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Cronologia del Partito Radicale -
1971

LUGLIO
Italia: Roma referendum, divorzio
LUGLIO
Italia: Roma stato del partito
LUGLIO
Italia: Roma antimilitarismo
LUGLIO
AGOSTO
Italia antimilitarismo, V marcia
AGOSTO
Italia: Roma Cecoslovacchia
Agosto
Germania Accordo tra Usa, Urss, Francia e Gran Bretagna sulla divisione di Berlino.
SETTEMBRE
Italia: Roma Referendum, divorzio
SETTEMBRE
Italia Divorzio, referendum
SETTEMBRE
Italia: Roma Antimilitarismo
SETTEMBRE
Italia: Torino Antimilitarismo
OTTOBRE
Italia: Roma Antimilitarismo
Ottobre
Italia Via libera del PSI ad una politica dei "nuovi equilibri" tra PCI e settori DC.
Ottobre
Cina La repubblica socialista viene ammessa all’ONU ed ottiene un seggio al Coinsiglio di sicurezza. Espelle la Cina di Formosa.
Ottobre
Europa Adesione della Gran Bretagna alla CEE.
OTTOBRE
Italia: Roma divorzio, referendum
OTTOBRE
Italia: Roma Direzione nazionale
OTTOBRE
Italia: Torino "Lotta continua", processo
OTTOBRE
Italia "La Prova Radicale"
OTTOBRE
Italia: Roma finanziamento pubblico
OTTOBRE
NOVEMBRE
Italia: Roma X Congresso PR
DICEMBRE
Italia: Roma divorzio
DICEMBRE
Italia: Roma II Congresso LID
Dicembre
Asia minore Bombardamenti americani su Laos e Cambogia.
Dicembre
Italia Elezione di Giovanni Leone alla presidenza repubblicana (maggioranza: DC, MSI, PRI, PSDI, PLI).
DICEMBRE
Italia - "Fuori" sessualità
DOCUMENTI
Servitori di nessuno di Marco Pannella - luglio 71
Volantino distribuito alla 5a Marcia Antimilitarista Milano - Vicenza
Pro-memoria per il 20 settembre M.Pannella - settembre 71
Iniziative contro la proposta di legge sull’obiezione di coscienza.

LEGENDA TITOLI

rosso = transnazionale - blu = specifico nazionale -  verde grigio = congressi o riunioni del PR


9 LUGLIO - Italia: Roma – referendum, divorzio

Con varie proposte di legge di regolamentazione da parte laica e socialista si tenta di bloccare il referendum antidivorzista.
Con primi firmatari gli on. Scalfari e Fortuna viene presentata alla Camera una proposta di legge sottoscritta da oltre sessanta parlamentari laici. "Essa propone che non possano essere sottoposte a referendum abrogativo le leggi che tutelano minoranze linguistiche e religiose e quelle che stabiliscono condizioni per lo scioglimento del matrimonio." … "Gli scopi della proposta di legge Scalfari-Fortuna, che nasce da una iniziativa della LID, della LIAC e del Movimento laico di recente costituito da Loris Fortuna, venivano illustrati dai promotori dell'iniziativa nel corso di due conferenze stampa tenute il 2 luglio e il 9 luglio (parlano nella prima Scalfari e Pannella, nella seconda Scalfari, Fortuna, Pannella, Albani, Mellini, il socialproletario Lattanzi e il liberale Bonea)."

LUGLIO - Italia: Roma - RaiTV, divorzio

Azione noviolenta di un gruppo di militanti. Racconta Pannella "per protestare contro una censura politica effettuata ai danni di un intervento di Mauro Mellini, quale presidente della LID, per i servizi speciali del giornale radio, con quindici compagni ci recammo con cartelli alla sede di via del Babuino per chiedere che fosse reintegrata la onestà di informazione e che fossero accertate le responsabilità del grave intervento censorio. Avendo sorpreso polizia e servizio di sorveglianza, riuscimmo a entrare: dietro di noi furono chiusi i portoni e ci si accusò di "aver occupato". Restammo circa un giorno. Alla fine ottenemmo soddisfazione: fu trasmesso per radio, alla stessa ora e allo stesso programma, un nuovo intervento di Mauro Mellini, in cui si denunciava, oltre tutto, l'episodio."
I radicali furono in seguito denunciati assolti "perchè il fatto non costituisce reato".

23 LUGLIO - Italia: Roma – stato del partito

Marco Pannella, tesoriere radicale, su NR con l’articolo Servitori di nessuno "… che nel titolo contiene una polemica battuta verso l'affiorante populismo della contestazione sessantottina, riepiloga il senso e la prospettiva delle battaglie radicali intraprese e da intraprendere."

27 LUGLIO - Italia: Roma - antimilitarismo

Mentre è in votazione al Senato una legge per l’obiezione di coscienza (tra le varie proposte sarà approvata la – Marcora -) un comunicato annuncia : "… che il PR avrebbe promosso ogni ulteriore iniziativa perché la [ proposta di] legge Anderlini sulla obiezione di coscienza venisse respinta dalla sinistra nel Parlamento italiano, in quanto quel provvedimento apparteneva alla sfera "delle buone intenzioni che da anni ormai la sinistra italiana viene affermando mentre le situazioni, gli avvenimenti, la logica delle cose irremissibilmente la superano e ne vanificano gli sforzi". Il comunicato annunciava peraltro che i radicali ed i gruppi antimilitaristi avrebbero continuato a battersi per una vera legge antimilitarista per l'obiezione di coscienza, adeguata alle esigenze ed alle lotte democratiche, che richiedesse, almeno e contestualmente, la riduzione degli stanziamenti della difesa in misura pari alle obiezioni."

25 LUGLIO/3 AGOSTO – Italia – antimilitarismo, V marcia

Da Milano a Vicenza, passando per Bergamo, Brescia, Peschiera, Verona e altre località, antimilitaristi radicali e di altre organizzazioni, marciano distribuendo migliaia di volantini e incontrando i cittadini.
"L'obiezione di coscienza di massa, la lotta per il suo effettivo riconoscimento, è il primo passo, il primo atto di disobbedienza..." 4815
Contro la irrisoria legge sull’obiezione di coscienza approvata la Senato, il 3 agosto, "i marciatori occupavano pacificamente, in segno di protesta, la sede della DC di Vicenza. … "E' necessario denunciare all'opinione pubblica, alla stampa, il ruolo reazionario, oppressivo, controriformistico assicurato e garantito dalla DC, malgrado il persistente tentativo di sostenere in questo caso una fedeltà alla vantata ispirazione religiosa: quel che secondo il Concilio è riconosciuto come un diritto della coscienza e della persona, per i senatori democristiani appare ancora come una vergogna, un tradimento, una diserzione, un attentato alla vita della collettività. I progetti dei democristiani on. Fracanzani e sen. Marcora sono stati fatti scadere al rango di alibi e di copertura, e totalmente stravolti pur essendo anche essi inadeguati".

