterazione della verità, che l'informazione del TG1 sempre più assume.
Il Consiglio Federale dà atto all'Ufficio centrale per il referendum della Corte di Cassazione di aver operato con scrupolosità e correttezza, dichiarando legittime e mantenendo distinte le otto richieste referendarie sul nucleare, la caccia e la giustizia. Con questi otto referendum il Partito Radicale e le altre forze promotrici hanno affidato al Parlamento e al Paese un potenziale, grande patrimonio democratico e riformatore. Il Partito Radicale si augura che le scadenze dei referendum non siano eluse né con leggi né con sentenze-truffa e che possano invece costituire la condizione per importanti e incisive riforme o la premessa di un serio e grande confronto referendario."

(approvata all'unanimità, con una astensione) 3478


L'ultima capriola radicale

di Ezio Mauro e Paolo Mieli LA STAMPA, 9 dicembre 1986

La parola d'ordine è: per avere più iscritti non fermarsi di fronte a nulla.
La Aglietta "converte" il suo parrucchiere, Rutelli conquista 11 deputati socialisti e un sardista, ma anche il suo abituale vicino alla stadio - Un "ricatto di massa" ad amici e simpatizzanti nel quale numero fa premio su tutto.

ROMA - "A che punto siamo?" A qualunque ora del giorno e della notte, Marco Pannella tasta attraverso il telefono il polso del partito radicale, suggerendo, approvando, sgridando, inventando. Poi scompare, fino alla prossima telefonata. Ieri, all'una del pomeriggio, la centralinista del partito, che tiene davanti a sè il prospetto aggiornato all'ultimo iscritto, gli ha detto che i nuovi radicali erano 57, per un totale di 7826. L'ultima iscrizione, è andata a prenderla in Via Valli, direttamente a casa di un simpatizzante che non aveva voglia di muoversi, il Radical pony: uno di quei dieci militanti in motorino che rispondono al telefono rosso di pronto intervento per i radicali più pigri.
Dietro ognuna di queste tessere (ne mancano ancora 2174, di qui alla fine dell'anno, per evitare l'ultimatum dello scioglimento che il partito si è fissato) c'è un percorso politico, spettacolare, simbolico assolutamente inedito per la scena italiana. Inseguimenti, appostamenti, intromissioni sfacciate, suppliche e preghiere; ma anche tecniche da porta-a-porta, uso scientifico di indirizzari computerizzati, visite a domicilio da commessi viaggiatori della politica, ripescaggio metodico dei radicali in sonno, che avevano firmato un giorno per un referendum e oggi sono bombardati di telefonate, nel più massiccio tesseramento telefonico che si sia mai visto.
Insomma, l'ultima gigantesca capriola radicale, un partito disposto a mettere in scena la sua stessa morte, pur di richiamare attenzione alla sua politica: non c'è neanche il tempo di fermarsi a riflettere, per accorgersi che questa campagna di sopravvivenza sta cambiando i connotati del partito, la sua base sociale, il suo futuro.
La parola d'ordine è: non fermarsi di fronte a nulla, le risposte sgarbate, le situazioni ridicole, le brutte figure, gli inevitabili equivoci, i reclutamenti impossibili. Gianfranco Spadaccia ("Sono il più timido di tutti, questa impresa per me è difficile due volte") ha tesserato il suo sarto, il veterinario che per dieci anni gli ha curato il cane, il corrispondente di Esquire che era andato a intervistarlo. Adelaide Aglietta ha "convertito" il suo parrucchiere e il padrone del negozio in cui acquista le borse, più dieci avvocati torinesi, che hanno ceduto soltanto alla fine di una cena iniziata alle nove di sera e finita a notte fonda. Francesco Rutelli ha conquistato 11 deputati socialisti, un liberale, un sardista, tre intellettuali della "nuova destra" e persino il suo abituale vicino di destra sulle poltroncine dello stadio Olimpico, alle partite casalinghe della Lazio.
Emilio Vesce, dopo aver facilmente convinto 116 carcerati (tra cui Alberto Franceschini, Norma Adriani, Maurice Bignami, Mara Nanni) ha trovato un osso duro nella suocera, che alla fine ha accettato la tessera, invitandolo a considerarla il suo regalo di Natale.
