COSI' SCIASCIA SCELSE PANNELLA E LASCIO' IL PCI
IL CORRIERE DELLA SERA 2 OTTOBRE 1996

La prima biografia dello scrittore svela il mistero dell'adesione al Partito radicale e l'addio al Pci (1979). Pannella disse: "Non dovrai aderire alla nostra politica, noi faremo nostro il tuo pensiero"
(Titolo in prima pagina)
In Cultura:

SCIASCIA POLITICO. IL MISTERO SVELATO
esce la prima biografia del grande scrittore: una vita tra letteratura e impegno civile. La verità sull'addio al Pci e sulla candidatura nel Partito radicale.

di Matteo Collura

"Gli Intellettuali aderiscono ad uno schieramento. Noi, invece, aderiamo alle tue idee". Così Pannella lo convinse a diventare capolista. E intanto Leonardo pensava a Pastenak e a Stalin...
Il 5 aprile 1979, intervistato sulle imminenti elezioni politiche nazionali ed europee, Sciascia aveva dichiarato di non avere più nessun rapporto attivo con la politica e che si sarebbe limitato ad andare a votare. L'esperienza di "scendere in campo", l'aveva fatta con i comunisti al consiglio comunale di Palermo. Chiuso. Ventidue giorni dopo, il colpo di scena: lo scrittore rendeva noto di aver accettato la candidatura offertagli dal Partito radicale. Cos'era successo? Altri partiti lo avevano interpellato, corteggiato, pressato. Craxi gli aveva fatto sapere che nella lista del Psi vi era un posto per lui, ma Sciascia aveva rifiutato. Niente sembrava lo avrebbe potuto convincere a cambiare idea. C'era riuscito Marco Pannella. E' la sera del 26 aprile quando il leader radicale chiede dello scrittore telefonando alla casa editrice Sellerio. Pannella ha urgenza di parlargli. Da Roma, dice, prenderà il primo aereo per Palermo, se Sciascia accetterà di vederlo. L'incontro viene fissato per l'indomani mattina, negli uffici della Sellerio. Nell'uscire da casa, lo scrittore dice alla moglie di non sentirsi bene. E' inquieto. Non si erano mai incontrati Pannella e Sciascia, il quale - era noto - condivideva le battaglie del segretario radicale, ma non ne approvava i digiuni e gli atteggiamenti estremistici che riteneva conseguenza di una sorta di misticismo. Quando Pannella arriva negli uffici di via Siracusa, Sciascia lo accoglie con espressione preoccupata. Restano soli. La porta aperta, dalle altre stanze non si ode il minimo rumore. Elvira ed Enzo Sellerio aspettano che venga loro detto qualcosa.

"Di solito" esordisce Pannella, "gli intellettuali aderiscono ad un partito, al suo programma, alla sua ideologia. Noi radicali sentiamo di far nostro il suo pensiero politico. Noi faremmo esattamente il contrario di quello che fanno gli altri partiti. Siamo noi che aderiamo alla sua politica. Per questo lei sarebbe il nostro capolista ideale". E' come se una circolarità venisse a determinarsi nelle parole di Pannella: la politica di Sciascia è nei suoi libri e le sue scelte ne sono la conseguenza. Se è così, i suoi libri hanno aderito al Partito radicale prima che lo facesse lui. "Quindi lei mi propone di candidarmi nel Partito radicale?" si anima appena Sciascia. "Sì, e so che per lei può essere pesante contraddirsi". Pannella è agitato. "Quanto tempo ho per riflettere?" chiede Sciascia. "Non c'è tempo" dice Pannella. "Le liste sono già chiuse, bisogna parlare con un notaio. Non so neanche se tecnicamente sarà possibile". "Permetti?" Ora Sciascia dà del tu al suo interlocutore. "Vado un momento a fumare una sigaretta". Un paio di minuti e torna. "Sei venuto perché sapevi che la porta era aperta", è la risposta, la voce tremante per la forte emozione. Pannella scatta in piedi incredulo. Dice: "Bisogna telefonare al partito, c'è da mettere a posto le liste. Davvero non so se sarà possibile, se ne avremo il tempo". Negli uffici della Sellerio c'è qualche attimo di scompiglio. Poi Pannella telefona al notaio di riferimento per i radicali di Palermo. Una breve consultazione e sì si può fare: Leonardo Sciascia è candidato nelle liste radicali per le elezioni nazionali ed europee del 3 e del 10 giugno. Gli amici si chiedono come sia possibile. Anna maria, all'ultimo mese della sua seconda gravidanza, tenta di dissuadere il padre, ma invano. Vito, il quarto nipote dello scrittore, nasce in una clinica di Palermo il 12 maggio, nel pieno della campagna elettorale. Ma nella famiglia Sciascia il lieto evento non attenua il malumore. Anna Maria e Laura sono preoccupate per la salute del padre. Insistono perché rinunci alla candidatura. "noi non ti voteremo", gli dicono alla fine. E così faranno. Lo scrittore, incalzato da amici e parenti, confessa di scoprirsi sorpreso a sua volta: qualcosa in quel brevissimo incontro con Pannella lo aveva messo in crisi, toccandolo là dove era più vulnerabile.