21 AGOSTO - Italia: Roma - Cecoslovacchia

Manifestazione di protesta per il terzo anniversario dell'invasione della Cecoslovacchia; si esorta l'opinione pubblica democratica italiana a chiedere la libertà per i prigionieri politici cecoslovacchi, a denunciare "la dura e antipopolare politica repressiva posta in atto da Husak e dai suoi complici".

1 SETTEMBRE - Italia: Roma – referendum, divorzio

In vista dell’effettiva realizzazione del referendum antidivorzista (dopo che i comitati avevano depositato 1.370.134 firme) i radicali valutano: "E' necessario esser chiari e onesti: non c'è per ora nessun motivo che faccia temere una sconfitta divorzista nel referendum abrogativo della legge Fortuna… ". "La tigre di carta del referendum serve alla Chiesa ed ad un pugno di traditori laici come minaccia e come alibi per trattative fra stato e S. Sede volte a confermare il concordato e a introdurre, sul piano dei trattati internazionali e su quello parlamentare, gravi limitazioni alla legge Fortuna." Promemoria per il venti settembre – M. Pannella

20 SETTEMBRE – Italia – Divorzio, referendum

Manifestazioni a "Roma, a Milano, a Trieste per l'iniziativa del Movimento Laico, della LID e del Partito Radicale. Alla manifestazione di Roma, dove davanti a molte migliaia di laici, di divorzisti, di fuori-legge del matrimonio, parlano Fortuna e Mellini, il PCI contrappone un proprio modesto comizio rionale, affidandolo a Umberto Terracini, uno dei pochi dirigenti davvero laici di quel partito, a cui viene riservata l'umiliante funzione di ostaggio della politica neo-concordataria del Gruppo Berlinguer. Quale sia il fronte laico che si raccoglie intorno a quelle manifestazioni lo dimostrano sia gli oratori, tutti estranei alle posizioni di potere dei rispettivi gruppi politici e partiti, sia la composizione sociale della folla che affluisce ai comizi, sia infine le accoglienze che i clericali e le destre riservano alle manifestazioni."

22 SETTEMBRE - Italia: Roma – Antimilitarismo

"Si teneva, nella sede del Partito Radicale, una conferenza stampa, nel corso della quale la Lega per l'obiezione di coscienza, pacifisti, obiettori, antimilitaristi e parlamentari hanno definito le rispettive posizioni di fronte al progetto in questione, nel momento in cui ne sembrava imminente la discussione alla Camera dei Deputati. … Alla conferenza stampa erano presenti, oltre a rappresentanti della Lega, i radicali Marco Pannella e Roberto Cicciomessere, Mario Savelli per il Movimento cristiano-sociale, e gli onorevoli Anderlini, Francanzani, Servadei e Fortuna."

SETTEMBRE - Italia: Torino - Antimilitarismo

Manifestazione al Tribunale militare per il processo agli obiettori Mario Pizzola e Matteo Soccio.

3 OTTOBRE - Italia: Roma – Antimilitarismo

Manifestazione in piazza Navona "… indetta dal Partito Radicale, "contro la legge truffa sull'obiezione di coscienza" e per il disarmo unilaterale dell'Italia. La manifestazione conseguiva un successo sorprendente: quasi duemila persone erano presenti."
Questa ed altre iniziative portavano ad alcuni risultati: "… In primo luogo, la direzione nazionale del PSI, investita del problema dall'on. Fortuna, aveva dato mandato agli organi del partito di sostenere decisamente, nel dibattito parlamentare, le proposte e gli emendamenti della Lega. Inoltre, tra i gruppi parlamentari democratici, si erano raccolte forze sufficienti per impedire il passaggio del disegno di legge in commissione … ; infine, si poteva registrare il fatto nuovo e positivo, della presentazione, da parte dell'on. Fracanzani, di un nuovo disegno di legge che accoglieva le principali istanze degli obiettori più radicali, e le proponeva in maniera soddisfacente, se non esauriente."

8 OTTOBRE - Italia: Roma – divorzio, referendum

La legge sul divorzio e il pericolo incombente di un referendum che avrebbe prodotto lacerazioni all’interno dei partiti, spingono i partiti stessi a cercare modifiche della legge Fortuna, al fine di scongiurare il referendum. Da parte dei "laici minori" come dal PCI (interessato al "dialogo con i cattolici") giungono proposte per un intesa, gli stessi socialisti sembrano cedere, nonostante l’opposizione di Fortuna.
Una campagna di stampa del "Manifesto", il PR e la LID con comunicati e articoli denunciano la manovra, ricordando che per "impedire l'attuazione di un referendum (secondo l'art. 39 della legge istitutiva del referendum) significava abrogare la legge che doveva essere oggetto della consultazione popolare, nel tal caso la legge Fortuna. [ E quindi i tentativi di modifica proposti non sarebbero risultati valevoli al fine di evitare la consultazione.] Secondo il PR, le trattative in corso tra DC e PCI confermavano l'ipotesi del referendum come strumento di ricatto che doveva servire alla Chiesa per annullare la conquista del divorzio e trattare da posizioni di forza la revisione del Concordato. In tale situazione il PR si appellava al PSI, considerandolo l'elemento decisivo per impedire tali manovre… "

13 OTTOBRE - Italia: Roma – Direzione nazionale

La Direzione decide la convocazione del X Congresso per il 31 ottobre sul tema "Senza il partito laico non si costruisce né un'alternativa di sinistra, né la società socialista e libertaria". Al congresso avrebbero partecipato anche esponenti laici non radicali, militanti ed esponenti del Movimento per la liberazione della donna (MLD), della LID e dell'Associazione per la libertà religiosa in Italia (ALRI).
Nel corso della riunione, Mellini sostenne la necessità di un congresso volto a rafforzare il PR e a consentire all'opinione democratica e agli ambienti militanti laici e libertari di prendere coscienza della esigenza di dare al PR il loro sostegno e la loro piena e responsabile adesione. La presa di posizione di Mellini si riferiva in particolare ad un articolo apparso su 'Notizie Radicali' a firma M. Pannella in cui si proponeva al Congresso di prendere in considerazione l'ipotesi dello scioglimento del partito. Secondo Pannella il PR rischiava di essere travolto dal successo, per molti inatteso, della sua proposta e dei suoi metodi politici, e di divenire, per l'inadeguatezza delle energie attualmente in esso confluenti, "un involontario dosatore delle rivendicazioni alternative contro il regime, e un alibi della sua involuzione corporativa, autoritaria, populista e filo-clericale".

