XIVº Congresso del PR
Milano, 1, 2, 3 e 4 novembre 1974

Il successo referendario del 13 maggio 1974 che vede una grande maggioranza d'italiani (60%) respingere la richiesta clericale di abrogare la legge sul divorzio, le battaglie radicali della "calda estate" dello stesso anno, con il digiuno di Marco Pannella contro la censura della Rai Tv nei confronti delle iniziative radicali, per l'approvazione della legge sul voto ai diciottenni, per un primo impegno a livello parlamentare sull'aborto, non sono seguiti, a giudizio dei radicali, da una seria inversione di tendenza nelle politiche dei partiti della sinistra, sempre protesi, ciascuno concorrenziale nei confronti di ogni altro, a raggiungere accordi o compromessi più o meno storici con la forza egemone del regime, la Dc. Il quadro è aggravato dalla constatazione del sempre minor peso e rappresentatività del psi nel contesto elettorale italiano e nelle lotte politiche.

Il congresso di Milano fornisce quindi una nuova e più matura espressione alla linea politica perseguita negli ultimi anni dal partito. Ormai, si legge nella mozione congressuale, è necessario organizzare, in tempi politici e non per un "lontano futuro", "un'alternativa politica e programmatica di governo", per cacciare la Dc all'opposizione. Per realizzare questo obiettivo è prioritario rafforzare l'area socialista libertaria, fino a farle conquistare almeno il venti per cento di rappresentatività elettorale, così da riequilibrare lo schieramento della sinistra italiana. A questo obiettivo sarà finalizzato da ora in poi ogni sforzo del partito.

Fallita, per gli errori di valutazione ed il settarismo dei gruppi (oltreché per l'ostruzionismo dell'informazione televisiva), la raccolta delle firme sugli otto referendum, il congresso, ribadisce la validità dell'iniziativa, la conferma per l'anno successivo, con qualche ritocco tecnico (riduzione del numero dei referendum).

Il congresso elegge come segretario Gianfranco Spadaccia e una segreteria composta da Guido Aghina, Walter Baldassarri, Giuseppe Ramadori, Angelo Pezzana e Sergio Stanzani.

MOZIONE GENERALE

Il XIV Congresso nazionale del Partito radicale, riunito a Milano nei giorni 1, 2, 3 e 4 novembre, rileva l'inesistenza e la drammatica inadeguatezza di risposte politiche risolutive alla grave crisi economica che colpisce il paese ed alla crisi democratica e istituzionale che investe la Repubblica.

La crisi economica ha origini e dimensioni internazionali che riguardano e coinvolgono tutti i paesi del capitalismo europeo; ma in Italia essa è aggravata dall'esistenza di un regime corporativo che ha impedito la realizzazione di ogni riforma e struttura civile, anche di quelle che sono necessarie ed omogenee alla funzionalità del sistema capitalistico moderno, e che ha creato un enorme apparato parassitario, improduttivo e clientelare.

Per questi motivi l'Italia pagherà alla crisi un prezzo aggiuntivo di cui faranno ancora una volta le spese le masse popolari e la classe operaia, la piccola borghesia a reddito fisso, ma soprattutto il Mezzogiorno, i ceti emarginati dal sistema produttivo, i giovani in cerca di occupazione, le masse femminili.

La crisi democratica ed istituzionale della Repubblica ha avuto un'ultima conferma con le recenti rivelazioni su trame eversive, tentativi e provocazioni golpiste, esistenza di centrali terroristiche, finalmente e solo oggi denunciate e perseguite. Ma inutilmente si cerca di circoscrivere la responsabilità di questi focolai di iniziativa antirepubblicana alle dimensioni di un fenomeno fascista soltanto esterno alle istituzioni. Generali felloni, intrighi di servizi segreti, di corpi separati e di polizie parallele, responsabilità di ministri che hanno favorito o quanto meno tollerato questi comportamenti dimostrano che il fenomeno nasce all'interno stesso delle istituzioni e trova all'esterno, in alcuni settori del mondo finanziario, i suoi finanziatori, e nel movimento fascista soltanto i suoi esecutori e i suoi sicari.