E quel qualcosa doveva avere a che fare con il suo essere scrittore. Lo spiegherà in seguito: "Mentre Pannella mi parlava, io pensavo a quel dialogo per telefono di Pastenak con Stalin. Una volta Pastenak aveva chiesto di parlare con Stalin per perorare la causa di Mandelstam, il poeta che era stato arrestato. E una sera suona il telefono. Pasternak va a rispondere ed era Stalin. Parlano di Mandelstam, molto duramente da parte di Stalin e poi ad un certo punto Pasternak dice "Vorrei incontrarvi". "E perchè?" domanda Stalin. "Ma" dice Pasternak, "per parlare della vita e della morte", e a questo punto sente il telefono che si chiude. Stalin non voleva parlare della vita e della morte, si capisce. Ecco, io ho pensato che bisognava parlare della vita e della morte in questo Paese. Ed era giusto che a parlarne fossi io, scrittore la cui pagina è molto vicina all'azione, al suo limite. Per questo la tentazione di entrare nell'azione diretta per me è forte". Rituffandosi nell'"azione diretta", la scelta radicale è quella che più gli si addice; scelta fatta anche da Vittorini nell'ultimo scorcio della sua vita. E' come se Sciascia tornasse ad un antico amore, trovando uno sbocco alla sua eresia: "Mi sentivo d'accordo con me stesso quando votavo il vecchio partito radicale. Una volta, poi, che ho votato radicale con preferenza ad Elio Vittorini, mi sono sentito addirittura felice.

Sono, dunque, un vecchio radicale; non so fino a che punto anche nuovo, ma il radicalismo, tutto sommato, non invecchia". Da questo punto di vista, l'affettuosa e convinta adesione all'invito rivologli un anno prima dal giovane giornalista Valter Vecellio, perché scrivesse su Quaderni Radicali, era stata preludio alla sua inattesa candidatura. Ma non tutti si ricordano del suo vecchio radicalismo. Tra questi, Renato Guttuso, candidato anche lui, ma nel partito che ormai politicamente li divide. In una lettera aperta che affida a Repubblica, il pittore intona: "Caro Leonardo, il senso di sgomento che ho provato nell'apprendere la notizia della tua candidatura nel Pr mi ha fatto riflettere sulla misura e qualità della mia amicizia per te...". L'amicizia: Sciascia è disposto a sacrificare anche quella, quando diventa di ostacolo alla sua ricerca di verità. "Tu vuoi salvarmi l'anima, e io non voglio salvare la tua", risponde lo scrittore sullo stesso giornale, attribuendo, i "sentimenti" e i "turbamenti" dell'amico al suo modo di intendere l'amicizia, che definisce "molto siciliano". E sul modo di essere siciliano di Guttuso rispetto a quello dello scrittore, Montanelli racconterà che Sciascia, riferendosi all'amico pittore, una volta gli aveva detto di sentirsi, al confronto, "un londinese". E così ecco di nuovo Sciascia al centro delle polemiche, bersaglio delle critiche. Con "Candido" sembrava aver raggiunto un distacco dalla politica che assomigliava ad una forma di liberazione (così libero da poter modificare, aggiungendo ironia ad ironia, una celebre battuta di Woody Allen: "Dio è morto, Marx pure, ma io mi sento benissimo"), mentre invece, con la nuova candidatura, si accingeva ad entrare nel Parlamento, nel labirinto del potere dove l'affaire Moro si era consumato. Certo, si sarebbe mosso "con molta diffidenza e con molto scetticismo", parlando della vita e della morte in un luogo dove della vita e della morte si decideva senza mai parlarne. E già le parole venivano ad evidenziare una distanza, mettevano in risalto la
frattura.