18 OTTOBRE – Italia: Torino – "Lotta continua", processo

Si apre il processo a: Pio Baldelli, Roberto Roversi, Marco Pannella, Piergiorgio Bellocchio, Gianfranco Pintore, Pierpaolo Pasolini, presso il "Tribunale civile e penale di Torino, per aver "firmato" come direttori responsabili il quotidiano "Lotta Continua", e altre pubblicazioni e volantini come "L'opposizione nell'Esercito", "Comunismo", "Vedo Rosso", "Proletari in divisa"; e quindi per avere, attraverso queste pubblicazioni, "istigato militari a disobbedire alle leggi, a violare il giuramento prestato e i doveri derivanti dalla disciplina militare", e fatto "apologia ed esaltazione di fatti contrari alle leggi"; per aver svolto propaganda per il sovvertimento violento degli ordinamenti economici e sociali costituiti nello stato" e per aver "istigato a commettere delitti facendo anche pubblicamente l'apologia degli stessi." 2564
Pannella decide di non partecipare al processo ritenendolo illegittimo nella procedura e nell’istruttoria e affidandosi alla Corte di assise che ne dovrà valutare la legittimità. ???

OTTOBRE - Italia - "La Prova Radicale"

Esce il numero 1. del trimestrale La Prova Radicale, la prima rivista periodica del Partito Radicale, a fascicoli, diretta da Massimo Teodori (ultimo numero: autunno 1973). La rivista "… rappresentava il primo tentativo politico - editoriale organico per offrire al pubblico uno strumento non solo di informazione ma anche di formazione e riflessione che andava al di là della stampa radicale, fino ad allora sempre improntata alla necessita ed all'urgenza dell'azione giorno per giorno. La rivista che si pubblico per tre anni contribuì poi in maniera determinante, con il tipo di materiali che pubblicava e per l'ascolto di una decina di migliaia di lettori che seppe conquistarsi, a far superare al partito la crisi di crescenza e ad impiantare la nuova dimensione politica e organizzativa che si realizzò al congresso di rilancio del novembre 1972."

OTTOBRE - Italia: Roma – finanziamento pubblico

Dopo la presentazione alla Camera un progetto di legge sul finanziamento pubblico dei partiti, Vittorio Tapparone interviene sulla "Prova radicale" con l’articolo "No al finanziamento dei partiti".
"Lo statuto radicale del 1967 indica nell'autofinanziamento il mezzo di sostentamento delle attività radicali, e da allora la pubblicazione e la discussione del bilancio sono un momento politico essenziale del dibattito politico interno: cosa ovvia per l'intendere democratico e per un partito che si vuole reggere sull'autogestione … Lo Stato deve agevolare la volontà di espressione politica della società attraverso la messa a disposizione di servizi e beni, luoghi di riunione, trasporti, tipografie e materiali per la stampa. Un ampio sistema di agevolazioni di carattere indiscriminato può realizzare il pieno diritto alla politica della collettività. A costo di far sorridere gli apparatchniki, sosteniamo che questi sono i parametri su cui la sinistra deve commisurare la propria struttura e organizzazione; e che l'iniquità derivante dai finanziamenti concessi da gruppi di potere economici e non ad alcuni partiti è la conferma della necessità di abbattere attraverso la lotta politica il potere di quei gruppi, per instaurare assetti e gestioni democratiche, cioè controllabili dalla collettività. … Un finanziamento pubblico diretto ai partiti equivale a una statalizzazione dell'attività politica e a una cristallizzazione di una casta di chierici lontana e diversa, nei pensieri, nelle parole e nei comportamenti, dal comune cittadino." 

31 OTTOBRE 1/2 NOVEMBRE - Italia: Roma - X Congresso PR

"La battuta di arresto sul tema del Concordato sofferta nel corso dell'anno, la scarsa capacità di penetrazione e di iniziativa mostrata dalla Liac, le cui eterogenee componenti erano presto riassorbite dalle logiche dei rispettivi partiti, l'aggravarsi della situazione politica nel suo complesso - una situazione "caratterizzata dal pericolo di una grave chiusura autoritaria all'interno stesso dello schieramento politico della sinistra italiana" - fecero si' che il Partito radicale convocasse il suo congresso di Roma nel 1971 sulla ipotesi dello scioglimento della propria esperienza organizzativa. I radicali affidarono allo svolgimento del congresso la verifica di questa possibilità di chiusura o della ripresa delle loro lotte: avrebbero dovuto essere i partecipanti non radicali al congresso a rispondere, assumendosi la responsabilità di fornire un maggiore sostegno militante al partito e alle sue forze attive, che apparivano in quel momento duramente provate e non più sufficienti a garantire il proseguimento delle iniziative in corso ed una loro crescita adeguata alla gravità della situazione politica. La mozione affermò che "sotto la soglia di mille iscritti e di venti milioni di bilancio annuale, il Partito radicale non può avere la pretesa o la speranza di rappresentare una valida dimensione di partito laico adeguato alla necessità della battaglia contro il regime". Veniva anche adombrata la possibilità della doppia tessera e dell’adesione di iscritti di altri partiti al PR.
"Il congresso affrontò anche il tema del referendum per l'abrogazione della legge divorzista. I radicali ricordarono di essersi opposti tenacemente e da soli alla iniziativa clericale che si proponeva di strappare al paese una legge di così grande importanza umana e civile; e tuttavia decisero di impegnarsi adesso a far si' che il referendum venisse "tenuto e affrontato" e di contrastare ogni tentativo di compromesso che potesse essere proposto per evitarlo, snaturando la legge Fortuna."
Mozione: ipotesi di scioglimento scongiurata dal dibattito e dall'aumento delle iscrizioni. Decisione di affrontare il referendum antidivorzista, respingendo compromessi in sede legislativa. Appoggio a proposte di legge sull'obiezione di coscienza. Iniziative per la libertà di stampa e l’abolizione dell’Ordine dei giornalisti.

Mozione approvata

Organi eletti
Segretario: Angiolo Bandinelli
Tesoriere: Giuseppe Ramadori
Direzione nazionale: A. Bandinelli, L. Strik Lievers, M. Monducci, P. Priano, E. Mancuso, F. Landi, L. Perfetti, S. Pergameno, F. Federici, G. Moroni, A. Totarofila, G. Ercolessi, G. Pecol, Giorgio Spadaccia, F. Sircana, G. Ramadori, U. Dessy, Gianfranco Spadaccia, G. Cancellieri, R. Cicciomessere, L. Merlini, C. Bartoletti, M. Teodori, M. Pannella, G. Ozzo, G. Mancini, P. Craveri.

2 DICEMBRE - Italia: Roma – divorzio

"Un vero colpo di mano sta per concludere la vicenda torbida che da mesi sta svolgendo intorno ai problemi del divorzio e del referendum". Per volere del Partito Comunista Italiano, la sen. Tullia Carettoni ha accettato di presentare il nuovo progetto di legge sul divorzio [ la "lex Tullia"] , malgrado il dissenso del, Presidente del gruppo della sinistra indipendente, sen. Ferruccio Parri, attualmente ammalato, e del sen. Gianmario Albani. "La LID denuncia il carattere, questa volta smaccato, di prevaricazione dell'iniziativa comunista, proprio nei confronti degli altri partiti e gruppi laici". "La LID rivolge un appello ai compagni comunisti ad ogni livello, alle direzioni nazionali del PSI, del PSIUP, del PSDI, PRI e del PLI, perché respingano una operazione che, nei metodi non meno che nelle finalità sempre più evidenti, non può essere accettata da nessun democratico".
In realtà anche questo estremo tentativo di compromesso, volto ad agevolare altri patteggiamenti in vista dell’elezione del Presidente della repubblica, fu respinto dalla DC e dalla Chiesa, che erano contrari a qualunque legge sul divorzio.