La più stakanovista è Emma Bonino. Ha tempestato di telefonate ministri e personalità di tutto il mondo, conosciuti nella sua attività di eurodeputata, e una sera, dopo una non-stop telefonica attraverso tre Continenti, l'operatore del "170", esausto, le ha annunciato che si sarebbe iscritto anche lui. E' piombata a Bra, la città in cui è nata e dove la madre funziona come sua "filiale" privata, tesserando quelli che chiedono di lei, ha partecipato ad una cena del Rotary e ha portato via una ventina di tessere. Infine il colpaccio: a Premiatissima, dopo aver ballato una polka, un tango e un boogie-woogie (tassa indispensabile per tenere un fervorino radicale al pubblico di "Canale 5") ha iscritto i tre ballerini suoi patner, l'addetto stampa, il maestro di ballo, il fotografo di scena, il produttore della trasmissione con sua moglie. Non contenta, nel viaggio di ritorno a Roma, in aereo, ha agganciato e tesserato seduta stante due passeggeri.
Ma è nel campo dello spettacolo che la mietitura ha avuto più successo. Maria Teresa Cinti Nediani per due mesi non ha fatto altro che scovare numeri riservati di attori, cantanti, registi più o meno famosi per poi diventare più assidua, insistente e testarda di un ammiratore fanatico. Qualche volta, anche lei ha commesso un errore: i numeri telefonici di Vittorio Gassman e Giulio Bosetti che aveva in mano erano vecchi, ma a forza d'insistere ha convinto chi rispondeva - l'attore Andrea Occhipinti e un anziano pensionato - ad aderire almeno loro al partito. Si è beccata anche qualche no, più o meno secco: da Valentina Cortese, perchè il marito è cacciatore e lei non vuol fargli un dispetto, da Franco Califano, da Antonello Venditti (che però ha versato un contributo), da Ave Ninchi ("Io non mi occupo di politica") e da Bobby Solo, che dopo un lungo tira-e-molla ha deciso di versare un obolo, però sotto falso nome. In compenso, ha fatto miracoli con personaggi di ogni tipo: Eugene Ionesco, contattato attraverso il pittore Piero D'Orazio, Lindsay Kemp, conosciuto anni fa in una pizzeria davanti al Teatro Parioli, Michele Pantaleone, che ha addirittura aperto una sezione radicale a Villalba, Sandra Mondaini, che ha deciso anche per Raimondo Vianello, Ilona Staller, che già nel '75, quando non era ancora Cicciolina, aveva raccolto firme per l'aborto, Carlo Giuffrè, che ha anche regalato l'iscrizione a un amico.
Ugo Tognazzi si è visto in fotografia sui giornali, come neo-iscritto, a fianco di Piromalli e per una settimana i radicali non sono più riusciti a trovarlo: quando è riemerso dall'arrabbiatura, ha iscritto anche la moglie e il figlio.
Nomi grossi e nomi piccoli finiscono insieme nei due personal computer Ibm del partito, che ha schedato 60 mila indirizzi, con tutti coloro che almeno una volta nella loro vita si sono avvicinati al pr, magari soltanto con una firma. In cambio, il centro di calcolo sta incominciando a consegnare allo stato maggiore radicale la nuova fotografia del partito, ogni giorno più diversa da quella tradizionale. Oggi, la fascia di età più forte, tra i radicali, è quella dai 31 a 40 anni (28 per cento), seguita da quella tra i 21 e i 30 anni (24 per cento): ma il 10,5 per cento del nuovo partito ha più di sessant'anni.
Le categorie più rappresentate sono, nell'ordine, impiegati, studenti, insegnanti, pensionati e casalinghe. "Tra le nuove tessere ci sono 200 avvocati, quasi 50 giornalisti, più di 200 medici - dice Giovanni Negri, il segretario -. Tra la gente che ci ha spedito iscrizione e assegno ci sono rappresentanti del ceto medio, vecchio e nuovo, grafici, pubblicitari, uomini del terziario. La realtà è che il partito dei diecimila iscritti, se ci arriveremo, sarà per forza una cosa diversa dal vecchio partito di duemila persone. Anche il gruppo dirigente ne sarà influenzato e trasformato". Era già accaduto dieci anni fa. "Allora, subito dopo la vittoria del divorzio - ricorda Gianfranco Spadaccia, uno dei leader storici - passammo in un colpo solo da 170 a mille iscritti".
Allora, fu una battaglia civile a far fare il salto. Questa volta, il numero fa premio su tutto, in uno sforzo politico economico come il pr non aveva mai conosciuto, nel primo ricatto di massa giocato da un partito ai suoi elettori e simpatizzanti. Un miliardo di spesa (gli spot sulle reti di Berlusconi sono gratis in cambio dell'intervista esclusiva concessa da Tortora qualche mese fa) tra inserzioni sui giornali e stampe di volantini e volantoni, come le 700 mila copie spedite a tutti i firmatari del referendum sulla giustizia, le 15 mila copie della Domandina, la rivista per carcerati, i sei pacchi di coccarde, i 2 mila poster. In più, 10 mila manifesti con la rosa radicale a terra, e i petali sparsi: vanno bene anche in caso di sconfitta. 5371