La vera causa della crisi politica italiana, di quella economica non meno che di quella istituzionale, è nella contraddizione tra un paese che nella sua grande maggioranza ha dimostrato il 13 maggio di volere un'alternativa alla Democrazia cristiana, ai suoi valori, ai suoi interessi, ai suoi metodi di governo e una situazione politica che non consente ancora questa possibilità di cambiamento e di alternativa.

Un nuovo modo di governare, la possibilità stessa di un diverso, più umano e più giusto, modello di sviluppo, la realizzazione di reali e profonde riforme non possono essere attuati dal blocco degli interessi sociali, corporativi, clericali, classisti e parassitari che fa capo alla Democrazia cristiana, né in collaborazione con esso. Sono al contrario obiettivi che presuppongono forze sociali omogenee che abbiano interessi, ed esprimano una volontà e un programma alternativi.

Per reintegrare la moralità pubblica e la legalità costituzionale, per riconquistare nella vita politica e civile le antiche virtù repubblicane del buon governo, del diritto uguale per tutti, della retta amministrazione occorre rovesciare un sistema di potere che ha sostituito la corruzione, il consumismo, lo spregiudicato uso dei mezzi di comunicazione di massa, alla violenza del fascismo, ma del fascismo ha conservato e potenziato leggi e comportamenti autoritari, strutture e ideologia corporativa. I tentativi che si stanno effettuando per fare il nuovo centro-sinistra dimostrano in questi giorni come gli attuali equilibri politico-parlamentari, l'attuale dibattito politico, le possibili limitatissime opzioni nelle formule o nelle alleanze di governo, le stesse ipotesi di programma siano lontanissime da queste fondamentali e ormai imprescindibili e urgenti esigenze della democrazia italiana e del paese.

Il Partito radicale non ignora le gravi responsabilità che necessariamente condizionano in questo momento i grandi partiti parlamentari della sinistra italiana e le grandi confederazioni sindacali. Esso quindi non dà facili giudizi sul loro comportamento o sulle loro attuali scelte. La gravità della crisi generale del paese è tuttavia tale che, se un'alternativa politica e programmatica di governo non è nelle presenti condizioni ancora realizzabile, essa non va tuttavia rinviata ad un lontano futuro ma deve essere preparata fin d'ora perché sia raggiunta in tempi utili per far fronte ai problemi del paese, e attuata e gestita da questa generazione politica.

Essa va preparata nei contenuti, aprendo subito nel paese un grande dibattito e confronto politico per un programma comune alternativo di riforme economiche, strutturali e sovrastrutturali, sociali, civili, istituzionali, che sia capace di individuare, coinvolgere e rappresentare il più amplio e omogeneo arco di forze sociali che possono e debbono candidarsi a diventare le protagoniste del mutamento in senso democratico e socialista della società e dello Stato.

Essa va preparata politicamente, con iniziative e comportamenti adeguati e coerenti. L'azione politico-parlamentare per difendere ed attuare la Costituzione e per imporre al potere comportamenti e prassi di governo che siano corrispondenti a condizioni minime di legittimità deve essere sostenuta, sollecitata e promossa da forme di controllo dal basso, di partecipazione democratica e popolare, da iniziative dirette e di massa quali si sono venute affermando nel paese e che devono essere sempre più capillarmente diffuse e rafforzate. Queste a loro volta per non rimanere confinate nella pratica sociale e nell'agitazione devono trovare e conquistare un collegamento organico ed un'adeguata espressione politica nelle istituzioni rappresentative nel Parlamento.