4/5 DICEMBRE - Italia: Roma – II Congresso LID

"Il Congresso ha formulato un documento conclusivo nel quale si riafferma l'intenzione della lega di difendere la legge sul divorzio votata il 1 dicembre 1970; a questo proposito ritiene che si debba considerare iniziata fin da ora la campagna referendaria per il "no" all'abrogazione della legge. Il Congresso incarica la Presidenza di chiedere un immediato incontro con le Direzioni dei partiti che votarono a favore della legge Fortuna- Baslini per chiarire la linea che intendono seguire."
"I radicali, insieme con coloro che condividevano la loro strategia, erano passati attraverso tre fasi successive, espressioni tutte del medesimo atteggiamento di non negoziato con gli avversari cattolici e clericali su un tema riguardante i diritti civili: la prima, di opposizione al referendum per la sua non applicabilità a un tema riguardante i diritti individuali; la seconda, di opposizione ai negoziati per lo svilimento della legge Fortuna tentato attraverso la cosiddetta proposta Carrettoni; la terza, in favore della convocazione del referendum per andare a verificare nel paese la maggioranza progressista determinatasi in parlamento. Quest'ultima scelta era la conseguenza di un'analisi politica che vedeva i radicali quasi soli e di una linea strategica che esprimeva la loro intera posizione: il carattere dirompente dei diritti civili nel contesto italiano; il paese maturo più di quanto la classe politica ne fosse consapevole; la possibilità di una maggioranza laica di progresso; il vero rapporto di forze tra laici e cattolici sul terreno politico; la morte del clericalismo nella coscienza della società."

DICEMBRE – Italia - "Fuori", sessualità

Numero 0 della rivista FUORI (Fronte Unitario Omosessuali Rivoluzionari Italiani), espressione del primo movimento in Italia di omosessuali che si qualificano tali. Nasce dopo varie iniziative pubbliche che mirano all’ "uscir fuori dal ghetto della paura e della infelicità imposta."
La rivista, diretta da Angelo Pezzana, affronterà le tematiche dell'oppressione sessuale.

Servitori di nessuno

Marco Pannella

SOMMARIO: Dopo la vittoria divorzista si rendeva urgente un rafforzamento numerico del partito radicale, per poter far fronte ai nuovi compiti e alle nuove scadenza che proprio quella vittoria imponeva.

In tale contesto si inserisce questo intervento di Pannella, che è già nel clima del congresso di Roma del novembre 1971 dove sarà fissato l'impegno del rilancio politico e organizzativo del partito. L'articolo - che nel titolo contiene una polemica battuta verso l'affiorante populismo della contestazione sessantottina - riepiloga il senso e la prospettiva delle battaglie radicali intraprese e da intraprendere.

(Notizie Radicali - Luglio 1971 da " Marco Pannella - Scritti e discorsi - 1959-1980", editrice Gammalibri, gennaio 1982)

In un clima di turbamento e di sfacelo morale, di allarme, di scetticismo, di rabbia o di rassegnazione; mentre contro la corruzione intellettuale e politica di uno Stato tutore di disuguaglianza, privilegi, disordine, altri scelgono ormai, a sinistra, terreni e metodi di scontro che presuppongono e già provocano altre vittime (o martiri e eroi, forse capaci di regalarci tragedie di maggiore e più classica dignità se confrontati al mortificante squallore della recita parrocchiale o dopolavoristica cui abbiamo assistito), con pazienza e umiltà noi continueremo a portare avanti la nostra proposta e le nostre lotte di Partito radicale. Qualcosa ci conforta.

E' che crediamo innanzitutto di sapere che non pochi, in Italia, nutrono qualche fiducia, un po' di speranza, una attesa non necessariamente inerte, non di rado affetto verso di noi. Ci si ritiene "diversi" dagli altri; ci si rimprovera semmai di comportarci da "minori" o marginali. Il che non è esatto: noi agiamo solo da minoranza consapevole e responsabile. Ma spesso non si sa come aiutarci, come essere uno di noi, si manca di fiducia in se stessi.

Quando riusciamo a vincere la congiura del silenzio che s'è eretta a sistema contro ogni minoranza pacifica e democratica, quando la gigantesca azienda del controllo e della manipolazione dell'informazione è costretta a lasciarci qualche margine di notizia, da ogni parte ci giungono incoraggiamenti e consensi. E' come se tante donne, tanti uomini - conoscendoci - ci riconoscano e si riconoscano in quel che siamo, cerchiamo d'essere e di fare.

Vediamo lentamente farsi strada una più chiara coscienza della caratteristica fondamentale di questo ventennio "politico": la sostanziale continuità di funzioni e di valori che contraddistingue il regime fascista e quello democristiano. La Democrazia cristiana, il mondo clericale, non sono altro che la "grande destra" di un Paese che non poteva riproporre nella fase dal suo decollo industriale e della sua europeizzazione i rigidi moduli totalitari del Partito Nazionale Fascista. L'interclassismo e il corporativismo democristiani, il populismo e l'enorme macchina mistificatrice e capitalistica della Chiesa, le campagne con Bonomi; le città con le Immobiliari, le scuole, gli asili, gli ospedali con le Opere Pie, gli Istituti religiosi, gli Enti assistenziali, le strutture di tempo libero con la confisca ecclesiastica dai beni dell'ex-Gil, delle aree pubbliche nelle città e nei paesi e il monopolio delle parrocchie; l'informazione con la Rai-Tv di Bernabei; l'industria e la finanza pubblica dei Cefis, dei Girotti, dei Petrilli; il momento di governo con l'apparato democristiano, con quello prefettizio e poliziesco, hanno fornito strutture storiche di dominio, di repressione e di sfruttamento che hanno fatto della Costituzione repubblicana, democratica e laica, non già la legge fondamentale che giustifica il rispetto del patto sociale, ma l'inganno di una "costituzione promessa", miraggio e alibi, elargizione e liberalità controllate da una classe di potere che si è posta al di sopra e al di fuori di ogni sostanziale legalità.

La tesi politica che ha caratterizzato, e isolato, il Partito radicale per dieci anni è ormai sentimento comune di masse sempre più estese di cittadini.

Un Paese può anche sopportare il governo di una forza conservatrice e retrograda, classista e clericale come la Democrazia cristiana, controllarlo, ostacolarlo, travolgerlo - a condizione che le forze di progresso laiche, democratiche, socialiste si costituiscano in alternativa e in opposizione; che elaborino programmi alternativi, scelgano con chiarezza e vigore ideali e interessi, obiettivi e metodi di governo riformatori e unitari.

