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In concomitanza con la ricorrenza dell'11 febbraio del 1971, si tengono a Milano una serie di "conferenze nazionali" di liberali, di repubblicani, di divorzisti, di credenti, le quali confluiscono in una grande assemblea nazionale per l'abrogazione del Concordato che porta alla costituzione della Liac. I radicali vi partecipano, dopo aver tenuto, sempre a Milano, il loro IX congresso nazionale straordinario. La mozione congressuale e la "Dichiarazione" approvata all'unanimità indicano quale sarà il contributo ideale e di lotte che i radicali offriranno alla Liac ed al movimento anticoncordatario; in particolare, l'immediata riproposizione della via referendaria dell'abrogazione, l'unica capace di offrire il necessario sostegno di una "iniziativa di massa" tale da "coinvolgere il paese" sulle iniziative parlamentari che in quell'anno vengono prese e alle quali il partito fornisce il suo appoggio.
Il IX Congresso nazionale straordinario del Partito radicale, riunito a Milano il 14 febbraio 1971, ascoltata la relazione del segretario del partito, la approva: rivolge il proprio saluto alle contemporanee conferenze nazionali liberali, repubblicane, divorziste, all'incontro dei credenti promosso dal Sen. Albani, a quanti -parlamentari dei diversi partiti, componenti del mondo universitario e della cultura laica- hanno aderito a queste iniziative, a tutti i militanti che sono convenuti a Milano per partecipare alla Assemblea nazionale per l'abrogazione del Concordato; indica in una Lega italiana per l'abrogazione del Concordato, lega organizzata secondo i principi statutari già assunti ed elaborati dalla Lid, cioè organizzazione politica di militanti, che ne costituiscono l'assemblea o congresso sovrani e che esprimono in un consiglio, una segreteria, una presidenza, senza altre articolazioni statutarie, lo strumento adatto e democratico. Un Congresso nazionale che dovrà essere tenuto non oltre il prossimo novembre sarà legittimato a ridiscutere tale assetto ed a configurare altre ipotesi organizzative; riconferma l'obiettivo del referendum abrogativo del Concordato o delle sue leggi di attuazione quale strumento essenziale per portare nel paese e dare base di massa alla lotta anticoncordataria; raccomanda ai militanti radicali, a qualsiasi livello di responsabilità essi attualmente siano impegnati nel Partito radicale , di operare perch il diretto lavoro di partito, l'attuazione del suo statuto e dei suoi deliberati congressuali, venga considerato assolutamente preminente, onde evitare, come già accaduto per la Lega per il divorzio, che ritardi e inadempienze si accumulino e distorcano il necessario, urgente sviluppo del Partito radicale. E' questo il maggior contributo che i radicali possono e debbono assicurare alle fondamentali battaglie laico-libertarie e unitarie della nuova sinistra; l'unico attualmente insostituibile e non delegabile. Dichiarazione approvata all'unanimità La lunga, quasi disperata lotta che il Partito radicale aveva da solo ingaggiato quindici anni or sono per imporre una battaglia politica unitaria per l'abrogazione del Concordato, per una intransigente, rigorosa risposta anticlericale allo scandalo di una Chiesa e di uno Stato uniti e reciprocamente garanti nella sopraffazione clericale, autoritaria, classista è ormai vinta. Nel prenderne atto il IX Congresso straordinario del Partito radicale sottolinea il contributo fondamentale che tutti i democratici ed i laici devono a Ernesto Rossi, che per primo, animò e condusse questa lotta, troppo spesso incompreso quando non sostanzialmente irriso, pur da chi gli professava un'astratta e formale considerazione; mentre oggi si conferma la sua grandezza di uomo politico e di impareggiato militante per l'affermazione dei diritti civili nella società italiana. Tanto più ingiusta, dolorosa, irreparabile, appare oggi, dopo quattro anni, la sua scomparsa; nell'evidenza di quanto di vivo e di civilmente necessario il suo pensiero e la sua opera assicurano per l'edificazione di una nuova società, e non più solo ai suoi compagni radicali. L'edificio clericale e concordatario in Italia, dopo quattro decenni dal patto iniquo del Laterano, dopo secoli di mancata riforma e di mancate riforme, religiose e civili, ha riscontrato un primo grave colpo con la lotta popolare per il divorzio, prima, con la sua vittoria in Parlamento, poi. Questa civile conquista ha tolto un cardine fondamentale dell'edificio di potere vaticano. Quello del monopolio giuridico sulla famiglia. Questo fatto tanto costituzionalmente lecito quanto logicamente e storicamente contraddittorio con lo spirito del Concordato. Dopo il voto dell'articolo 7 della Costituzione, dopo venti anni di subordinazione crescente di tutte le forze laiche, si è così, drammaticamente e dal basso, rovesciata una tendenza storica che sembrava a troppi ormai irreversibile per l'Italia. Ora sono la scuola, le funzioni sociali, il potere economico, fondiario, immobiliare, finanziario, i meccanismi di dislocazione massiccia e di vera e propria alienazione del patrimonio pubblico nei settori della salute, dell'assistenza, delle strutture di "tempo libero", la storica funzione di sacralizzazione del "disordine costituito" e della "violenza di Stato", che possono venire