Il confronto ideale, morale, politico ed anche legislativo sui grandi temi della libertà, sui diritti civili, sul modo di concepire e vivere la vita con la Democrazia cristiana, con la chiesa, con le forze della tradizione e della conservazione, non deve essere soffocato ed eluso, ma al contrario ricercato ed imposto, soprattutto quando corrisponde ad un grado di maturazione civile e culturale del paese, a problemi oggettivi e gravi della società, alle esigenze di felicità, alle lotte e alle speranze di liberazione, alle nuove prese di coscienza delle nuove generazioni, delle donne e delle stesse masse dei credenti.

Le forme più gravi di discriminazione e ingiustizia sociale vanno osteggiate, controbattute, svuotate e paralizzate, aggiungendo allo sciopero nella fabbrica altre e simili forme di disobbedienza civile, collettiva e organizzata, fuori dalla fabbrica.

Tutto questo tuttavia non basta a creare le condizioni per la costruzione di un'alternativa se non si crea, con queste lotte e con una prospettiva politica generale, una componente socialista-libertaria che sia capace, riequilibrandola, di rafforzare l'intera sinistra italiana.

Se la componente socialista e libertaria non riuscirà a conquistare e rappresentare almeno il venti per cento dell'elettorato italiano, affiancandosi e stabilendo un rapporto unitario ed autonomo con il Partito comunista italiano, le polemiche sul compromesso storico, sulla politica togliattiana, sul bipartitismo imperfetto, sulla cogestione di potere nel Parlamento e nella società, rischiano per i laici ed i socialisti di essere alibi della propria impotenza e dei propri fallimenti. E la costruzione di una grande forza socialista e libertaria è la condizione necessaria per una politica di alternativa democratica e socialista.

Il Partito radicale, rafforzando le proprie strutture, intende dare il proprio contributo autonomo alla prospettiva di questa nuova costruzione unitaria, non con un'azione agitatoria che valga solo come pressione nei confronti dei partiti parlamentari della sinistra e dei sindacati, ma promovendo e sviluppando nuove lotte di libertà e di liberazione, diventando punto di riferimento e di coordinamento federativo dei nuovi movimenti libertari, democraticie socialisti, nazionali e locali, lavorando per creare nuove condizioni di democrazia e per dare ad esse adeguati sbocchi politici ed istituzionali: in altri termini, non per erodere settariamente margini politici ed elettorali degli altri partiti, ma al contrario per ampliare le potenzialità complessive del socialismo e dell'intera sinistra.

Il Partito radicale ritiene che, proseguendo nella sua lotta per i diritti civili che ha fin qui caratterizzato prevalentemente e positivamente la sua azione politica, il primo diritto civile da conquistare e da attuare è il diritto al referendum, come diritto di partecipazione dei cittadini e del popolo al processo legislativo.

In una situazione politica nazionale che da oltre trent'anni impedisce l'abolizione delle leggi autoritarie e fasciste del codice Rocco e degli anticostituzionali codici e ordinamenti militari, l'abolizione delle norme del Concordato clerico-fascista tra Stato e Chiesa, e di altre leggi limitatrici delle libertà e dei diritti dei cittadini, l'iniziativa popolare di massa per la raccolta delle firme per referendum abrogativi è uno strumento essenziale anche per sostenere l'azione riformatrice delle forze democratiche in Parlamento, per spezzare le resistenze clerico-fsaciste, per interrompere la paralisi legislativa delle Camere che si manifesta puntualmente ogni volta che sono in gioco questioni di libertà.

Il XIV Congresso del Partito radicale conferma pertanto la validità del progetto di referendum abrogativi approvato al precedente Congresso e già tentato lo scorso anno; dà mandato agli organi dirigenti del Partito radicale di precisare le modalità del suo rilancio nel corso del 1975, con le modifiche che nei contenuti si rivelassero eventualmente opportune; rivolge un appello a tutte le forze democratiche politiche e sindacali, parlamentari ed extraparlamentari, affinche comprendano l'importanza di questa iniziativa popolare al processo di democratizzazione dello Stato, e perché non ripetano l'errore già in due occasioni commesso nel passato di ostacolarne e boiccotarne la realizzazione.