Se invece tutti, dai comunisti ai liberali, ciascuno per proprio conto, puntano alla collaborazione con la DC, alle riforme con la DC, al progresso, alla laicità, alla democratizzazione con la DC, la costituiscono essi stessi in partito di regime e si squalificano, da loro stessi, come forze sussidiarie e subalterne. E questo è accaduto e accade.

Le attuali classi dirigenti dei partiti della Sinistra tradizionale non hanno più alcuna forza d'opposizione e con tutto il loro miserabile "realismo" non possono quindi nemmeno aspirare a essere davvero forza di governo. E così, finiscono per consentire, a chi ha storicamente trovato espressione nel regime democristiano e clericale, di tentare ora di occupare anche il campo della "opposizione" , ormai pressoché disabitato, con gli ascari del povero Almirante. Per non fare lotte anticlericali, hanno smesso d'essere laici. Per non fare lotte antimilitariste, hanno smesso d'operare per la pace. Per non fare lotte liberali, hanno smesso di fare i socialisti. Per non fare lotte libertarie, hanno finito per nazionalizzare e statalizzare perfino i partiti democratici e operai.

Alternativa alla DC, rinnovamento e unità della Sinistra, attraverso una politica radicale di sviluppo dei diritti civili, lotta senza compromessi fra "grande destra" e "grande sinistra". E' questa l'unica via democratica parlamentare corretta e percorribile. E' la tesi del Partito radicale. Chi oggi, nel 1971, può affermare che siamo isolati e distaccati dai sentimenti delle masse e non lo siano piuttosto i Berlinguer e i De Martino, i Malagodi e i La Malfa? Le "radicalizzazioni" che tanto ci si rimproverano come implicite nel nostro disegno, nascono invece proprio lì dove la fisiologia democratica viene soffocata, lì dove il massimalismo opportunistico e governativo non lascia più speranze di alternativa nè più realtà di opposizione. Con la DC sola al governo, Almirante non apparirebbe altro che uno squallido ronzino di riserva, una mosca cocchiera. Con la DC sola al governo, gli estremisti disperati e violenti che dalla base ogni giorno di più erompono e sconvolgono le nostre cronache politiche potrebbero mutarsi in speranza e impegno d'alternativa unitaria.

Se ci volgiamo per un attimo indietro, e ricordiamo il giorno in cui in qualche decina di giovani, i più anziani poco più che trentenni, ereditammo le spoglie del Partito radicale, ed eravamo soli, assolutamente soli, a parlare di diritti civili, di divorzio, di obiezione di coscienza, di liberazione e di politica libertaria, di azioni dirette e dal basso, di un Paese infinitamente migliore della sua classe dirigente, se pensiamo che le stesse parole - anticlericalismo, antimilitarismo, libertarismo, erano da decenni scomparse dal vocabolario politico; se guardiamo ora alla realtà delle Leghe; della Lega per il divorzio, con la sua magnifica lotta, con le sue vittorie; della Lega per l'abrogazione del Concordato, con il prestigioso inedito schieramento che anticipa, e in parte esprime; del Movimento di liberazione della donna, così serio, umile, e così esplosivo e necessario; se dopo la testimonianza e la lotta di rara efficienza e intesa che realizzammo con il coraggioso e solitario Loris Fortuna, oggi vediamo crescere ogni giorno forte e netta quella di un Gianmario Albani, se ci ritroviamo con vecchi compagni come Scalfari e possiamo salutare il gesto di coraggiosa compagnia di un uomo e di un comunista come Fausto Gullo; se a Roma, a partire dalla battaglia divorzista, un giornale come Il Messaggero riprende antiche battaglie borghesi che sono temibile contraddizione per gli squallidi eredi clerico-moderati che governano - con lo Stato - la città (e la appassionata difesa della candidatura di Basso alla Corte costituzionale è un sintomo da non sottovalutare); c'è forse da pensare che a qualcosa è pur valsa questa nostra avventura, che altri definivano temeraria.

Non esiste in Italia formazione politica del nostro tipo che abbia vissuto più di qualche stagione e non sia poi stata travolta, soffocata, assorbita. Ecco in definitiva quel che ci conforta.

Ma questo esempio di resistenza e di forza che stiamo dando o che abbiamo dato non può però essere protratto all'infinito, o anche solo di anni o di molti mesi, senza nuovi apporti e nuove concrete adesioni al partito.

Lo diciamo lealmente. Ci si creda. Siamo gente comune, che s'occupa di politica perché solo così sa di poter tentare di difendere e affermare le proprie speranze e i propri affetti, e risparmiarsi e risparmiare ad altri sofferenze e sconfitte sordide e mortificanti. Non abbiamo nessun "messaggio" da consegnare; nessuno ci ha investito di una qualche significativa testimonianza; non crediamo che "il potere" sia importante e quindi non ci coinvolge e non ci interessa; vogliamo vivere più liberi e più felici di quanto l'inerzia e l'incoscienza non ci consentirebbero, responsabili e tolleranti. Detestiamo i "sacrifici", i nostri quanto quelli degli altri; dobbiamo ad altri - e ci debbono - non altro che vita e serenità; quel che si costruisce con il sangue o anche con il "sudore della fronte", ferendo o essendo feriti, non l'amiamo. Se restiamo soli, se coloro che ci conoscono, che ci leggono, che ci approvano, che sperano all'unisono con noi, come noi con loro, non saranno - anch'essi, a pieno titolo e responsabilità - radicali del Partito radicale, anche il Partito radicale può ormai andare al diavolo. Non siamo donne o uomini di chiesa, di setta, di bandiera. Non siamo "capi" nè "dirigenti", e non abbiamo nemmeno voglia o capacità di "servire", non fosse che "il popolo". Servitori di nessuno.

Qui, tutti possono e debbono partecipare e "iscriversi". Non ci spaventano le "doppie tessere", che il nostro statuto ammette. Almeno in politica, almeno in casa radicale, non si è monogami nè si hanno rapporti "indissolubili". Non abbiamo dogmi, nè ideologie, nè discipline giuridiche. Non vi sono, nel nostro partito, nè consigli di disciplina, nè possibilità di espulsione.

In realtà, migliaia di cittadini, di socialisti, di comunisti, di liberali, di repubblicani, di democratici, di divorzisti, sono stati, anche e a più titoli, del Partito radicale.

Ma ora è necessario che questo impegno sia più consapevole e esplicito. Altrimenti idealmente, politicamente, economicamente, organizzativamente, non possiamo più farcela. Crescono a dismisura le responsabilità. Con il Movimento laico, dobbiamo assicurare ormai la propulsione e il coordinamento di una battaglia di portata storica, come l'abbattimento del Concordato per il 1974, con un referendum popolare; l'alternativa, il rinnovamento, l'unità della Sinistra e la cacciata dal governo della DC; il sostegno alle forze che ovunque, nel mondo dei credenti e in quello comunista, e nel PSI più che altrove, stanno cominciando a muoversi in senso libertario, laico, profondamente rinnovatore, a noi convergenti.