Mozione del Consiglio Federale

Roma, 12-14 dicembre 1986

" Il Consiglio Federale del Partito Radicale ringrazia gli 8.833 cittadini che permettono oggi di considerare raggiungibile - attraverso una necessaria mobilitazione straordinaria del partiti da qui alla fine dell'anno - il primo degli obiettivi stabiliti dal Congresso: quello dei 10.000 iscritti entro il 31 dicembre. Rimane invece difficile e lontano il secondo obiettivo: quello di consolidare da subito, per il 1987, la nuova dimensione politica e organizzativa del partito con almeno 5.000 iscritti entro il 31 gennaio. Le iscrizioni per il 1987 non sono a tutt'oggi che 833, meno di un quinto della soglia indispensabile per scongiurare l'autonatica decisione di scioglimento del partito.
Il Consiglio Federale dà quindi mandato agli organi esecutivi e invita tutti gli iscritti a concentrarsi subito sulla seconda fase della campagna di iscrizioni. Invita in particolare tutti coloro che già erano iscritti al momento del Congresso a rinnovare subito la loro iscrizione.
Il Consiglio Federale rivolge il proprio saluto alle tante autorevoli e prestigiose personalità della cultura, della scienza e della politica -da Jonesco a Pliusc - che da ogni parte d'Europa e del mondo si sono voluti iscrivere al Partito Radicale non solo per assicurarne la sopravvivenza ma per rimarcarne le caratteristiche internazionaliste, nonviolente, liberali e libertarie, umanistiche. Il Partito Radicale non può non far derivare da subito, da queste iscrizioni, nuovo e maggiore impegno per rafforzare anche in termini organizzativi le sue iniziative internazionali.
Il Consiglio Federale dà perciò' mandato agli organi esecutivi di operare affinché possano costituirsi consistenti nuclei associativi radicali almeno in alcuni altri Paesi europei.
Il Consiglio Federale sottolinea la gravità degli attacchi mossi ad una testata televisiva della RAI solo perché per la prima volta questa ha dato voce a Marco Pannella su una polemica che aveva investito direttamente sia lui che il Partito Radicale e con lo stesso rilievo che la sera precedente era stato dato a Enzo Tortora. Si tenta in tal modo di perpetuare una prassi di disinformazione, di espulsione dal video di Stato di ogni tema, notizia, protagonista scomodo o comunque non omologabile alle logiche lottizzatrici e partitocratiche.
Il Consiglio Federale del Partito Radicale ritiene che dal dibattito e dalle polemiche di questi giorni debba finalmente svilupparsi quel confronto sul quotidiano uso ed abuso del cosiddetto servizio pubblico radiotelevisivo da parte di partiti, correnti, clan, gruppi di potere, e sul carattere eversivo, di scientifica alterazione della verità, che l'informazione del TG1 sempre più assume.
Il Consiglio Federale dà atto all'Ufficio centrale per il referendum della Corte di Cassazione di aver operato con scrupolosità e correttezza, dichiarando legittime e mantenendo distinte le otto richieste referendarie sul nucleare, la caccia e la giustizia. Con questi otto referendum il Partito Radicale e le altre forze promotrici hanno affidato al Parlamento e al Paese un potenziale, grande patrimonio democratico e riformatore. Il Partito Radicale si augura che le scadenze dei referendum non siano eluse né con leggi né con sentenze-truffa e che possano invece costituire la condizione per importanti e incisive riforme o la premessa di un serio e grande confronto referendario."
(approvata all'unanimità, con una astensione) 3478


Pannella: "Ce l'abbiamo quasi fatta e domani ci espanderemo in Europa"