Il XIV Congresso nazionale, recependo anche le proposte delle compagne del Movimento di liberazione della donna, federato al partito, al quale per le più generali lotte femministe i radicali confermano la loro piena solidarietà, impegna gli organi del partito a riprendere e sviluppare la lotta per l'aborto.

La vergognosa piaga dell'aborto illegale e clandestino di massa, cui milioni di donne -in massima parte proletarie- sono state o sono costrette a ricorrere, con grave danno per la loro salute fisica e psichica, deve cessare. Lo scandalo di una legge applicata in maniera sporadica e quindi discriminatoria, che criminalizza ogni donna che sia costretta all'aborto, deve cessare.

La lotta per la depenalizzazione, per la liberalizzazione dell'aborto, per la libera determinazione della propria vita e del proprio corpo da parte della donna, sarà perseguita dal partito:

1) con lo strumento del referendum abrogativo;

2) con le pressioni e la lotta nei confronti del Parlamento perché, rispettando i propri regolamenti e gli impegni forniti dalla Commissioni Sanità e Giustizia della Camera, questo affronti finalmente il dibattito sulla legge presentata dall'onorevole Fortuna e da altri trenta deputati socialisti;

3) sviluppando la campagna per le autodenunce per aborto o aiuto e assistenza all'aborto;

4) dando il proprio impegno militante, politico, legale e di stampa a tutte le vittime delle attuali leggi e a tutte quelle organizzazioni e persone che pubblicamente, coma fa il Cisa, prestano la loro assistenza alle donne che debbono affrontare il dramma dell'aborto clandestino illegale.

Il Congresso impegna gli organi del partito ad organizzare entro gennaio, insieme al Movimento di liberazione della donna, una conferenza nazionale sull'aborto.

Il Congresso denuncia la gravità del ritardo che si sta verificando in Parlamento per il voto ai diciottenni. Questo ritardo rischia di impedire ad oltre tre milioni e mezzo di elettori delle più giovani generazioni di partecipare alle prossime consultazioni elettorali, si tratti sia di quelle amministrative e regionali o delle politiche anticipate. Occorre con la lotta ottenere dal Parlamento l'immediata approvazione della legge sull'abbassamento della maggiore età, senza confusioni con la più complessa legge di revisione costituzionale sull'elettorato attivo e passivo. Rivolge pertanto un appello alla Fgci, alla Fgsi, alla Fgr, ai partiti e movimenti extraparlamentari ed in particolare al Pdup per il comunismo, ad Avanguardia operaia e a Lotta continua, perché si organizzi subito una giornata nazionale unitaria di lotta in tutta Italia.

Impegna gli organi del partito a prendere una immediata iniziativa in questo senso.

Il Congresso nazionale, sentiti gli interventi dei compagni della Loc, sulla base del dibattito che si è svolto al suo interno sul ruolo dell'esercito oggi, sull'attuale stato di attuazione della legge sull'obiezione di coscienza e del servizio civile alternativo, sulla nascita e sullo sviluppo, a fianco della Loc del movimento degli "Obiettori in divisa", dà mandato agli organi di partito di convocare entro la primavera il V Congresso nazionale antimilitarista.

In vista dell'avvicinarsi delle scadenze elettorali ed in particolare di fronte alle ipotesi di elezioni anticipate, il XIV Congresso nazionale impegna gli organi dei partiti, le associazioni radicali, i singoli militanti, a mobilitarsi fin d'ora per la preparazione alla presentazione di liste radicali. Se non si verificheranno all'interno della sinistra fatti nuovi, se non si metteranno in moto dinamiche rinnovatrici e alternative nel senso indicato dalla mozione, il Partito radicale non potrebbe infatti sottrarsi al dovere di dare, anche sul piano elettorale, portando la propria iniziativa anche all'interno delle istituzioni parlamentari, espressione politica alle esigenze indilazionabili della democrazia italiana.

Ogni decisione di partecipazione elettorale a livello nazionale, regionale e locale dovrà comunque essere deliberata dal Consiglio federativo secondo criteri unitari.