Il Partito radicale serve, è sostituibile, è necessario a questo scopo? Ogni lettore di questo appello sappia che, in un modo o nell'altro, ci fornirà la sua risposta, della quale terremo conto, sia con il silenzio sia con altre manifestazioni della sua opinione.

Intanto faremo come se dovessimo decidere di andare avanti. Ma di qui all'autunno maturerà la decisione di chiudere o di rilanciare il Partito radicale. Perché di questo e non d'altro si tratta. Infine, ai compagni radicali, specie a coloro che in questo anno a Reggio Emilia, a Cuneo, a Trieste, a Genova, ci hanno raggiunto e sospinto con il loro impegno e la loro forza; anche per incarico del segretario del Partito, chiediamo di mobilitarsi fin da ora per assicurare il successo del Congresso di Roma.


VOLANTINO DISTRIBUITO ALLA 5a MARCIA ANTIMILITARISTA MILANO - VICENZA

25 luglio 3 agosto 1971

[RECTO]

CONTRO TUTTI GLI ESERCITI

  • LOTTA ALLA NATO E A TUTTI I BLOCCHI MILITARI
  • PER IL DISARMO UNILATERALE DELL'ITALIA ATTRAVERSO UN PIANO DI CONVERSIONE DELLE STRUTTURE E DELLE SPESE MILITARI IN CIVILI
  • PER L'OBIEZIONE DI COSCIENZA DI MASSA,
  • PER I DIRITTI CIVILI DEI MILITARI
  • CONTRO LE AGGRESSIONI STALINISTE ED IMPERIALISTE, IN CECOSLOVACCHIA COME IN VIETNAM.

25 Luglio: Milano - Vaprio d'Adda
26 luglio: Vaprio d'Adda - Bergamo
27 luglio: Sarnico - Brescia
29 Luglio: Brescia - Desenzano
30 Luglio: Desenzano - Peschiera
31 Luglio: Peschiera - Verona
1 Agosto: Verona - San Bonifacio
2 Agosto: San Bonifacio - Arzignano (Valdagno)
3 Agosto: Arzignano - Vicenza

 

[VERSO]

5° MARCIA ANTIMILITARISTA

MILANO - VICENZA

Promossa dal Partito Radicale

Via di Torre Argentina, 18 - Tel. 651732 - 653371

1) A cosa serve l'esercito? Davvero per "la difesa del nostro paese"?
2) Oggi, in Europa, la difesa del paese dopo e in forza e malgrado l'esempio cecoslovacco non deve forse cercarsi, in nome della sua stessa efficacia, in molteplici forme di resistenza passiva e nonviolenta?
3) I 1600 miliardi del bilancio della difesa vengono spesi a vantaggio di tutta la collettività o non, invece, di una sua parte esigua, potente e prepotente?
4) Si dà l'avvio al disarmo dicendo che esso deve essere preventivamente concordato tra tutti i paesi o non invece realizzando nel proprio paese una politica di smilitarizzazione?
5) La NATO, il Patto di Varsavia e gli altri blocchi militari sono alleanze difensive o non, piuttosto, strumenti di conservazione e repressione interna?
6) E' più feconda per la crescita civile del paese la passiva accettazione di una struttura autoritaria, socialmente classista e politicamente disumanizzante come l'esercizio o non piuttosto la disobbedienza, il rifiuto della divisa e dell'uso delle armi?

Pochi cittadini, a queste domande, risponderebbero con il tono, le parole, le convinzioni di un generale o di un uomo di governo; ma troppi, nei partiti e nelle organizzazioni ufficiali della sinistra, rispondono che il problema non è ancora maturo in Italia o che bisogna iniziare con obiettivi più realistici e tralasciare queste "utopie".

Lottare per il disarmo unilaterale dell'Italia, dimostrare quanto in termini di reale difesa della patria questo potrebbe significare, dire quanto progresso sociale si potrebbe realizzare con i 1.600 miliardi attualmente spesi per l'esercito, non è sicuramente utopia maggiore del rivendicare generiche riforme, "democratizzazioni" (e quindi conferma) dell'esercito che è struttura per la sua natura destinata a reprimere, uccidere, creare infelicità, e disponibile quindi per una sola seria riforma: la sua eliminazione progressiva e totale.

Come già per altre battaglie per i diritti civili, solo se sapremo condurre nel paese una lotta "dal basso" con tutti coloro che vogliono l'edificazione di una nuova società socialista e libertaria potremmo indurre i partiti democratici ed affiancarsi in questa prospettiva di lotta radicale all'esercito, a tutti gli eserciti.

Dobbiamo quindi esprimere obiettivi e temi di lotta chiari, senza timore di infrangere vecchi miti ancora radicati nella vecchia e nuova sinistra: il NO degli eserciti e no a tutti gli eserciti, destinati a corrompere ogni tensione ideale egualitaria, ad essere strumento di repressione e di negazione dei principi per cui si è ritenuto di adoperare questo strumento.

E' questa posizione anche una scelta di strumenti di lotta politica che non privilegino lo scontro armato ed organizzato militarmente, quasi come momento magico e risolutore dello scontro di classe, ma scelgano gli strumenti di opposizione al regime i più adeguati al fine di libertà che ci si propone e i meno favorevoli alle forze reazionarie che nella violenza trovano, comunque, il terreno ideale di scontro o le ragioni di sopravvivenza.

Ciascuno proponga all'interno della propria organizzazione, del proprio partito, questo tema, chieda a chi parla dell'impossibilità di fare riforme per mancanza di fondi a cosa serve l'esercito, perché si spendono tanti soldi inutilmente; perché si alimentano i miti nazionalisti e guerraioli quando tutte le guerre sono sempre fatte per interessi di pochi, con il sangue e sulla pelle di chi non aveva niente da guadagnare nell'uccidere un altro sfruttato con una divisa diversa; perché si afferma che l'esercito è scuola di vita quando la vita nelle caserme, più che nelle scuole e nelle fabbriche, è vita di pecore che dicono signorsì al superiore pronte a dirlo al padrone; perché si parla del nostro esercito e delle alleanze militari come strumento di difesa quando in Grecia come in Cecoslovacchia, in Turchia come in Polonia L'esercito è servito non per difendere i cittadini ma per stroncare ogni tentativo di dire no ad un regime autoritario.

Dobbiamo iniziare a dire no al ricatto che ci vuole legati a blocchi militari, che ci costringe a sperperare miliardi in nome di impossibili, con questi strumenti, difese; a chi ci dice che li disarmo devono iniziarlo prima gli "altri". L'obiezione di coscienza di massa, la lotta per il suo effettivo riconoscimento, è il primo passo, il primo atto di disobbedienza; la costruzione di un movimento di base, dentro e fuori le attuali organizzazioni, per il disarmo unilaterale e la conversione delle strutture militari in civili, deve essere il nostro obiettivo comune per i prossimi anni.