di N. R. STAMPA SERA, N. 342 - 22 dicembre 1986

Intervista al leader del partito radicale che raggiunge i diecimila iscritti

ROMA - Partito radicale oggi e domani, situazione politica, minaccia di elezioni anticipate. Marco Pannella risponde così.
Cosa farà il pr nel 1987, dopo questa prima vittoria?
"Dopo il raggiungimento dei 10.000 iscritti nel 1986, deve innanzitutto saltare l'ostacolo di gran lunga più difficile: quello di 5000 iscritti entro il 31 gennaio 1987, una media di 130 tessere per ogni giorno lavorativo che ci resta di qui ad allora, mentre ne arrivano in media cinquanta! Sta di fatto che se non ce la facciamo scomparirebbe, prima ancora d'esser conosciuto, il più straordinario partito europeo di questi trent'anni".
"Il pr di questi giorni infatti, comprende ministri (italiani, africani), Premi Nobel stranieri, decine di parlamentari italiani ed europei, oltre 150 ergastolani o condannati a decenni per terrorismo, filosofi e calciatori (anche della Nazionale!), centinaia di avvocati e di giuristi, prestigiosi esponenti israeliti (e israeliani), liberali, socialisti, socialdemocratici, ma anche comunisti e missini, sindacalisti autonomi e delle tre centrali sindacali, esponenti nonviolenti e verdi... Nella qualità il partito è centuplicato in 100 giorni"."
Come contate di raggiungere l'obiettivo?
"Ma grazie ad esempi come quelli dati dal sindaco di Torino, Cardetti, per esempio, o dai suoi colleghi come Bogianckino, o da Sciaransky, o Baslini, Isabella Biagini, Battiato, Branduardi, Bosè, Bertoli per citare qualche ``B'' della canzone. ``O lo si sceglie o lo si scioglie'' non è un ricatto, è una fotografia, e noi ne siamo i fotografi... Ma, se passa l'informazione (la Rai-tv e la stampa hanno dato solo qualche cifra, da set in un incontro di tennis, e qualche nome, nessuna informazione vera e nessun dibattito...) dovremmo essere in corsa non verso lo scioglimento - come si può ancora temere -, ma per la costituzione di un ``secondo partito'' (nel senso in cui si parla di un ``secondo giornale'') transnazionale e transpartitico, suscettibile di divenire maggioritario in Europa in termini di opinione pubblica, di puntuali battaglie ideali e di governo del nostro tempo..."."
Non le sembra un po' eccessivo? Un partito che si mette in causa perché non riesce a sopravvivere in Italia diviene candidato - a brevissimo termine - a "governare" l'Europa?
"Di eccessivo, nella nostra politica, c'è solamente la modestia, la cecità, l'opportunismo privo di ambizione serie. Sempre i radicali sono ``eccessivi'' per il Palazzo, quando sono in sintonia con il buon senso e la ragionevolezza della gente. Già oggi nel pr sono iscritti esponenti politici di maggioranza e di opposizione in Francia, dove non abbiamo ancora iniziato una campagna d'informazione. Ma un gran Movimento federato al pr, ``Europa no'', ``Europa subito'', se il pr lo lancia, può divampare nei 12 Paesi della Cee, sulla base dei trattati proposti dal Parlamento europeo, e arrivare in due anni a un referendum europeo".
"Stati Uniti d'Europa o il Terzo mondo, l'alternativa è questa. Abbiamo salvato centinaia di migliaia di vite dallo sterminio per fame, un insuccesso relativo. Possiamo ora puntare davvero alla rivoluzione politica, eurafricana, di far fiorire i deserti e salvare decine di milioni di vite, con le ultime ``campagne d'Africa'' del secolo. Dobbiamo superare, se vogliamo sopravvivere, lo spaventoso divorzio fra scienza e potere: l'effetto serra per cui saremo desertificati e costretti ad un esodo biblico entro vent'anni deve divenire subito oggetto di governo, e non incontri scientifici e cassandreschi".
"Il terremoto previsto da Tazief, il più grave da millenni, può provocare centinaia di migliaia o decine di milioni di morti, a seconda della preparazione... Ecco tutti i temi immediati che" presuppongono un potere democratico europeo. "Da aggiungere, alle altre lotte per la giustizia e per il diritto, quella contro il proibizionismo che nutre un potere multinazionale mafioso più forte degli Stati...".
"Organizzare questo sarebbe a nostra misura, se avessimo la metà degli iscritti del pri o del pli..."."
E se ci fossero elezioni a primavera?
"Preferisco gli otto referendum (tre sulla giustizia, due sulla caccia, tre sul nucleare). Altrimenti proporrò al nostro congresso - ed a tutti - che al Senato il mondo laico e riformatore presenti una sola lista (verdi compresi, se vorranno), dando alla consultazione il valore di un referendum per o contro il modello di società anglosassone, per o contro l'uninominale, ad uno o due turni"."
Non è una fuga in avanti?
"Sì. Ed è l'unica reazione ragionevole quando dietro di te tutto crolla, o diviene affetto dalla malattia del sonno, o dal parkinsonismo. Fra poco torneranno le vacche magre ed avremo politicamente solo scialato, e con Israele, con l'Africa democratica (per quel tanto che c'è), saremo maturi o per divenire i satelliti dell'assolutismo liberale di Gorbaciov, o un'altra stella calante della ``democrazia da Far West'' in cui gli Usa, senza l'aiuto dell'Europa, rischiano di perdersi. Intanto c'è da iscriversi in via di Torre Argentina 18 a Roma, Sarà brutale, ma mi sembra che sia proprio così." 2601