messi in causa dalla incalzante rivendicazione laico-libertaria costitutiva dell'impegno umano e civile di masse e generazioni di nuovi credenti e non credenti. Questa rivendicazione minaccia di violare le porte strette o sprangate dell'autoritarismo, difese da una classe dirigente ecclesiastica e statale sempre più arretrate rispetto al sentimento comune dei cittadini. E questo è effettivamente quanto il Partito radicale deve contribuire ad organizzare ed assicurare. Non può oltre tutto difendere il divorzio se non attaccando i fondamenti stessi del proteiforme potere che si mobilita per cancellarlo. Ed è anche e manifestamente vero l'inverso: senza riconquistare il potere e la sacralità che derivano dall'indissolubilità giuridica del matrimonio e dal monopolio clericale sulla sua dissolubilità, tutto il potere pontificio rischia di essere insidiato. Per questo, con il referendum abrogativo del divorzio, con il suo massiccio appoggio, che straccia come vecchia carta ormai inusabile il Concordato fascista, per aggravarlo ed attualizzarlo, la chiesa della Cei e la Cei del vescovo di Prato cercano di travolgere la legge Fortuna-Baslini. Si ripete dunque, in un clima storico che sembrava non tollerarlo, il tentativo -fino a ieri riuscito- di isolare l'Italia, come la Spagna, l'Irlanda ed il Portogallo dal resto del mondo civile, di farne il fondamento mondano temporale, della politica cattolico-romana; anche il rinnovamento "giovanneo" deve essere isolato e soffocato. La politica montiniana trova così la sua dimensione: da Pacelli a Fiordelli. Il necessario massimalismo, l'irrinunciabile violenza impliciti in tale politica sono già per loro una prova di debolezza e la garanzia di una finale sconfitta. Ma perch questa intervenga in tempo utile, perch una nuova generazione politica non paghi con il suo soffocamento, e con un sacrificio gratuito, il prezzo di questa realtà, bisogna che non si affidi passivamente alla logica delle cose, che non dimetta le responsabilità che le sono proposte. Il Congresso nazionale del Partito radicale rileva che oltre trecentomila cittadini spontaneamente aggregati e raccolti attorno all'iniziativa politica di organizzazioni che si credevano disarmate, solo perch povere e non integrate al regime, quali quelle del Partito radicale, della Lid, della Sinistra liberale, dell'Alri, della Federazione giovanile repubblicana, hanno già chiesto il referendum abrogativo del Concordato, o di leggi di attuazione dello stesso. Il racket dell'informazione pubblica, realizzato da tutte le forze politiche parlamentari, sequestrando così i diritti costituzionali e democratici delle minoranze, truffando il gioco democratico, non valso dunque, in questa occasione, che a circoscrivere un successo popolare e di base senza precedenti. Il Concordato sarà spazzato via solo attraverso questo metodo e questa battaglia: n denunce unilaterali dell'esecutivo conseguenti all'abolizione dell'articolo 7 (o di constatazione dell'avvenuta, pratica, costante violazione da parte vaticana), n iniziative parlamentari volte a quel risultato, obiettivi che il Partito radicale ha pienamente fatto propri, potranno mai infatti approdare a buon porto senza il sostegno di una iniziativa di massa volta allo stesso fine. Solo una grande battaglia popolare, chiara, integra, potrà infatti coinvolgere il paese, e in particolare le grandi masse democratiche che affidano la loro fiducia ed il loro voto al Pci, per isolare e superare l'errata politica neoconcordataria e anticonciliare che l'attuale gruppo dirigente sembra intenzionato a perseguire e aggravare. Solo una tale precisa battaglia potrà fornire gli strumenti di immediata concreta mobilitazione dal basso delle grandi masse di credenti non clericali, non raggiungibili altrimenti, a meno di pensare che le attuali strutture ecclesiastiche siano polivalenti ed idonee a trasmettere, raccogliere e potenziare anche il messaggio laico-libertario, che certo il più rilevante ai fini di una moderna lotta anticoncordataria. Il IX Congresso nazionale del Partito radicale rileva con preoccupazione il fatto che solo da parte divorzista si venuto, a livello politico, precisando uno specifico obiettivo anticoncordatario, auspica perciò che i militanti si impegnino a proporre e studiare come tradurre in concrete iniziative pubbliche, anche parlamentari, i seguenti obiettivi: a) l'abolizione delle congrue e di ogni altro finanziamento statale di ogni culto e del personale addetto secondo la lettera e lo spirito dell'articolo 20 della Costituzione; dell'insegnamento religioso nelle scuole; di ogni sovvenzione e di ogni alienazione di patrimonio pubblico a favore della chiesa e di organismi collaterali. Si propone la pubblicazione critica e annotata delle leggi Siccardi e di quella Combes. b) L'esproprio del patrimonio ecclesiastico nei settori della scuola sovvenzionata, in particolare di quella materna, dell'assistenza sovvenzionata, della sanità; la confisca di quei beni che risultassero prevalentemente configurabili come profitti di regime, nell'accezione ritenuta nel 1946 a carico della classe dirigente fascista. c) L'abrogazione di tutte le leggi di attuazione della convenzione finanziaria, del trattato e del Concordato che prevedono particolari agevolazioni finanziarie e fiscali per i religiosi. |