FEDERAZIONE ROMANA PARTITO RADICALE
Via di Torre Argentina, 18 - Roma
CORPO EUROPEO PER LA PACE
Via Cenischia, 4 - Torino
GRUPPO DI AZIONE PACIFISTA
Via Ercole Ciofano, 55 - Sulmona
MOVIMENTO NONVIOLENTO PER LA PACE
Casella Postale 201 - Perugia
MOVIMENTO DI LIBERAZIONE DELLA DONNA
Via di Torre Argentina, 18 - Roma


Pro-memoria per il 20 settembre

di Marco Pannella

IL DIVORZISTA n. 43, 1 settembre 1971

E' necessario esser chiari e onesti: non c'è per ora nessun motivo che faccia temere una sconfitta divorzista nel referendum abrogativo della legge Fortuna.

Democrazia Cristiana e Movimento Sociale Italiano raccolgono, nelle elezioni politiche, un massimo del 43/45% dell'elettorato. E' assolutamente provato che, mentre non esistono fratture consistenti nel fronte laico, sia nel mondo confessionale che nella sua appendice paleo-fascista vi sono profonde spaccature e ferme intenzioni di dire "no" al referendum. Nel MSI almeno 15 parlamentari sono divorzisti, e 20 ritengono che il loro attuale elettorato a maggioranza è contrario all'indissolubilità del matrimonio. Nella Democrazia Cristiana sono "contro" le correnti di "Forze Nuove", la Base, gran parte dei morotei. Nelle organizzazioni ecclesiastiche si valuta al 10% i preti che si schiereranno con noi, e al 25/30% quelli che non si impegneranno in questa campagna.

Due profezie sono dunque, in queste condizioni, abbastanza facili: a) il divorzio non sarà abrogato per referendum; b) la chiesa, alla fine si disimpegnerà quasi clamorosamente da questa prova per non essere coinvolta in una sconfitta che, normale e dignitosa per dei democratici, per lei sarebbe una catastrofe.

Ma il divorzio e' lo stesso in pericolo. Lo e' in queste settimane e in questi mesi, e non l'anno prossimo. La tigre di carta del referendum serve alla Chiesa ed ad un pugno di traditori laici come minaccia e come alibi per trattative fra stato e S. Sede volte a confermare il concordato e a introdurre, sul piano dei trattati internazionali e su quello parlamentare, gravi limitazioni alla legge Fortuna.

Per far questo vi sono numerosi strumenti, due dei quali vanno subito denunciati.

A) far approvare entro febbraio prossimo, alle camere, una legge, abrogativa della legge Fortuna, che ne modifichi in senso restrittivo alcune norme; in tal caso il referendum non avrebbe più oggetto su cui tenersi. Sarebbe una truffa, un'offesa alla democrazia. Ci batteremo contro.

B) una "revisione" dell'art. 34 del Concordato che "aggiunga" alla legge Fortuna condizionamenti e privilegi della Chiesa per il matrimonio "canonico". Per es. Intervento dei tribunali diocesani e rotali nelle già complicate e severe procedure di divorzio attualmente previste dalla legge. In tal modo, si otterrebbe un duplice risultato:

1) si aggraverebbe la "tutela" ecclesiastica del matrimonio con strumenti legislativi (patti internazionali) non sottoponibili a referendum abrogativo: ne avremmo per qualche altro decennio;

2) si permetterebbe alla Chiesa di trovare un pretesto per presentare il suo "disimpegno" dal referendum, che è una sua necessità vitale, come una "concessione" in cambio di quella così ottenuta.

E' questa la via che sembrano percorrere - è urgente denunciarlo - importanti esponenti del Pci e la sottocorrente clerico-frontista dei demartiniani che fa capo a Enrico Manca ed a alcuni giovani ex- o para lombardiani del Pci. Non è possibile, inoltre, contare su una effettiva opposizione a questo ignobile intrallazzo di tutto il Pri e del Psdi.

Intanto, con la prospettiva del referendum e delle "innovazioni" che può consentire di ottenere la sua minaccia, magistrati reazionari e clericali non mancheranno di ritardare con ogni pretesto e con un sempre maggiore fiscalismo i procedimenti di divorzio in corso.

Ma su questo referendum il discorso non è chiuso e non intendiamo accordarci alla vera e propria vile congiura dell'ossequio che si va stabilendo in ogni ambiente politico e "giornalistico" nel paese.

Nelle settimane scorse l'ex ministro Oronzo Reale ha già dichiarato che il referendum in questione è legittimo e ammissibile. I lamalfiani - poco abituati in genere a consentirgli un ruolo di leader per cui onestamente sembra poco tagliato - e gli stessi nostri compagni della federazione giovanile del PRI (colti da un attacco di realpolitik dal quale auguriamo loro pronta guarigione) l'hanno lasciato dire e fare. La risposta comincia ad esser chiara: i repubblicani vogliono lo scioglimento anticipato delle camere subito dopo l'elezione del nuovo Presidente della repubblica. Il referendum sarà un buon pretesto: lo ha scritto a chiare lettere l'amico Giovanni Ferrara su "il Mondo": piuttosto che andare ad un confronto che veda "i democratici laici ed i comunisti da una parte, i democratici cristiani e i fascisti dall'altra" si deve andare a nuove elezioni (che farebbero rinviare di un anno il referendum, avvelenando così in partenza la nuova legislatura).

Così il PRI che ha tradito nelle settimane scorse, con pretesti giuridici, la solidarietà laica partendo all'attacco della proposta Fortuna-Scalfari-Gullo-Mancini-Vecchietti-Bonea in difesa della costituzione e della libertà di coscienza del cittadino, è pronto a sostenere che il referendum deve esser rinviato a febbraio, a qualsiasi costo! Si è fatta viva anche l'"Umanità", organo, per chi non lo sapesse, del Psdi. A conti fatti anche i socialdemocratici sostengono che il referendum è perfettamente legittimo e che da bravi e rigorosi democratici quali sono non contestano la regolarità di questa prova anche se la deprecano! Balle.

Attendiamo che si risponda pertinentemente alle nostre osservazioni da nessuno, finora, smentite ma solo ignorate.

Il referendum e' legittimo, e la corte di cassazione non può, senza tradire la legge, non proclamarlo. Esso e' stato infatti inficiato alla radice dal fatto che la raccolta delle firme contro il divorzio e' stata condotta in modo tale che e' il prodotto della violazione degli articoli 20 e 43 del concordato, dei reati di istigazione al disprezzo delle istituzioni, della diffusione di notizie false e tendenziose atte a turbare l'ordine pubblico, di abuso della credulità popolare, di abuso di ufficio nelle loro pubbliche funzioni dei membri della gerarchia ecclesiastica e via dicendo.

Inoltre la corte di cassazione non ha attualmente la capacita' di verificare effettivamente la legittimità formale dell'autenticazione delle firme.

Il referendum e' anticostituzionale, e la corte costituzionale non puo' non proclamarlo. Non possono evidentemente, infatti, essere sottoposti a referendum diritti costituzionali del cittadino, che sono direttamente coinvolti con la legge del divorzio.

Che i partiti democratici siano imbarazzati, dopo aver votato una legge istitutiva del referendum popolare per dettato vaticano e in esplicita funzione anti-divorzio è comprensibile, ma non è tollerabile che per questo si prestino ad una ignobile violenza di stato contro la democrazia, la legge fondamentale, la coscienza dei cittadini.

Che sia ora difficile giustificare la scelta di rinnovare gli iniqui patti lateranensi, fatta malgrado la strenua opposizione dei nostri compagni e amici deputati, da Fortuna a Albani, Scalfari, Basso, Bonea, Boiardi e pochi altri, appena nell'aprile scorso, senza rischiare di colpire perfino la severa conquista del divorzio l'abbiamo sempre detto.

Questo significa solo che il mondo clericale ed i traditori, vecchi e nuovi, che si annidano in campo laico vanno combattuti ormai senza riserva e con la convinzione che la nostra battaglia di divorzisti, di laici, di anticlericali coincide con la difesa pura e semplice di quel tanto di democrazia e di civilta' che conosce il nostre paese.

Il XX settembre, ben piu' che il 2 giugno, merita dunque d'essere considerato come giorno fausto per le lotte di liberazione e di progresso per il nostro paese. La repubblica vaticana merita tutt'al piu' l'omaggio in via dei fori imperiali delle truppe del missino generale Di Lorenzo. Non e' colpa nostra se l'equivalente della festa nazionale del 14 luglio in Francia sia per l’Italia, una data certo piu' modesta.

Ma dinanzi ai problemi di civilta' che oggi abbiamo in Italia altra data, piu' del venti settembre atta a celebrarne il significato, non ne conosciamo.

Per questo con il movimento laico, con la Lid e il partito radicale invitiamo i cittadini a festeggiare questa ricorrenza. Per questo chiediamo loro di sostenere la grande manifestazione nazionale di piazza Navona, e le altre che stiamo organizzando, in piazza del duomo a Milano, in piazza Goldoni a Trieste, ed in altre citta'.

Per questo li esortiamo a moltiplicare le forze e a legittimare e rafforzare la speranza che il nostro "no al referendum clerico-fascista contro il divorzio - no al concordato" diventi presto indicazione di lotta per tutta la democrazia italiana.


Iniziative contro la proposta di legge sull’obiezione di coscienza.

Da "Antimilitaristi: cronache di 25 anni" di A. Bandinelli in "La prova radicale n.1" – ottobre 1971

[ Alla conferenza stampa] subito, sulla valutazione del progetto di legge, si verificò una frattura ed una seria divergenza di posizioni. Il senatore Anderlini, infatti, affermava che, anche se imperfetta, la legge doveva essere portata avanti, fino alla approvazione. A suo avviso, infatti, gli ambienti militari avevano già opposto fortissime opposizioni al suo passaggio. Solo in un momento successivo si sarebbe dovuto pensare ad un eventuale miglioramento. La tesi di Anderlini - il quale evidentemente smentiva, se non altro, il precedente gesto del ritiro, per protesta, del suo progetto - veniva contestata dagli altri presenti. La Lega, gli stessi parlamentari sostennero che la legge era inaccettabile (in quanto perfino, venne ribadito, più restrittiva delle intenzioni degli ambienti militari) e che, se non si fosse potuto emendarla in maniera soddisfacente, sarebbe stato necessario impegnarsi perché non venisse approvata. Inaccettabile era, comunque, la procedura della discussione in sede di commissiona: gli oratori concordarono che si dovesse esercitare ogni pressione per ottenere che fosse respinta, e che il disegno di legge fosse portato in aula.

Contemporaneamente, alcune iniziative, concordate nella riunione di Bologna dei primi di settembre che abbiamo ricordato, facevano nuovamente avanzare la lotta nelle piazze e dinanzi all'opinione pubblica. La mobilitazione era molto ampia soprattutto per l'inaspettata presenza ed impegno di forti nuclei di antimilitaristi e pacifisti costituitisi in diverse città. Manifestazioni dinanzi al Parlamento e dinanzi al Tribunale Militare di Torino durante lo svolgimento dei processi agli obiettori Mario Pizzola e Matteo Soccio, uno sciopero della fame, iniziato contemporaneamente a Roma - da Roberto Cicciomessere ed altri - e a Torino (CEP), volantinaggi, l'invio di migliaia di cartoline di protesta ai parlamentari della commissione difesa della Camera dei Deputati, trovavano eco nella stampa e nell'opinione pubblica. Ai deputati veniva anche inviato un ampio e dettagliato documento (firmato dalla "Comunità Terzo Giorno", dal Corpo Europeo della Pace, dalla Federazione Giovanile Repubblicana, dai gruppi antimilitaristi di Vicenza, Ancona, Pescara, Reggio Emilia, Napoli e Padova, dal MAI, dal Movimento non-violento per la pace di Perugia, Brescia, Condove, dal MPL di Gorizia ed Udine e del Partito Radicale) nel quale erano esposte le ragioni della netta opposizione al progetto governativo e si chiedeva ai parlamentari l'impegno per ottenere, in aula, sostanziali emendamenti migliorativi o per respingere, in caso contrario, un testo così insufficiente e pericoloso. Altre, e nuove iniziative mostravano quanto fosse unanime e compatto il fronte antimilitarista nel rifiutare quel progetto di legge che, invece, si sperava avrebbe attenuato, spezzandone la compattezza, l'opposizione degli obiettori. Il 21 settembre, rispondendo alla proposta e all'invito di Pietro Pinna, 22 cittadini, in diversa città, restituivano al distretto militare il foglio di congedo, motivando l'atto come "espressione di obiezione di coscienza" a posteriori, ed ulteriore manifestazione di dissenso antimilitarista. La stampa, per ora, ha registrato solo i nomi di cinque fra questi obiettori, tutti appartenenti al "Gruppo Valsusino di azione non-violenta" di cui abbiamo riferito le attività: Achille Croce, Alberto Perino, Massimo Maffiolo, Pier Sandro Roccati e Pier Giovanni Listello.

L'insieme di queste manifestazioni, si è detto, aveva una buona eco nella stampa e raggiungeva quindi la opinione pubblica in misura considerevole. Se organi di stampa come il settimanale "Settegiorni" già da tempo avevano prestato un accentuato interesse a questi problemi e alle lotte dei pacifisti, si doveva segnalare, questa volta, la obiettiva informazione data da un giornale, "Il Manifesto", che era sembrato invece, in precedenza, piuttosto appoggiare o privilegiare la linea della "lotta nelle caserme" propria di "Lotta continua"."